P. ANDREA ODDONE: PROFEZIA DI GUERRA
L'uomo è imperiosamente attratto dal desiderio di conoscere il futuro e di sollevare qualche lembo del velo, che gli nasconde il mistero. Le arti magiche, lo studio delle scienze occulte, le diverse forme di divinazione, non sono altro che manifestazioni di questo desiderio e insieme tentativi per soddisfarlo. In ogni epoca della storia umana sorgono profeti e indovini, a cui il popolo si abbandona con vivo ardore e spesso con entusiasmo fanatico ; apparizioni, predizioni e rivelazioni sono fenomeni più o meno comuni a tutte le civiltà.
Ma nei tempi di sconvolgimenti sociali e di pubbliche calamità, l'avidità del meraviglioso e la curiosità di scandagliare l'avvenire, si fanno più acute, le predizioni si moltiplicano e trovano negli animi una maggiore risonanza. Fertilissimo in questa materia è soprattutto il tempo di guerra. Nel 1870 furono messe in circolazione «profezie» di ogni genere e così numerose da comporne due volumi di seicento e più pagine (1). Lo stesso fenomeno si ripetè durante la guerra che scoppiò nel 1914 (2). Anche oggi, mentre infuria la presente tragedia bellica, si fa sentire più insistente la voce dei profeti d'occasione, che vanno, si direbbe, à gara nell'annunziare misteriosamente le sorti future dell'umanità e nel predire i varii avvenimenti, di cui noi stessi saremo spettatori.
Dal lato psicologico questa fioritura straordinaria di predizioni è facilmente spiegabile. Il tempo di guerra produce negli animi il tormento e l'angoscia di ciò che sarà domani. Nelle alterne vicende delle ostilità, davanti alla dura realtà delle sofferenze e delle privazioni, noi sentiamo il bisogno di riposarci nelle prospettive di un avvenire più favorevole. Un tale stato d'animo è terreno più che mai propizio ad accogliere tutto ciò che può dar pascolo alla nostra curiosità, infondere qualche raggio di speranza e colmare alquanto le nostre inquietudini e trepidazioni.
Ma che cosa pensare di queste predizioni o «profezie di guerra» dal lato teologico? Notiamo che esse si presentano sempre sotto un aspetto religioso e sono spesso diffuse sotto gli auspici di personaggi assai stimati per la loro eminente santità.
La teologia deve premunire i fedeli contro due pericoli, che possono sorgere intorno ad annunzi di avvenimenti futuri : il pericolo di misconoscere l'azione di Dio, quando a Lui piaccia di manifestarsi a noi in modo soprannaturale e di svelarci l'avvenire, e il pericolo di prendere come manifestazioni divine dei fatti, che non hanno altro principio che lo spirito di menzogna o i sogni di immaginazioni malate. La via della verità si trova ad uguale distanza da questi due eccessi : essa non piega nè verso l'illuminismo, che ammette con cieco entusiasmo tutte le narrazioni meravigliose, nè verso il razionalismo, che respinge con uno sdegno ancora più cieco tutti i fatti soprannaturali.
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E' fuori dubbio che si possono dare e si danno realmente profezie di origine divina intorno alle peripezie e sull'esito di una guerra. Il negarlo sarebbe contrario all'insegnamento tradizionale della Chiesa e alla sua storia. Dio è padrone di manifestare ciò che vuole, a chi vuole e nel modo che vuole. S. Tommaso riconosce espressamente la possibilità e la realtà di certe profezie di guerra. «In tutti i tempi, scrive egli, vi furono uomini che ebbero lo spirito di profezia non per comunicare nuovi insegnamenti di fede, ma per dirigere gli atti umani. Così S. Agostino (De Civitate Dei, 1. 5, cap. 26) riferisce che l'imperatore Teodosio mandò dei messi a Giovanni, che abitava il deserto dell'Egitto e che egli per fama sapeva dotato di spirito profetico, e da lui ricevette l'annunzio certissimo della sua vittoria» (3) . S. Giovanna d'Arco predisse, in nome di Dio, la liberazione della città di Orléans e la consacrazione di Carlo VII a Reims. Il che pienamente si avverò.
Ma come riconoscere una profezia di origine divina e discernerla dalle predizioni volgari, frutto dell'immaginazione esaltata o della soperchieria o anche risultato di qualche intervento diabolico ? La Chiesa procede a questo riguardo con molta cautela e prudenza, e un simile atteggiamento raccomanda ai suoi fedeli e ai suoi sacerdoti. Essa interdice espressamente la divulgazione per mezzo della stampa, di ogni specie di predizioni, di rivelazioni, di visioni, di miracoli, di nuove divozioni, e riserva a se stessa il diritto di apprezzarne il carattere e l'opportunità, prima che i fedeli ne prendano conoscenza (4).
Queste precauzioni s'impongono a maggior ragione in tempo di guerra, quando è più facile il turbamento delle immaginazioni, e quando l'esaltazione degli spiriti si accentua nella visione orrenda delle stragi, delle violenze, delle morti. Prima dell'effettuazione o compimento degli avvenimenti, non è possibile dare un criterio assolutamente certo intorno alla verità o alla falsità delle profezie. E' tuttavia possibile indicare qualche « segno esteriore» normativo per distinguere la vera profezia dalla predizione puramente umana o frutto d'inganni. E questo si ottiene tenendo presente ciò che gli autori di teologia mistica dicono delle «rivelazioni private» . Queste rivelazioni sono generalmente accompagnate da visioni, da estasi e da altri fenomeni straordinari : sarà quindi lecito applicare ai diversi stati di un'anima, che profetizza e annunzia l'avvenire, ciò che diciamo delle «rivelazioni private» (5).
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Dio, che volle chiudere la rivelazione pubblica con la morte degli Apostoli, si riservò il diritto di fare alle anime, che egli sceglie e per i fini che egli si propone, delle rivelazioni private. Per rivelazioni private ọ particolari s'intendono quindi quelle comunicazioni dirette, immediate e personali che Dio fa a certe anime privilegiate, sia per dar loro una conoscenza più chiara dei misteri proposti alla fede comune dei cristiani , sia per far loro intravedere i segreti dell'avvenire, sia anche per manifestare loro, nel presente, cose che è impossibile conoscere naturalmente, come i disegni liberi della Provvidenza, i segreti dei cuori, o per ispirare loro certi atti, che essendo utili direttamente agli individui o ad un gruppo isolato di persone, tornano, almeno indirettamente, a vantaggio della Religione.
Le rivelazioni private sono puramente eccezionali e , qualunque sia la loro importanza, non entrano mai a far parte del deposito della dottrina cattolica e non possono in nessun caso divenire la regola della fede (6). «La nostra fede, dice S. Tommaso, si appoggia sulla rivelazione fatta ai Profeti e agli Apostoli, che scrissero i libri canonici, non già a quella fatta ad altri dottori» (7).
L'esistenza delle rivelazioni private non può essere ragionevolmente contestata. I santi Padri, le storie ecclesiastiche, gli Atti dei martiri e le Vite dei grandi Fondatori di Ordini religiosi, ci offrono a questo riguardo le più irrefragabili testimonianze. I dottori e i teologi cattolici sono unanimi su questo punto. La Chiesa stessa ne ammette non soltanto la possibilità, ma anche, in alcuni casi, la realtà, perchè ne ha autorizzate e approvate parecchie, prendendo da esse occasione per istabilire feste liturgiche e devozioni. Tuttavia non le crede frequenti e le esamina sempre con la più grande circospezione, memore dell'avviso dell'apostolo S. Giovanni : «Non vogliate credere ad ogni spirito, ma provate gli spiriti se sono di Dio, perchè molti falsi profeti sono sorti nel mondo» (8). E quando essa le accetta, le considera sempre come subordinate alla rivelazione pubblica e giustificabili dalla teologia, che è sempre chiamata ad esaminarle alla luce della fede cattolica. Dalle rivelazioni private la Chiesa non si aspetta, nè può aspettarsi, un aumento sostanziale di nuovi dogmi e di nuove verità. Essa quindi si rifiuta giustamente di vedere in una rivelazione privata il fondamento teologico di una dottrina, di un culto, di una decisione, e quando definisce una verità dogmatica o approva una nuova divozione, è determinata a questo atto non già dall'autorità della rivelazione privata - benchè la rivelazione privata possa essere e sia spesso l'occasione provvidenziale del suo procedere -, ma dall'armonia constatata tra questa verità e questa divozione e il deposito della fede ricevuto da Cristo (9) .
La Chiesa inoltre, approvando le rivelazioni fatte a Santi, non accorda loro alcuna autorità dogmatica, nè le riveste di un carattere di infallibilità, ma dichiara semplicemente che non contengono nulla di contrario alla Scrittura e all'insegnamento cattolico e che si possono proporre come probabili alla pia credenza dei fedeli . E' questo l'insegnamento di Benedetto XIV: «Conviene sapere, dice egli, che l'approvazione di queste rivelazioni non è altro che la permissione di pubblicarle, dopo maturo esame, per l'edificazione e l'utilità dei fedeli» (10) . E altrove aggiunge che questa approvazione non esige mai da noi l'assenso della fede cattolica, ma soltanto fa in modo che le rivelazioni approvate si tengano come probabili e piamente credibili (11) .
Non sono quindi da considerare come eretici coloro che ricusano di accettale rivelazioni private, benchè possano, in certi casi, essere imprudenti e temerari. Il che si verifica, quando si procede con leggerezza, senza motivi ragionevoli, mettendo in derisione le pie credenze autorizzate dalla Chiesa. Che se ci fossero motivi ragionevoli per dubitare dell'autenticità e della veridicità delle rivelazioni, se documenti più sicuri venissero a proiettare nuova luce sopra fatti storici dapprima non rettamente compresi, non sarebbe affatto interdetta una nobile e serena opposizione. «Si può, scrive ancora Benedetto XIV, salva e integra la fede cattolica, non prestare l'assenso a certe rivelazioni private e allontanarsi da esse, purchè ciò si faccia con la
dovuta moderazione, con buone ragioni e senza disprezzo » (12). Ed è in questo senso che il Suarez, parlando di una rivelazione fatta « ad una certa donna» , la quale affermava che Gesù Cristo aveva ricevuto nella flagellazione più di cinquemila colpi, la contesta con validi argomenti e aggiunge : «Le rivelazioni delle donne non ci obbligano a crederle vere : revelationes foeminarum non cogunt nos, ut eas veras esse credamus» (13). Ricordiamo che la Chiesa, dando l'approvazione a certe rivelazioni private, non si rende garante di ciascun punto in particolare, nè pretende dichiarare che tutte le singole parti siano assolutamente vere, ma che se si trova in esse qualche errore, tale errore non è dannoso. Anche in una rivelazione approvata dalla Chiesa si può infatti insinuare qualche errore, perchè anche i Santi possono attribuire allo spirito di Dio quello che procede dal loro proprio fondo o interpretare male il senso di una rivelazione veramente divina (14).
Questa libertà di apprezzamento, che la Chiesa lascia ai suoi figli , è la più eloquente risposta alle accuse di cieca credulità, che spesso vengono lanciate contro i cattolici, per ignoranza o per mala fede. Applichiamo ora i principii esposti alle rivelazioni e alle profezie che si diffondono nei tempi di guerra.
Notiamo dapprima che non poche «profezie» , di cui ci fa dono il tempo di guerra, si mettono in circolazione dopo gli avvenimenti, asserendo naturalmente che esse sono anteriori agli avvenimenti di cui si occupano. La critica ha diritto d'intervenire per verificare l'autenticità di tali predizioni, per conoscere se le rivelazioni attribuite ad una persona mortà in odore di santità, poggiano sopra un serio fondamento storico, per cercare quale potè essere, anche presso questa persona di eminente perfezione, la parte d'illusione, o almeno qual senso esatto convenga attribuire alle sue parole. Il trucco viene spesso abilmente combinato sotto la forma e il linguaggio apocalittico . E' necessario smascherarlo per non gettare il discredito sulle vere profezie, e la Chiesa più di una volta è intervenuta autorevolmente ad impedire la divulgazione di simili finzioni.
Altre volte si tratta di pronostici e di previsioni puramente umane, che restano nel dominio delle semplici congetture. L'uomo infatti, lasciato al solo lume della ragione, può, fino ad un certo punto, conoscere l'avvenire. «L'uomo, dice S. Tommaso, può conoscere in anticipo con una conoscenza naturale le cose future nelle loro cause» (15) . E attribuisce questa previsione naturale degli effetti alla conoscenza delle loro cause, all'esperienza dei fatti simili nel passato, congiunta con una certa buona disposizione. Dopo avere accennato all'opinione di alcuni filosofi che, seguendo la teoria di Platone, concedono all'anima umana una specie d'intuizione dell'avvenire, il santo Dottore soggiunge : «Poichè sembra più vero che l'anima attinga la sua conoscenza dalle cose sensibili, come pensa Aristotile, vale meglio rispondere, che gli uomini non hanno la previa conoscenza di questi futuri, ma possono acquistarla con l'esperienza, e sono in ciò aiutat? da una disposizione naturale, secondo che essi posseggono una forza d'immaginazione e una chiarezza d'intelligenza più perfetta» (16). Così alla luce della storia un'intelligenza elevata può in un certo grado presentire l'avvenire di una nazione e annunziarlo. Sotto Luigi XV non era difficile pronosticare la grande rivoluzione francese.
Tuttavia queste congetture umane si differenziano radicalmente dalle profezie divine, come nota espressamente lo stesso santo Dottore (17). In primo luogo, mentre la conoscenza delle cose future, che proviene dalla rivelazione divina, ha per oggetto tutti gli avvenimenti di qualunque specie, le previsioni umane invece non abbracciano naturalmente che gli effetti ai quali può estendersi l'esperienza dell'uomo. Campo assai ristretto in realtà, ma tuttavia sufficiente, affinchè lo scatenarsi di una guerra e anche, in una certa misura, lo svolgersi delle ostilità, possano essere previsti nelle loro
cause remote e nelle loro ragioni immediate : rivalità di nazioni, conflitti di ordine commerciale e industriale, gruppi di alleanze offensive e difensive, preparazione militare, quantità e qualità degli effettivi ecc. Secondariamente, la profezia di origine divina è sempre conforme alla verità immutabile e partecipa della sua infallibilità; ciò non si verifica della predizione umana che, in certi casi, si trova essere falsa. Prima quindi di dare la propria adesione ai pronostici umani, bisogna ricordarsi che il loro valore è assai relativo. L'esperienza del passato non è sempre una garanzia sicura dell'avvenire. Nei fatti morali e soprattutto nei fatti liberi, la volontà dell'uomo può intervenire e introdurre degli elementi imprevisti, e la Provvidenza divina può attuare improvvisamente dei disegni a noi sconosciuti, che fanno fallire i calcoli meglio stabiliti dall'intelligenza umana.
Le allucinazioni e le illusioni influiscono pure in non piccola parte sulla «produzione profetica» del tempo di guerra, per il maggiore orgasmo e nervosismo da cui sono presi gli animi. L'immaginazione ha buon giuoco nei visionari, specialmente se si tratta di persone deboli per costituzione fisica, sovraeccitate abitualmente nei nervi, fornite di grande sensibilità, dall'umor nero e dal giudizio poco sicuro (18) . Gli autori di mistica si accordano poi nell'affermare che le donne sono molto più soggette alle illusioni e agli errori in questa materia, e che per la loro leggerezza, il loro temperamento e la loro spiccata inclinazione al meraviglioso, corrono speciale pericolo di essere tratte in inganno dal demonio, il quale si trasforma facilmente in angelo di luce.
Trascriviamo a questo riguardo un avvertimento di S. Teresa di Gesù, che è maestra autorevole in materia di rivelazioni e comunicazioni divine. «Voglio, scrive la Santa, accennare ad un pericolo nel quale ho veduto cadere alcune persone di orazione e particolarmente donne, perchè la debolezza del nostro sesso ce ne rende più esposte. Vi sono persone, le quali, per effetto delle austerità, delle orazioni e delle veglie, o anche unicamente per la debolezza della loro complessione, non possono ricevere una consolazione spirituale, senza che subito la loro naturà ne resti abbattuta e indebolita.
In tale stato, se loro accade di entrare in ciò che si chiama sonno spirituale, e che è un poco più di quello che ora ho detto, s'immaginano che una cosa non differisca dall'altra, e si abbandonano ad una specie di ebbrezza. E aumentando ancora una tale ebbrezza, perchè la natura sempre più s'indebolisce, esse la prendono per un rapimento e le danno un tal nome. Ma io lo chiamo sbalordimento, perchè non è altro che una perdita di tempo e la rovina della sanità» (19) . E parla poi di persone «di testa e di immaginazione così fievole, che si credono di vedere tutto ciò che pensano» (20) . S. Filippo Neri diceva : «I confessori non devono credere leggermente alle rivelazioni, che pretendono avere i loro penitenti, a quelle soprattutto che vengono loro raccontate dalle donne. Queste visioni straordinarie possono essere suggerite alle donne dalla malvagità del demonio. Spesso esse non sono che veri giuochi della loro immaginazione» (21).
Con la teologia cattolica dobbiamo anche ammettere la possibilità di predizioni diaboliche. Il demonio, che nella sua caduta non ha perduto la perspicacia e la sottigliezza dell'intelligenza, conosce perfettamente la concatenazione delle cause e degli effetti, può scrutare più profondamente che non l'uomo le forze nascoste della natura, studiare con più sicurezza i fenomeni della psicologia umana e intravedere da maggiore lontananza i risultati futuri dei fattori morali e sociali. I Padri della Chiesa e la maggior parte dei teologi spiegano con l'intervento del demonio certi «oracoli» , di cui sarebbe difficile contestare storicamente l'esistenza (22). Si aggiunga che le «profezie diaboliche» contengono una parte di verità, che le fa accettare più facilmente (23) . Del resto è certo che il disorientamento delle intelligenze e il turbamento dei cuori nei tempi di pubbliche e grandi calamità favoriscono l'azione del demonio e lo aiutano assai nella sua opera nefasta. Possiamo quindi credere con fondamento che parecchie « profezie di guerra » abbiano un'origine preternaturale molto sospetta e siano messe in circolazione per indurre gli uomini in errore sotto un'apparenza di verità.
Per discernere le vere dalle false profezie ci saranno di aiuto la morale e la psicologia. In generale ricordiamo con S. Alfonso de Liguori che le rivelazioni false sono molto più numerose che le vere (24) e che le illusioni più deplorevoli avvengono anche in anime che fanno professione di praticare la più alta virtù. Conviene perciò mantenerci abitualmente in una ragionevole diffidenza. In particolare prendiamo come guida alcune regole suggerite dai teologi e dai maestri della vita spirituale (25) .
Bisogna in primo luogo tenere come assolutamente false tutte le rivelazioni private, che sono contrarie alla Sacra Scrittura, alle tradizioni divine e apostoliche e alle definizioni infallibili della Chiesa. Questa regola è senza eccezione e non richiede alcun commento. Qui tornano a proposito le parole di S. Paolo : «Se qualcuno vi annunzia un Vangelo diverso da quello di Gesù Cristo, sia anatema» (26) . Una rivelazione, che deviasse anche solo un poco dalla fede, scrive S. Teresa, «mi farebbe capire che essa viene dal demonio così chiaramente, che se tutto il mondo allora mi assicurasse che è di Dio, io non lo crederei» (27) .
La vera profezia, quella che emana da Dio, ha per iscopo la conoscenza della verità divina. La contemplazione però di questa verità non ci istruisce soltanto nella fede, ma ci dirige anche nelle nostre azioni (28) . Illuminazione dell'intelletto per mezzo della verità soprannaturale, orientamento dei nostri atti verso il bene per mezzo della grazia : ecco il duplice fine intellettuale e morale, a cui mira la vera profezia. Di qui una seconda regola. Nessun dubbio sarà più possibile sulla falsità delle rivelazioni, quando esse suggeriscono o comandano la violazione di leggi naturali e divine, quando contengono qualcosa di indecente, e quando infine generano presunzione, orgoglio, turbamento e rilassatezza in un'anima. Similmente non si deve fare alcun conto di quelle rivelazioni particolari, che avessero avuto per organi persone impazienti, ciarlone, mentitrici e ostinate nei loro giudizi. Questi sono appunto i tratti caratteristici dai quali si riconosce l'impostura (29).
Riguardiamo in terzo luogo come dubbiose e sospette le rivelazioni che contengono asserzioni nuove e strane e che hanno per oggetto cose curiose e inutili. Per asserzioni « nuove e strane » intendiamo quelle che presentano, come rivelate da Dio, opinioni rigettate dal più gran numero dei dottori o liberamente discusse nelle scuole o di cui non si trova quasi traccia alcuna negli scritti dei santi Padri. Ancora più sospette sono le rivelazioni che hanno lo scopo di soddisfare una vana curiosità, che trattano di cose puramente umane ed esteriori senza alcun riferimento alla gloria di Dio e alla salvezza delle anime (30) .
Un buon numero di profezie di guerra nascondono invece preoccupazioni politiche e dinastiche mascherate ad arte sotto l'aspetto religioso, nelle quali gli uomini trovano un mezzo facile di propaganda delle loro idee. Altre predizioni denotano semplicemente presso i loro autori, la cura di rispondere alle esigenze del momento o di acuire la curiosità umana. Esse fissano date precise, determinano i luoghi dove si svolgeranno le battaglie, enumerano i castighi con i quali Dio vuole colpire questa o quella nazione, questa o quella categoria di persone. Tutti questi particolari si allontanano troppo dallo scopo della profezia vera, e devono perciò metterci in guardia ed eccitare in noi la diffidenza. Le vere profezie portano il sigillo della loro origine, quando si riferiscono a cose esteriori soltanto nella misura che è necessaria al fine a cui mirano, fine di verità e di bontà soprannaturali.
Una quarta osservazione, non meno importante della precedente, va fatta intorno alle stesse profezie vere, anche le più certe e indiscutibili in quanto alla loro sostanza e al loro complesso. In esse può infiltrarsi una parte più o meno considerevole d'illusione o d'invenzione personale. Dio, concedendo ad anime privilegiate dei favori straordinari di estasi, visioni e rivelazioni, non comunica loro con questo il dono dell'infallibilità nè un'assistenza speciale. Può quindi avvenire che queste anime, a loro insaputa, mescolino all'operazione divina qualche effetto emanante esclusivamente dalla loro propria attività e per conseguenza modifichino e trasformino in un certo grado la natura stessa di questa operazione. Inoltre bisogna notare che le persone che hanno ricevuto comunicazioni divine, sono esposte a nuovi errori quando le raccontano a viva voce o in iscritto, sia perchè mancano loro i termini per esprimere esattamente i loro pensieri, sia perchè i loro ricordi si sono alquanto oscurati con il passare del tempo. Nell'esaminare con diligenza le rivelazioni di santi personaggi dalla Chiesa collocati sugli altari, si sono infatti trovate cose per lo meno dubbiose e qualche volta false.
Conviene infine considerare che le predizioni lanciate in occasione di avvenimenti di guerra, contengono spesso minacce terribili per l'avvenire, quasi che i mali che si soffrono durante la guerra non fossero già assai dolorosi. Ma anche nel caso che la predizione sollevi realmente il velo di un avvenire doloroso, non devono gli animi turbarsi eccessivamente. La teologia cattolica ci dice infatti che la profezia di minaccia ha sempre un carattere ipotetico (31). Le nostre preghiere, le nostre mortificazioni, i nostri sacrifizi , tutte cose previste da Dio nell'ordine delle cause e degli effetti , possono modificare il risultato della minaccia e ottenerci la misericordia in luogo del castigo. « Dio ha determinato , dice S. Tommaso, non solo gli effetti che
devono aver luogo, ma anche le cause e l'ordine secondo cui si produrranno. Ora tra le altre cause sono comprese pure le azioni umane come cause di certi effetti. Bisogna dunque che gli uomini operino, non per mutare con i loro atti i disegni di Dio, ma per produrre con essi effetti conformi all'ordine da Dio stabilito » (32). A questo proposito scrive il P. Poulain S. I.: «S. Vincenzo Ferreri impiegò gli ultimi vent'anni della sua vita ad annunziare che il giudizio finale era vicino. Lo aveva saputo per mezzo di una rivelazione chiarissima, della quale egli comprovava la verità per mezzo di numerosi miracoli... Predicando a Salamanca nel 1412 operò, in testimonianza della sua asserzione, un celeberrimo prodigio, risuscitando una donna, che veniva portata al cimitero, la quale confermò la predizione del Santo. Tuttavia questa predizione così solidamente appoggiata , non si avverò. Questo fatto si spiega dicendo che essa era condizionata. L'epoca del grande Scisma d'Occidente meritava purtroppo come castigo la fine del mondo. Ma questa calamità fu evitata per le conversioni in massa che le minacce e i miracoli del Santo produssero in tutta l'Europa, presso i cattolici, gli eretici, i giudei e i musulmani. Si può credere che tutte le profezie comminatorie, come tutti gli annunzi di favori, siano condizionati» (33).
Qualunque sia la natura delle predizioni che circolano ai nostri giorni, bisogna conservare la calma più virile e un doveroso riserbo nel giudicarle e nell'accoglierle. Per quanto tristi e catastrofici possano essere gli eventi, che esse ci preannunciano, rimane la certezza che siamo nelle mani della Provvidenza divina. I figli non hanno nulla da temere da parte del loro Padre e i peccatori sanno che Dio non vuole la loro morte, ma la loro conversione. Le predizioni di minacce non ci faranno mai perdere la confidenza nella bontà divina. Serviranno soltanto di richiamo e di stimolo alla riparazione dei nostri falli e alla preghiera. Queste sono necessarie nell'ordine stabilito da Dio, e Dio le aspetta.
A. ODDONE S.I.
Notas
(1) A. MICHEL, Questions Théologiques, Beauchesne, 1918 , pp. 212 .
(2) GIUSEPPE CIUFFA, La guerra europea e le profezie. Roma, Desclée, 1916.
(3) Sum. Theol . , II. II q. CLXXIV, a. VI ad 3.
(4) Sono proibiti, dice il CJC ( can. 1399 § 5) « Libri aut libelli qui novas apparitiones, revelationes, visiones, prophetias, miracula enarrant, vel qui novas inducunt devotiones, etiam sub praetextu quod sint privatae, si editi fuerint non servatis canonum praescriptionibus » .
(5) P. GABRIELE DI S. M. MADDALENA, Visioni e rivelazioni nella vita spirituale, Libreria Editrice Fiorentina, 1941.
(6) Coloro che ricevono rivelazioni divine, riconosciute come tali, dopo un prudente giudizio, devono inchinarsi con rispetto davanti a siffatta manifestazione soprannaturale. Secondo certi teologi , essi devono perfino credervi per fede divina e teologale, perchè, dicono essi, lì vi è il motivo formale della fede, l'autorità di Dio rivelatore.
Secondo altri teologi, chi riceve una rivelazione privata certa, deve ad essa aderire sull'istante, non per fede divina, ma per il lume profetico » ( GARRIGOU- LAGRANGE, O. P., Perfezione cristiana e contemplazione, Torino, Marietti, 1933 , pp. 486 .
(7) Sum. Theol. , p . I , q.r , a. 8, ad 2 .
(8) Carta I, cap. IV, 1 ..
(9) Cfr. Études, 20 juillet 1917 , pp. 180-182 . Leone XIII , avendo ricevuto una lettera di Suor Maria del Divin Cuore, che a nome di N. Signore lo pregava a voler consacrare il genere umano al S. Cuore, benchè la stimasse veramente dettata da Dio, la consegnò al Card. Mazzella, dicendogli : « Prendete questa lettera e mettetela per il momento da parte. Studiate la questione in se stessa, soltanto alla luce dei principii della teologia e della tradizione cattolica » ( LUIGI CHASLES, Suor Maria del Divin Cuore, Torino, Internazionale, 1913 , cap . XI) .
(10) Op. cit., 1. III, cap. ult. ( 53) , n. 15 .
(11) De Serv. Dei Beatificatione, 1. II, cap. XXXII, n. II.
(12) Op. cit., 1. III, cap. ult. , n. 15.
(13) In tertiam partem Divi Thomae, Mysteria Vitae Christi, q. XLVI, art. 8, sect. II.
(14) GARRIGOU- LAGRANGE, I. c. , p. 487.
(15) Sum. Theol. , II, II , q. CLXXII, a . I .
(16) Sum. Theol. , II, II , q. CLXXII, a.. I.
(17) L. c.
(18) J. BONNIOT, L'hallucination, in « Études » . 1874 , vol . 31. pag. 821 .
(19) Il Castello interiore, Mansione IV, cap. III, n. 11 .
(20) Op. cit., 1. c. , n. 14. Alle anime che si trovassero in tale « stato pericoloso >>
raccomanda di « fare meno ore di orazione, di mangiare e di dormire di più » ( n. 13) .
(21) Vie de Saint Philippe de Neri par l'abbé BAYLE, chap. 21.
(22) Sum Theol. , I , q. LVII, a. 3. Cfr. il Libro terzo dei Re, cap. XVIII, v. 19 .
(23) Sum. Theol. , II, II, q. CLXXII, a. 5 e 6.
(24) Praxis Confes.
(25) BOLLANDISTI, Acta Sanctorum, passim . BENEDETTO XIV, De serv. Dei beatif., 1. III, cap. 45-53 . Card. BONA, De discretione spirituum . AMORT, De S. IGNAZIO DI LOIOLA, Regole per il Discernimento degli spiriti. S. GIOVANNI DELLA CROCE, La salita del Monte Carmelo.
(26) Gal. , 1 , 9 .
(27) Autobiografia, cap. XV, n. 13 .
(28) Sum. Theol. , II , II, q. CLXXIV, a. 6. Cfr. Études, anno 1806, vol . 15, pag. 45, Les révélations privées.
(29) Sum. Theol. , II , II, q. CLXXII, a . 5 .
(30) Tuttavia c'è un pericolo da evitare. I consigli e le vie di Dio non si misurano con le nostre vedute limitate. Perciò potrebbe accadere che quelle rivelazioni che a noi sembrano perfettamente inutili e senza scopo serio, abbiano invece la loro ragione di essere nei segreti impenetrabili di Dio. Quindi non diciamo di condannarle subito, ma di passarle al vaglio di una critica rigorosa (BENEDETTO XIV, 1. c.).
(31) Sum. Theol. , II, II, q. CLXXI, a. 6 , ad 2.
(32) Sum. Theol. , II, II , q . LXXXIII, a. 2 .
(33) Des Grâces d'oraison , Paris, Beauchesne, 1914, pag. 341 .
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