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LA CIVILTÀ CATTOLICA: IL VANGELO DI ALFREDO LOISY E I FONDAMENTI DELLA FEDE 1


Alfred Loisy (1857-1940)

LA CIVILTÀ CATTOLICA,
Volume I - Quaderno 1289
5 Marzo 1904

Roma

 

Χ.

 

5. Gesù Cristo e la sua risurrezione. - La risurrezione di Gesù Cristo è un fatto decisivo nella Religione cristiana. È il massimo de' segni, tanto in sè stesso, quanto nella mente di Gesù Cristo, per dimostrare che la dottrina di lui è da Dio . E S. Paolo stesso, che fu molto più di noi vicino al gran fatto, scriveva : Se non è vero che Cristo sia risorto, la nostra predicazione è cosa vana, e vana è la nostra Fede (I Cor. XV, 14) . Le prime prediche degli Apostoli erano, per lo più, l'annunzio e la testimonianza che Gesù era risuscitato. Dal che ne seguiva subito nella mente degli uditori la conseguenza : -Dunque la sua dottrina è da Dio ed egli è un Legato di Dio ; dunque quel che egli afferma del suo essere è vero; dunque se istituisce una società come sua rappresentante, si deve ubbidire.-

 

- Ora, il Loisy stampa e ristampa che la risurrezione non si prova, nè si può provare storicamente. Questo storicamente vale una gemma; quasi che vi fosse un'altra via per provarla, e quindi non gli si deve dare la croce addosso, se egli non ammette la prova storica ! È vero che egli ripete la solita canzone che quel fatto si crede per la fede.

 

- Egregiamente ; ma il fatto della risurrezione appartiene a quella classe di fatti, i quali, prima di essere oggetto di fede, devono essere oggetto di storia e di storia accaduta tra gli uomini; poichè contengono in se stessi la ragione di segni della rivelazione di Dio. Ora, quando un simil fatto è per noi storicamente indimostrabile, esso per noi è nullo ; e come non può essere oggetto di storia, cosi non può essere oggetto di fede. Quindi fu logico S. Paolo nel dire che se Cristo non risuscitò, la nostra fede è sciocca. Questa teoria, in cui l'intelligibile non ha oggetto corrispondente reale, sarà Kantismo, sarà immanentismo, sarà quel che si vorrà; ma ad ogni modo, è una grande sciocchezza. E questa sciocchezza fa parte del Vangelo del Loisy. Ecco le sue parole: «Il messaggio di Pasqua, ossia la scoperta del sepolcro vuoto e le apparizioni di Gesù ai discepoli, in quanto tali fatti si danno per prova fisica della risurrezione, non costituiscono un argomento indiscutibile e tale da formare per uno storico una intera certezza che il Signore è risuscitato corporalmente [1].» Quell'espressione « per prova fisica » è strana, quanto mai si possa pensare; quasi che si trattasse d'un fatto solamente fisiologico, come p. es. vedere o non vedere, laddove si tratta d'un fatto fisiologico sì , ma circondato da tutti gli aggiunti storici e morali, aggiunti che antecedono, accompagnano e seguono quel fatto. Questo fatto, diciamo noi e dicono tutti, rivestito di quegli aggiunti e posto dinanzi alla considerazione dell' intelletto, non può non indurre in esso la certezza della sua realtà storica. Nè il Loisy è tanto ingenuo che non sappia essere questo il senso nel quale si prende e si deve prendere da tutti il fatto della mancanza del corpo nel sepolcro e delle apparizioni di Gesù. Ciononostante, egli nega quella certezza ; quindi a noi non resta a far altro per ora, se non a scrivere a suo conto anche quest'altra asserzione, che è un altro pezzo del suo Vangelo.

 

ΧΙ.

 

6. Gesù Cristo e la Chiesa. Un altro punto principalissimo del Vangelo è la fondazione della Chiesa fatta da Gesù Cristo ; e giacchè il Loisy, come dicemmo, istituisce ne' due suoi libri una revisione generale del Cristianesimo, si propone anche questa cosa, a modo di dubbio : Ha Gesù Cristo fondata una Chiesa, che faccia le sue veci, dopo la sua scomparsa dalla terra ? La risposta del Loisy è negativa; risposta tutta conforme all'inganno in cui cadde Gesù, sempre secondo lui, sul prossimo regno messianico escatologico.

 

« È certo, scrive egli, che Gesù non aveva regolato antecedentemente la costituzione della Chiesa, come quella d'un governo stabilito sulla terra per una lunga serie di secoli... Gesú annunziava il regno ( intendi, quello sopra descritto, cioè l'escatologico) e invece è venuta la Chiesa. Essa è venuta, allargando la forma del Vangelo, che era impossibile a conservarsi tal quale, dopochè il ministero di Gesù fu chiuso per la sua morte [2]. » Ecco chiaro l'insegnamento del Loisy : La Chiesa non è stata fondata formalmente da Gesù, ma essa è stata un adattamento, legittimo quanto si vuole, ma un adattamento dopo la disdetta di Gesù, che vide allontanarsi sin dopo il giudizio il regno messianico. Allora, che fare in tanti secoli (oramai sono più di diciannove) che si frappongono tra Gesù e il suo regno ? Ecco, risponde il Loisy, si continuerà la predicazione del Vangelo alla meglio, allargando un poco la forma primitiva di Gesù, «forma impossibile ad esser mantenuta tal quale». «Questi elementi della predicazione di Gesù, continua egli a dire, non potevano non subire delle trasformazioni; essi però sono sempre riconoscibili. Ed è facile il vedere ora nella Chiesa cattolica ciò che rappresenta l'idea del regno celeste, l'idea del Messia o l'agente del regno, e l'idea dell'apostolato ossia della predicazione del regno. Questi sono i tre elementi essenziali del Vangelo vivo, elementi trasformati per necessità, affine di potere esistere. La tradizione della Chiesa li conserva, interpretandoli e adattandoli alle condizioni mutevoli del genere umano. Sarebbe assurdo il pretendere che Cristo avesse determinato antecedentemente queste interpretazioni e questi adattamenti che i tempi dovevano esigere; poichè essi non avevano ragion d'essere avanti il tempo che li rendeva necessari. Egli non era nè possibile, nè utile che l'avvenire della Chiesa fosse rivelato da Gesù ai suoi discepoli. Il pensiero che Gesù loro lasciò per eredità era questo, che bisognava continuare (come fece lui) a volere, a preparare, ad aspettare ed a verificare il regno di Dio. Ma la prospettiva del regno s'è allargata e modificata e la sua venuta s'è allontanata (per l'inganno di Gesù che credeva esser vicino); quindi lo scopo del Vangelo è diventato lo scopo della Chiesa» (p. 112-113) . Ossia, ragiona l'esegeta, dovendosi aspettare ancora tanto tempo fino alla venuta del regno, non v'era da far altro e di meglio fino a quel tempo che continuare a tener vivi nel mondo i tre elementi del Vangelo di Gesù : a) l'idea del regno a venire ; b) l'idea del Messia o vicario di Dio pel regno ; c) l'idea della predicazione.

Queste tre cose, pensa il Loisy, tenute vive tra gli uomini per mezzo di una gerarchia monarchica, sorta per la necessità delle cose, non per volere di Gesù, è ora la Chiesa. Quindi «questa, dice egli, riguarda sè stessa come istituzione provvisoria, come un organismo di transizione» (p. 113) ; «se la fine del mondo fosse arrivata negli anni che seguirono la pubblicazione dell'Apocalisse, lo sviluppo ecclesiastico non sarebbe avvenuto e la Chiesa non sarebbe esistita. Ma il mondo non volle finire (che disgrazia !) e la Chiesa ha conservata e conserva ancora la sua ragione d'essere» (р. 117). La qual ragione di essere è, secondo questa dottrina, non già la volontà di Gesù, si bene il caso impreveduto della non venuta del regno e la necessità conseguente di conservare il Vangelo. Di qui la gerarchia, il Papa, i Vescovi e tutto l'ordinamento ecclesiastico. In una parola, egli è come chi, stando in aspettativa d'un avvenimento e tardando la venuta di esso, s'acconcia alla meglio per la necessaria condizione delle cose (pp. 118-126), o come chi sorpreso dalla notte in una selva, si forma una capanna, per la dura necessità dell'evento.

 

Ci pare di avere bene espresso il pensiero del Loisy. Ma quanto esso sia storicamente strano, non è chi nol vegga, facendosi poggiare tutto l'edifizio del Cristianesimo sopra un equivoco ed un abbaglio preso dallo stesso suo fondatore !!

 

XII.

 

7. Gesù Cristo e i Sacramenti. - Nel sistema dell'abate Loisy, l'adattamento precario della Chiesa si estende anche ai mezzi di santificazione che sono i Sacramenti. E la ragione che ne dà, è sempre la stessa, essere cioè Gesù stato sorpreso dalla morte prima della venuta del regno che si credeva prossimo, e non avere quindi potuto regolar nulla precedentemente. Ecco le sue parole: « Gesù nel corso del suo ministero non ha prescritto ai suoi Apostoli, nè ha egli stesso posto in pratica regolamento alcuno sul culto esterno, il quale fosse per essere un distintivo del Vangelo, come Religione. Gesú non ha affatto regolato il culto cristiano, come non ha regolato formalmente la costituzione e i dogmi della Chiesa... Non ha potuto pensare a ciò, se non in quell'ultimo momento, quando s'accorse essere impossibile la verificazione del regno messianico in Israele, e quando, accaduta la morte del Messia, s'aperse alla vista, quale ultima speranza del regno di Dio sulla terra, un avvenimento nuovo e misterioso [ cioè, un regno che verrà, non si sa bene quando ; ma, certo, dopo la sua morte] . In quel momento, la cena eucaristica si mostra qual simbolo del regno che dovrà venire pel sacrifizio di Gesù. Quindi si deve dire che l'eucaristia, nel giorno della sua prima celebrazione, significa l'abrogazione del culto antico e la prossima venuta del regno, piuttosto che l'istituzione d'un nuovo culto ; e il pensiero di Gesù non si dirigeva punto direttamente ad una nuova Chiesa, a fondare una Chiesa, ma sempre a verificare il regno de'cieli» (p. 181, 182). Ma questo regno, quando e come verrà ? - - Invece del regno, riprende mesto l'abate Loisy, «venne al mondo la Chiesa ; questa si rafforzò sempre più per la necessità delle cose, e, scioltasi dal Giudaismo, per questo stesso il Cristianesimo divenne una Religione distinta, indipendente e compita. Tal Religione, naturalmente, ebbe bisogno d'un culto, e l'ebbe ; l'ebbe, si sa, quale lo permettevano e quale l'esigevano le origini. Questo culto fu dapprima un'imitazione del Giudaismo, non solo nelle forme esterne della preghiera, ma altresi in certi riti importanti, come il battesimo, le unzioni dell'olio, l'imposizione delle mani» (p. 182).

 

 Dunque non Gesù Cristo, ma la Chiesa, insegna l'Autore, istitui i Sacramenti, e l'istitui per necessità. Che cosa volete? Era mai possibile far proseliti ad una Religione senza riti e senza culto esterno ? Era impossibile, ei risponde : « l' impossibilità di far proseliti ad una Religione senza forme esterne e senza atti santificanti (sacramenti) era evidente; bisogno dunque che il Cristianesimo rivelasse anch'esso una Religione con culto esterno, sotto pena di non potere esistere» (p. 183). In fatti, per chi aspetta la venuta di qualcuno, se questi tarda e sopravviene la pioggia, è del tutto necessario provvedersi momentaneamente d'un ricovero. Dunque, come la necessità, secondo il Loisy, creò la Chiesa, cosi la necessità i Sacramenti, la necessità il Papa e la gerarchia, non già la volontà del Messia ; il quale, infelice ! credendo vicino il regno messianico, fu sorpreso dalla morte e non potè davvero pensare a tali istituzioni e per tanti secoli ! Talchè, si potrebbe chiedere all'abate : Se è vero che la necessità costrinse la Chiesa a istituire i sacramenti, ne potrebbe istituir anche altri ? Senza dubbio, egli risponde ;«il punto di partenza (di tali istituzioni) è quello già indicato, cioè il battesimo di Gesù e l'ultima cena. Il termine non è venuto ancora ; lo sviluppo de' sacramenti, seguendo le medesime linee generali, non può finire se non con la Chiesa stessa » (p. 203) . Dopo ciò, l'abate se la prende co' teologi anteriori al Concilio di Trento (e perchè non col Concilio di Trento stesso ?) i quali hanno fissato a sette il numero de' Sacramenti, e vi hanno trovato una materia e una forma, anche in sacramenti disparati come il battesimo e il matrimonio, ficcandovi sempre e da per tutto Aristotile (ivi) . Ah ! esclama il Critico, sette è ben poco, « il termine non è venuto ancora» (p. 203); «al Cristianesimo bisognavano i segni sacramentali, e ne bisognavano in numero molto grande» (р. 205).


XIII.

 

8. Ciclo storico e ciclo ecclesiastico del Vangelo. -Dopo il detto fin qui, come se fossimo saliti sopra un'altura, siamo in grado di fare una fotografia generale di tutto il Cristianesimo dell'abate Loisy.

Tutto il Cristianesimo si riduce per lui ad una commedia di cattivo gusto; che sarebbe anche divertente, se non fosse blasfema; ed è questa: Morto Gesù coll'amarezza del disinganno in avere atteso indarno la venuta del regno durante la sua vita, come credeva ed aveva insegnato agli altri, avvenne che, tanto a lui, quanto ai suoi discepoli, l'orizzonte dello sperato regno si prolungo nello sfondo incerto dell'avvenire. Resto però invitta la speranza; ma nell'attesa ansiosa di quella venuta e nell'incertezza del quando, dapprima i discepoli di Gesù e quindi i loro successori s'organizzassero alla meglio formando la Chiesa, per continuare a predicare il Vangelo, a tener viva l'idea del regno e quella del suo Messia o Vicario, come sopra si disse. E questo era il lato pratico. Ma alla stessa morte di Gesù, continua comicamente il Loisy, avvenne anche un gran mutamento nell'ordine delle idee, cioè al Gesù storico successe il Gesù ecclesiastico ; alla realtà successe la fede; ai fatti, la credenza ; ed a quella data precisa fini il ciclo evangelico e cominciò il ciclo ecclesiastico, ove la narrazione storica fu surrogata da teorie metafisiche e trascendentali su Cristo e sulle sue dottrine. Di qui, dic'egli, l'origine de'dogmi. Questi, a sua detta, sono teorie della « coscienza cristiana » ; vale a dire opinioni sorte nella mente de' teologi speculativi nel considerare questo o quel punto del Vangelo storico. Queste speculazioni metafisiche son quelle che formano la fede.

 

XIV.

 

9. La Fede e l'origine de' dogmi . Or quale specie di fede è questa del Loisy ? È questa una fede tutta soggettiva, che s'aggira nella mente senza che vi sia fuori alcun oggetto corrispondente. È una fede che non ha nulla a che fare con la realtà; è fede e basta ; essa non può avere il sindacato della prova; è frutto della coscienza cristiana. « La forza della testimonianza della fede, egli dice, non è stimabile se non per la fede stessa » . E dire che tanti pensatori cristiani parlano con tanta insistenza sui preamboli alla fede, sui fondamenti della fede ! Ma la fede del Loisy è ben diversa. È una fede, non solo cieca sull'oggetto materiale ; è fede assolutamente pazza, perchè senza oggetto, nè materiale, nè formale e senza fondamento. Questo è il senso delle espressioni tante volte da lui ripetute, p. es. che « Gesù Cristo è Dio per la fede » (р. 155) [3], e che « la sua divinità non è un fatto della storia » (p. 130); che «l'istuzione della Chiesa è un oggetto di fede, non un fatto storicamente dimostrabile» (p. 161) . Tali speculazioni, dunque, secondo il nostro esegeta, formarono i dogmi cristiani ; e quelle cominciarono subito con S. Paolo, con S. Giovanni e cogli stessi rozzi sinottici, e cosi a mano a mano continuarono coi padri e coi teologi scolastici e con questi sopratutto . Per essi, Cristo dopo morte «divenne il Signore» (p. 117) ; per essi, ossia nella loro mente, risuscitò . Ecco già un primo dogma. «Il Cristo di S. Gio vanni, egli scrive, certo non è un'astrazione della mente... perchè vive nell'anima dell'evangelista (non altrove?) ; ma questo Cristo della fede, tutto spirituale e mistico, è il Cristo immortale, che sfugge alle condizioni del tempo e dell'esistenza terrestre» (p. 93). Parimente, S. Paolo, considerando la morte di Gesù, credè che la morte di lui fosse stata una espiazione per i peccati di tutti. E cosi S. Paolo invento il dogma della Redenzione : «S. Paolo è il teologo della croce e della morte redentrice; la cena commemorativa della morte è apertamente interpretata da lui secondo la sua teologia dell'espiazione universale» (p. 237). Cosi il dogma dell'autorità della Chiesa è per il Loisy «la coscienza collettiva e permanente del Cristianesimo vivente» (p. 59). Il dogma della distinzione reale delle persone divine, detto dal Loisy «arduo problema» , nacque, secondo lui, dall'istesso campo fecondo dell'opinione: cioè, dubitandosi se le persone della Trinità fossero o no di stinte, «il sentimento religioso tronco la questione, decidendosi per l'affermativa» (p. 127). L'istesso dicasi di tutti i dogmi cristiani .

 

Ecco l'atto di nascita de' dogmi e della fede. È una fede senza oggetto corrispondente. Però, la mancanza di oggetto, puta caso, «delle intenzioni speciali inverificabili e per lo più inverisimili che si vorrebbero nel Cristo evangelico, sono supplite con vantaggio dalla volontà indefettibile del Cristo vivente nella Chiesa e per l'azione permanente dello Spirito che anima la fede e rende reali per essa tutto quel che ella crede» [4]. Ma in qual modo sono reali, se Cristo non ebbe quelle intenzioni ? Può forse lo Spirito Santo fare che sia un fatto quel che non fu? In somma tutta la fede si riduce per il Loisy, ad una mera creazione umana, ad un subbiettivismo, o se si vuole, ad un Hegelianismo, secondo la nota sua formola: «Quel che è razionale è reale e quel che è reale è razionale». Eccolo detto a chiare note dal nostro esegeta : «I concetti, che la Chiesa presenta come dogmi rivelati, non sono già verità cadute dal cielo (ossia rivelate)...; lo storico vede in essi l'interpretazione di fatti religiosi risultante da un laborioso sforzo del pensiero teologico» [5]. «Ciò che si chiama rivelazione non ha potuto esser altro se non la conoscenza acquistata dall'uomo de' suoi rapporti con Dio. E che cosa è mai la rivelazione cristiana, nel suo principio e punto di partenza, se non la percezione nell'anima di Cristo della relazione che univa a Dio lo stesso Cristo, e la relazione che unisce tutti gli uomini al loro Padre celeste» ? [6] E per fare intender meglio il suo pensiero, l'illustre esegeta gitta il ridicolo su coloro che pensano ad un Dio che insegni e si renda mallevadore d'una verità, chiamando tal concetto un' «idea del tutto antropomorfica e pienamente discordante dalla filosofia contemporanea» (pag. 192). Di qui segue, secondo l'autore, l'evoluzione e la mutabilità de' dogmi : «l'evoluzione incessante della dottrina si fa per il lavoro de' singoli, secondochè la loro attività riagisce sull' attività generale, i quali, pensando con la Chiesa, pensano anche per la Chiesa » [7]. Per l'autore è certo che il dogma è più o meno condizionato allo sviluppo della scienza profana (p. 191). Conchiudiamo. Secondo questo sistema: 1.º la Fede non ha oggetto fuori dell'atto intellettuale ; - 2.º la Fede è creazione umana; 3.º la Fede è mutabile.

Ecco la Fede per Alfredo Loisy; o meglio, ecco la distruzione di essa. Questo è chiaro. Una sola cosa resta per noi un enigma, perchè mai costoro che insegnano tale anticristianesimo, insistono e perseverano a volere essere e dirsi cristiani e magari cattolici. Quasi che non vi fossero altre Religioni nel mondo, o quasi che nel vocabolario fosse penuria di aggettivi qualificativi! O buona novella, o Cristianesimo, deve pur celarsi in te qualche gran tesoro, poiché, anche chi cerca distruggerti, vuol dirsi cristiano e secretamente ti ama !

 

XV.

Ora siamo in grado d' intendere un gran numero di espressioni equivoche che sono sparse ne' due libri del Loisy. L'Ami du clergé di Langres ne ha fatto uno spoglio, che non sarà inutile accennare [8] .

L'espressioni « coscienza cristiana » , « senso cristiano » sono per l'esegeta non altro se non un certo suffragio universale de' cristiani, una specie di opinione comune sopra un punto od un altro. Ma, notisi bene, non è già un'opinione la quale sia rivelatrice d'una verità insegnata da Dio, od un'eco della trasmissione o tradizione ecclesiastica, che è senso legittimo e giusto ; si bene un'opinione sorta dalla speculazione umana in qualche intelletto e poi ammessa dagli altri, come sopra vedemmo, parlando dell'origine de' dogmi. Per esempio, dice il Loisy, molti specularono sulle parole Padre, Verbo e Spirito ; e, sorto il dubbio se questi concetti esprimessero distinte persone, « il senso cristiano fini col troncar la questione nel senso affermativo » (p. 127) [9]. Così l' unione ipostatica « si andò precisando nella coscienza cristiana », cosi ancora la Eucaristia e cosi tutto il Cattolicismo ; « il Cattolicismo è derivato solo dal Vangelo per una lunga fatica della storia e del pensiero cristiano » (p. 47). « La testimonianza della coscienza cristiana nella Chiesa si deve ascoltare come quella del Vangelo cui essa contiene e interpreta, senza però confondersi con essa » (p. 53) .

 

Il revisore del Cristianesimo parla di « legittimità della Chiesa » (p. IX); ma per lui legittimità, come vedemmo, non è già l'espressione d'un comando vero e proprio di Cristo il quale cosi volle e stabili, si bene un adattamento sorto per la necessità delle cose, occasionato dal ritardo della venuta del regno messianico, come già sopra dimostrammo. -Il medesimo chiama il Cattolicismo uno sviluppo «non istraniero al Vangelo» (p. 8); non già nel senso del Newman, cioè dell'albero il quale è contenuto nel germe ed è lo sviluppo di esso; non già nel senso d'uno sviluppo organico in un fanciullo che diviene adulto, in cui si conserva l'identità dell'individuo ; ma nel senso di una semplice successione. Quindi egli insegna : « Per lo storico la Chiesa fa seguito al Vangelo di Gesù, essa non è formalmente nel Vangelo... La Chiesa è il sèguito legittimo del Vangelo» (p. XXVI, XXVII) . Il che sarebbe come chi dicesse che l'alba fa seguito alla notte, l'estate alla primavera - «Azione dello Spirito » nella Chiesa (non mai Spirito Santo). Ecco un'altra espressione equivoca del Loisy, ma diffusissima nelle pagine de' suoi due libri sul Cristianesimo. L'azione vera dello Spirito Santo riguardo alla Chiesa, dopo morti tutti gli Apostoli, non è già rivelare nuove verità, si bene aiutare la Chiesa nell'intendere le verità rivelate, nel predicarle, nel ricordarle ; ma per l'esegeta francese non è cosi. L' «azione dello Spirito» per lui è confermare e dare certezza alla fede. «L'azione permanente dello Spirito anima la fede e realizza per essa tutto ciò che ella crede» (p. 257). Or, siccome tal fede non ha corrispondenza esteriore a chi pensa, questa realizzazione non sarà altro che l'atto vitale dell' intelletto . Talchè se l'intelletto pensa una falsità, «l'azione dello Spirito» la conferma e la realizza, supplendo cosi la mancanza dell'oggetto creduto. Bell'ufficio che si dà a compiere allo Spirito di verità !!

 

 

XVI.

 

9. Il miracolo : fatto e significato . -Il dire che Dio ha scelto il miracolo per autenticare il messaggio di Gesù Cristo nel mondo, è cosa tanto vera che, per ripeterla, quasi è divenuta volgare. Il miracolo è la lettera credenziale onde Dio accredita un suo Legato, ed, in generale, è il segno dell'intervento straordinario di Dio nel mondo.

 

Ora, il Loisy, come tutti i razionalisti, rimanda il miracolo tra le cose inutili e tra i ferravecchi.

 

Eccone le prove da lui forniteci. Innanzi tutto, secondo il suo sistema, la rivelazione «non contiene già verità cadute dal cielo» , e la fede è «la conoscenza acquistata dall'uomo della sua relazione con Dio» , come vedemmo. Dunque il miracolo, che secondo noi dovrebbe attestare una verità rivelata da Dio e una conoscenza fornitaci da lui o da altri mandati da lui, è del tutto inutile ; anzi il pensare che Dio c'insegni una verità e subito somministri la prova dell'autenticità del suo insegnamento, «è un' idea del tutto antropomorfica e puerile» , insegna l'esegeta. Dunque per lui il miracolo col significato che gli si vuole attribuire è del tutto inutile. E poi, vedemmo già che al miracolo de' miracoli , la risurrezione di Cristo, che per noi è la colonna della nostra Fede, egli nega ogni certezza storica. Dunque molto più la negherà ad ogni altro. In fine l'asserisce chiaramente e senza ambagi, parlando della storia israelitica : « L'istoria d'Israele è stata, come quella d'ogn'altro popolo, un concatenamento di fatti svariatissimi, ne' quali i credenti, sia contemporaneamente, sia più tardi, hanno riconosciuto l'intervento di Dio ; ma vi avrebbero potuto anche non riconoscerlo, se non fossero stati credenti » (p. 41). Questa è davvero l'ultima novità del giorno ! Finora il buon senso ha insegnato che dalla conoscenza del miracolo si giunge alla fede, come dal conoscere il sigillo d'un Sovrano si passa a conoscere l'autenticità della sua lettera; ora non più : prima si mette la fede, e poi il miracolo. È un vero mondo rovesciato !! Ma è anche un'atroce vendetta della logica contro gl'increduli ! « Il critico imparziale, continua a dire il novello esegeta, troverà che la storia della nazione israelitica si riduce ad una serie di avvenimenti volgari nella vita de' popoli » (p. 43) . « Se si va al fondo delle cose, senza dubbio in un miracolo non v' ha nulla di più che nel minimo de' fatti ordinarii ; come viceversa, nel minimo de' fatti ordinarii non vi ha nulla di meno che in un miracolo » [10].

E cosi, come ogni buon incredulo razionalista, il professore di Parigi, togliendo di mano a Cristo le lettere credenziali con cui egli si presenta al mondo, qual Legato del Padre celeste, confina Dio nel suo regno inaccessibile, negando a Lui la possibilità di manifestarsi e all'uomo quella di riconoscere la sua presenza. E questo significa mettere d'accordo la Fede con la scienza moderna ! o, come direbbero nel Casentino : «E questo gli è il progresso» !

 

XVII.

10. Le fonti del Cristianesimo. -Questo punto sulle fonti del Cristianesimo compie la sintesi che siamo venuti facendo del Vangelo dell'abate Loisy, e in qualche modo è la chiave di tutto il sistema; poiché le fonti, ammesse o no, ampliate o diminuite, possono essere sorgenti d'uno o d'un altro Cristianesimo tutto differente.

Ci segua il lettore; dobbiamo cominciar dall'alto -Gesù Cristo insegno solamente a voce ; e nè sulla sua vita, nè sulla sua dottrina lasciò scritta sillaba alcuna. Il tutto affidò egli semplicemente alle orecchie ed alla memoria de' suoi discepoli, cui poscia incarico di predicare il suo Vangelo a tutti i popoli, sino alla fine del mondo. Talchè, anche posta la composizione del primo Vangelo tra gli anni 44-50 possiamo dire che durante una buona diecina d'anni le uniche fonti del Cristianesimo erano soltanto queste due : la predicazione apostolica e la vita pratica de cristiani. Dopo il detto decennio, sino alla fine del primo secolo, gli Apostoli e due loro discepoli, misero alcune cose in carta, ma ben poco, e con nessunissimo intento di fare un codice pieno e compiuto della dottrina di Cristo ; e cosi si ebbero i Vangeli, gli Atti degli Apostoli ed alcune loro lettere. Talchè alla fine del primo secolo si hanno tre fonti del Cristianesimo : a) la predicazione o trasmissione orale (detta anche tradizione); b) il Nuovo Testamento ; c) la vita pratica de' cristiani. Queste tre fonti potrebbero definirsi anche così : 1) Cristianesimo predicato; 2) Cristianesimo scritto ; 3) Cristianesimo vivente. È da notare come quella parte, nominata trasmissione orale o tradizione, non rimase, nè poteva rimaner sempre orale, atteso la natura delle cose; e ben presto anch'essa fu posta in gran parte in iscritto, innanzi tutto dalle prime generazioni cristiane e poi a mano a mano da molti scrittori fino a noi. Questa parte di trasmissione orale, benche messa in carta od in altri documenti, è compresa sotto il nome comune di Tradizione per distinguere tali scritti da quelli del Nuovo Testamento, i quali hanno un'importanza speciale, poichè son libri ispirati ; cosa che ora non importa considerare. Rimane dunque fermo che tre sono le fonti del Cristianesimo, le tre qui accennate [11]. Chi dunque vuole scrivere di Cristianesimo,e molto più chi vuole istituire, come fa il Loisy, una solenne revisione di esso, commette un errore fondamentale non tenendo conto di tutte e tre queste fonti. Egli sarebbe come voler comporre in musica e scartare dalla sua gamma musicale la maggior parte delle note.

 

Ed è questo appunto l'errore in cui è caduto il Loisy e in cui sono caduti e cadono tutti i razionalisti del mondo. Costoro parlano di Cristianesimo, parlano di Vangelo ; ma dalle tre fonti autentiche e genuine eliminano Tradizione e vita pratica cristiana, ristringendosi ai soli scritti del Nuovo Testamento . È un imperdonabile errore; perchè l'imagine che poi ricostruiscono non può non riuscir mostruosa. Poichè un arido scritto, uno scritto antico, uno scritto incompiuto sulla materia da studiare, non illuminato e non vivificato dalla luce e dal calore che si trasfonderebbe ad esso dalla considerazione delle altre due fonti, fonti luminose e quasi vive e parlanti, non può rappresentarci appieno la mente di colui che diè vita a quel gran movimento nel mondo che ha nome Cristianesimo. È vero che lo scritto ha il vantaggio della precisione, ma gli mancano i muscoli e la vita ; e un arido scheletro non può fare intendere mai a chi nol vide che cosa sia un vivente.

XVIII.

 

Ma, quel che è peggio, l'eliminazione delle fonti, per parte del Loisy, non è finita. Dallo stesso Cristianesimo scritto moltissime parti sono arbitrariamente tolte; cioè, le Lettere di S. Paolo e degli Apostoli, gli Atti e il quarto Evangelo, come scritti che, a detta dell'esegeta, non narrano storicamente la dottrina di Gesù, ma fanno speculazioni su di essa o narrano cose posteriori. Dicemmo che queste parti sono tolte arbitrariamente dalla dignità di fonti ; nè ora è il luogo di dimostrarlo. Quanto al quarto Evangelo fu da noi giả parlato, in un'operetta a parte. Talchè tutta la fonte scritta riducesi ai tre primi evangelisti .

Ma, ahimè! neppur questa fonte, pure tanto assottigliata, ė guarentigia sufficiente di verità per il Loisy. Ad ogni passo egli vede in questo pur brevissimo scritto ora un versetto, ora un discorso, ora una dottrina che, a suo giudizio, non rappresenta la parola, nè la mente del Vangelo di Gesù, si bene o il pensiero dello scrittore o una pratica tardiva del Cristianesimo vivente, inserita colà tra un discorso e un altro di Gesù, o un ritocco di tempi posteriori. Per la qual cosa, a fondamento della ricostruzione del Vangelo e del Cristianesimo, per una solenne revisione di esso, come intese fare il Loisy, che cosa si ha? Non altro che qualche detto e qualche fatto di Gesù Cristo, sparso qua e là ne' tre primi evangelisti. Vorremmo solo sapere da chi abbia il Loisy preso in prestito il metro per determinare nello scritto de' sinottici quella che è genuina parola di Gesù e quella che non è tale, quel che è storico da quel che non è; ma di ciò più sotto.

 

Intanto veggasi come il Loisy ad ogni momento elimina arbitrariamente dalla dignità di fonte storica questo o quel passo de' sinottici. Parlando della missione degli Apostoli a predicare in tutto il mondo (Matt. XXVIII, 19) il Loisy dice che quelle non sono punto parole di Gesù; ma esse «esprimono, per lo storico, un sentimento vivo della coscienza cristiana» (p. 229) [12]. Discorrendo del discorso di Gesù a Pietro, con cui lo costituisce capo della Chiesa (Matt. XVI, 18), dice che esso ritrae «la condizione della Chiesa romana alla fine del primo secolo» (p. 174), volendo dire con ciò che Gesù Cristo non disse quelle parole. Parlando dell'eucaristia sentenzia cosi : «Tutta l'istoria dell' Eucaristia è una testimonianza della fede crescente» (p. 237) ; e per fede già sappiamo che cosa egli intenda, un' opinione umana formatasi all'occasione del Vangelo. Sulle parole del Signore, relative al potere di rimettere i peccati, l'esegeta ha scoperto che non sono punto del Signore ; esse, poste là in bocca a Gesù, «dimostrano che la comunità cristiana fin dall'origine s'attribui quel potere..... ; quel potere, naturalmente,tendeva a concentrarsi ne' capi de' predicatori del Vangelo e ne' direttori della communità» (p. 249). Quando il Loisy s'incontra nel passo di Matteo (XVIII, 17) «Chi non ascolta la Chiesa sia come un pagano e un pubblicano» , egli fa subito uso del suo provino e, da buon chimico che sa discernere il vino puro dall'alterato, decide affermando che quel detto non è di Cristo, e che «corrisponde ad una condizione di cose ben differente da quella del Vangelo al tempo di Gesù» (p. 162) . E in generale egli afferma de' tre primi evangelisti (il quarto non viene neppure in questione) che « gli evangelisti raccontano ben poche particolarità storiche e in paragone esprimono in molto maggiori proporzioni i sentimenti della coscienza cristiana ne' modi che a loro sembrano più conformi al fatto cristiano » (p. 168); intendi, al fatto sorto dopo la morte di Gesù. Così l'esegeta nel primo de' suoi due libri spesso parla di < strati secondarii » al Vangelo (p. 9) [13], d' « interessi apologetici o didattici, i quali hanno avuto influsso nella compilazione de' discorsi e de' fatti di Gesù » (p. 50) .

In conclusione, quell'unica fonte parziale che il Loisy ammette per ricostruire il Vangelo, è una fonte molto impura e bisognosa di esser provata al lambicco critico, il quale, naturalmente, ognuno può fabbricarsi a suo modo. Ognuno intende facilmente come con tali metodi, i quali, mille miglia da lungi, odorano di protestantismo e di razionalismo, e i quali perciò non hanno neppure il merito della novità, si possono costruire tanti Cristianesimi quante saranno le teste volonterose di fabbricarne uno a proprio talento. Anche l'abate Loisy se n'ha costruito uno a suo modo. Ma esso è già andato a crescere la lista de' Cristianesimi falsi per sentenza autorevole di chi presiede al Cristianesimo vero di Gesù Cristo.

(Continua)


1 V. quad. del 6 febbr. 1904.

Note:

[1] L'Évang. et l'Égl. , p. 74.

[2] L'Évang. et l'Église, p. 111 .

[3] Autour d'un petit livre.

[4] Aut. d'un petit livre, р. 257.

[5] L'Évang. et l'Égl. p. 158.

[6] Autour d'un petit livre, p. 195. 1904, υοι. 1, fasc. 1289. - 35 26 febbraio 1904.

[7] L'Évang. et l'Église, p. 175.

[8] L'Ami du clergé, 26 nov. 1903, p. 1087.

[9] Autour d'un petit livre.

[10] Revue du Clergé français, marzo 1900.

[11] Facemmo tal divisione per più chiarezza, sapendo bene come, per lo più, sotto il nome di Tradizione si comprende anche la vita pratica de' crist ani.

[12] Autour d'un petit livre.

[13] L'Évang. et l'Égl.

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