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MONS. EGIDIO MAURI: IL NATURALISMO E I MISTERI DEL ROSARIO

 

Madonna del Rosario, Lorenzo Lotto, 1539

 

Il Rosario
Memorie Domenicane
Anno Nonno
Fascicolo per la 3ªdomenica de Iuglio
Mons. Egidio Mauri dei Predicatori
Vescovo di Osimo e Cingoli

Roma, 1892

 Vi ha nel Naturalismo, come si disse altra volta [1], due cose inseparabili sempre dai delirii dell'orgoglio , un'elevazione disordinata della creatura superba, ed un avvilimento di lei proporzionato all'altezza delle sue orgogliose presunzioni. Per la via di una indipendenza più o meno assoluta egli presume di poggiare alle inaccessibili altezze della Divinità, e per questa medesima via, proprio perchè osò mettersi per questa via , ei discende all'estremo dell'abbiezione. A riparo di questo doppio disordine che fa il Rosario ? Ai due moti del Naturalismo contrappone due moti contrarii , all'orgoglio che monta l'umiltà che discende , alla ragione che si avvilisce rendendosi mancipio dei sensi , la ragione che, illuminata e guidata dalla fede , guarda in alto e divinamente si trasfigura. Vedemmo ciò rispetto alle preghiere vocali del Rosario [2] ; vediamolo ora, considerandone i misteri.

 

Tolta in mano la corona , io volgo appena a tali misteri la mente, che sento annunziarmi il Dio Redentore. Che larga, che inesauribile sorgente di umiliazioni non è a me quest'annunzio ! Il domma di Dio Creatore mi ricorda che sono Creatura: il domma di Dio Redentore una ben più umiliante verità mi rivela, rammentandomi che io sono creatura ribelle, creatura colpevole e corrotta : l'uno mi riporta al mio nulla nativo, l'altro mi sprofonda nell'abisso, nel cupo e tenebroso abisso di uom peccatore. Il Naturalismo ha un bel dirmi: Tu sei puro, innocente, in ogni parte sano, per ogni rispetto buono. Questa mia purità , innocenza , sanità , bontà perfetta come conciliarle col divino riscatto ? Per illuminarmi , guarirmi , ricomprarmi , salvarmi il Figliuolo di Dio è venuto dal cielo in terra : io dunque senza di lui, senza l'azione redentrice di lui, sono un povero cieco, un povero infermo, un povero schiavo, una creatura totalmente perduta. E sono creatura perduta sin dall'utero materno , perchè fin dall'utero materno il figliuolo di Elisabetta ha bisogno di essere per mezzo di Maria redento da Gesù. Sono creatura perduta, non ostante i privilegi di fortuna , le prerogative dell'ingegno , i tesori accumulati della scienza e sapienza mondana ; perchè appiè della culla di Gesù veggo genuflessi magi e pastori, che val quanto dire monarchi e sudditi , ricchi e poveri , sapienti e idioti. Sono creatura cosi perduta che Maria prevenendo il tempo stabilito da Dio all'universale riscatto si affretta di offrire nel tempio a mia salvezza sin dalle fasce il suo divin pargoletto: cosi perduta, che a mostrarmi la necessità, l'estrema ed urgente necessità che ho di Gesù , ella, che pur gli era intimamente e indissolubilmente congiunta di spirito, per averlo sensibilmente smarrito n'è inconsolabile, e finchè non l'ha ritrovato, finchè non lo stringe di nuovo al seno materno, non si dà pace nè posa.

 

E notate come, anche restringendomi ai soli misteri gaudiosi , l'abisso delle mie miserie mi si scuopre nella sua immensurabile ampiezza e profondità. Già, al semplice annunzio che un Dio viene a redimermi, io comprendo che i miei mali sono infinitamente grandi , naturalmente e per via di sole forze create, irreparabili. Gran cosa è questa. Io ho peccato, e a riparare degnamente il minimo de' miei peccati ci vuole l'opera riparatrice di un Dio. Quante altre vittime non potea presentare all'eterna giustizia da me oltraggiata la divina misericordia ? Vi erano gli angeli, gli arcangeli, i principati, le potestà , i troni , le dominazioni , i cherubini , i serafini ; vi erano nei tesori della divina potenza spiriti senza numero, mondi invisibili di spiriti senza numero, pronti ad offrirsi ed immolarsi per me. E tuttavia questo immenso olocausto era inferiore , infinitamente inferiore al peso di quella minima mia colpa : e un Dio, proprio il mio Dio , il mio Creatore è dovuto venire, ha dovuto porre a mio riscatto sulla bilancia della divina giustizia il peso de' suoi meriti e delle sue riparazioni. Quale pensiero !

Pensiero, che va ognor crescendo di forza e di luce nel meditare che fo le speciali condizioni della santa umanità del Verbo incarnato. Imperocchè, pigliando a mia salute l'umana natura , il Figliuolo di Dio potea comparir subito uomo perfetto , come l'uomo della prima creazione. Ed invece io lo vedo entrare nel seno di una donna, essere da lei concepito, da lei formato, da lei portato in casa di Elisabetta per esercitarvi il primo atto di sua redentrice potenza, nascere di lei dopo nove mesi, andar soggetto a tutte le necessità, a tutte le debolezze, a tutte le umiliazioni dell'infanzia. Nascendo bambino, poteva tra gli splendori delle ricchezze e delle pompe mondane fare il suo ingresso nel mondo. Ed egli invece vi entra povero, il più povero di tutti i poveri. Una stalla, ecco la sua reggia ; una mangiatoia, ecco la sua culla ; un mucchio di paglia, ecco il letto del suo riposo ; miseri pannicelli , ecco le sue vestimenta. Perchè almeno fra tante corporali miserie non manifestare la sua morale segregazione dalla colpevole e contaminata progenie di Adamo ? Ma no ; egli è l'innocenza , è la santità medesima , e tuttavia prende forma di peccatore ; la prende innanzi agli uomini, volendo che la madre sua si assoggetti , come ogni altra madre , alla legge della purificazione ; la prende innanzi a Dio, presentandosi sulle braccia di Maria e di Simeone alla divina giustizia qual peccatore , qual vittima espiatrice di tutti i peccati del mondo. Che orribile dunque , che mostruosa cosa sono io peccatore , vero e gran peccatore, se a mio riscatto, dopo essersi annichilato incarnandosi, ha dovuto un Dio farsi bambino, e fin dalla tenera infanzia patir tanto e tanto umiliarsi ?

Sebbene , o mio Gesù , o divino mallevadore ed espiatore delle mie colpe , ben altri patimenti , ben altre umiliazioni esige in mia vece da voi la divina giustizia. Il Rosario con la meditazione dei misteri dolorosi mi fa viaggiare per questa via di dolori e d'ignominie, e ad ogni passo mi grida: Ecco l'opera de' tuoi peccati. Si , l'opera dei miei peccati sono i tremori, le ambasce, le umili preghiere, le grida pietose, le violente e mortali agonie del Getsemani. Opera dei miei peccati la nudità, i flagelli, le spine, gli schiaffi , gli sputi , gli scherni del Pretorio. Opera de' miei peccati la condanna iniqua, la croce posta sulle spalle del condannato, il cammino affannoso, le cadute frequenti, la ignominiosa compagnia de' due ladri, l'osceno tripudio di tutto un popolo che segue ed insulta la vittima. Opera de' miei peccati è specialmente il Calvario. Che specchio fedele dello stato, a cui mi ha ridotto la colpa , è quel Dio crocifisso ! Che terribile misura dell'abisso ove sono caduto , e dell'abisso più profondo su cui sto sospeso , è lo spettacolo della bellezza , della felicità , della grandezza , della potenza di un Dio, deformata , addolorata , umiliata, annichilata in quella guisa ! Quel doppio abisso è il mio luogo , naturalmente il mio luogo, e mentre il Naturalismo m'invita a salire, a riconoscere l'indipendenza assoluta, l'assoluta sovranità di mia natura , con la corona in mano io discendo in ispirito laggiù, in quella sterminata profondità, ed esclamo: Pietà di me, o Signore, pietà di me peccatore.

Se non che quella divina legge, che minaccia l'umiliazione a chi si esalta e promette l'esaltazione a chi si umilia , domina qui pure, anzi qui domina in modo specialissimo. Alla luce dei misteri medesimi, quanto più mi umilio in me stesso, tanto più nei disegni di Dio e nella sua grazia redentrice mi sento esaltato ; quanto più riconosco la grandezza delle mie miserie , tanto più ammiro l'eccesso delle divine misericordie. Riandando i misteri gaudiosi , io vedo che , essendomi perduto, volontariamente, irreparabilmente perduto, per cercarmi e ricuperarmi il Figliuolo di Dio lascia il suo bel cielo, e dal seno del Padre, ove regna glorioso e beatissimo, scende nell'utero di un'umile Verginella, e di li in una povera grotta, entro una vile mangiatoia. Vedo che la sete di riacquistare i miseri figli di Adamo in lui è così ardente , che appena concepito da Maria va in cerca di loro ; appena introdotto nel mondo chiama appiè della sua culla , nei pastori, le primizie del popolo ebreo, nei Magi, le primizie der popoli gentili. Lo vedo per ben due volte, prima tenero bambinello , poi fanciullo di soli dodici anni , nel tempio , per trattare la nostra causa con Dio , per iniziare a nostro riscatto il suo ministero di sacerdote, il suo officio di maestro. Passando poi dai gaudiosi ai misteri dolorosi , io guardo di nuovo il mio divino Redentore, e non vedo che sangue: sangue, quando agonizza nell'Orto ; sangue, quando è flagellato e cononato di spine nel Pretorio; sangue, quando si trascina con la croce in ispalla al Calvario ; sangue, quando gl'inchiodano mani e piedi nel legno , quando lo sospendono , cosi inchiodato, tra la terra ed il cielo, quando a lui già morto trapassano con una lancia il sacro costato.

Tutti questi misteri hanno davvero una voce che mi dice : sursum corda, su, in alto pensieri, affetti, desiderii, speranze, amori. Un Dio è venuto dal cielo, si è fatto uomo, si è fatto bambino, si è fatto povero, si è fatto vittima per te ; ha dato per te la sua gloria, il suo onore, la sua ricchezza , la sua felicità, la sua vita ; si è lasciato per te tradire , accusare , condannare, flagellare, coronare di spine, crocifiggere, trattare dalla divina giustizia o dalla malvagità umana come un malfattore, un grande ed universale malfattore. Su dunque pensieri , affetti , desiderii, speranze , amori : sursum corda. Quale non è mai nei divini disegni la tua dignità , se un Dio è disceso in persona a cercarti ? Quale il valore dell'anima tua, se un Dio l'ha ricomprata a prezzo del suo sangue ? E frutto di questo sangue, frutto di queste ricerche, di queste umiliazioni , di queste immolazioni divine , quanto grandi , gloriose, beate debbono essere le tue sorti ?

E qui il Rosario mi prende come dire per mano, e trasportandomi di là della tomba mi dice: vuoi tu conoscere le tue glorie avvenire ? Vieni e vedi : veni et vide. Gesù è risorto da morte : e tu pure un giorno risorgerai per non morire mai più. Gesù è salito al cielo: ed il cielo sarà altresi, ove tu corrisponda alle misericordie divine, il luogo tuo. Gesù in un oceano di splendori eterni e di eterni godimenti siede alla destra del Padre : e il trono [3] di Gesù sarà pure tuo trono, la gloria di lui tua gloria, la sua felicità tua felicità. Vieni e vedi : Maria è già risorta , i Santi risorgeranno a suo tempo come lei : e intanto l'una e gli altri , quella in corpo ed anima , questi per ora nella parte migliore di sè , regnano, godono, trionfano in cielo.

Quale spettacolo ! Il Naturalismo non mi parla che di natura, ed io qui non vedo che prodigi di grazia, a cui corrispondono prodigi di gloria. Il soprannaturale m'investe qui da ogni lato , mi domina interamente , è mio riscatto , mio merito, mia speranza, mia salute. Non dipendere che da te stesso , mi dice il Naturalismo. O mio Dio Creatore , o mio Dio Redentore , o mio Dio Glorificatore , con la corona in mano io sento invece il bisogno di morire a me stesso e di non vivere che in voi ; di abbattere il tirannico giogo del mio amor proprio, e d'invocare su me il vostro regno ; d'invocarlo oggi, dimani, sempre ; di stabilirlo in ogni parte del mio essere, nel tempo e nell'eternità.

Note:

[1] Anno 4, fasc. 1°, p. 5.
[2] Ibid. 
[3] Арос. III, 21.

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