Traduttore

P. GIUSEPPE FILOGRASSI, S.J.: LA TRADIZIONE DIVINO APOSTOLICA E IL MAGISTERO ECCLESIASTICO - PARTE III



 P. Giuseppe Filograssi, S.I. 
La Civiltà Cattolica 
Vol. III - Quaderno 2425
Roma, 
1951 


III

 La tradizione è il deposito della rivelazione trasmesso intatto di età in età ; e relazioni strettissime esistono tra il magistero della Chiesa e la tradizione, come abbiamo accertato. Studiando in che modo questa venga tramandata, abbiamo riconosciuto l'immutabilità assoluta della rivelazione, chiusa per sempre con la morte dell'ultimo apostolo (1) .

Immutabile la rivelazione ; immutabile anche il domma, in quanto verità rivelata, capace, però, di progresso omogeneo, in forza del secondo elemento che lo costituisce : la proclamazione dalla parte della Chiesa della verità rivelata dopo un periodo di esplicitazione e precisazione. Al teologo spetta verificare lo svolgimento della linea di progresso, sottoponendo ad esame i documenti del passato : simboli della fede, decisioni di pontefici e di concili, testimonianze di padri e di teologi, forme liturgiche, dati archeologici ecc. Il metodo di esame comporta criteri speciali di valutazione adatti all'indole propria della tradizione divino apostolica.

L'enciclica Humani generis enunzia alcuni criteri con chiarezza tale, che non si riscontra in altri documenti del magistero. La parola del Papa è venuta opportunamente a dissipare ombre accumulatesi nelle menti di teologi e storici del domma ; e riconferma l'insegnamento del Concilio Vaticano, di Leone XIII, di Pio X. La teologia cattolica , che sempre si era conformata alle norme del magistero, riceve luce e conforto da questo suo nuovo intervento.

Il lavoro d'intepretazione appartiene alla teologia cosiddetta positiva, la quale dimostra dove e come nella rivelazione si contenga la verità dommatica. Invece la speculativa ne ricerca il senso esatto, fissa le relazioni e il nesso tra le verità, la convenienza ed analogia con le idee e i principi meramente razionali ; deduce infine altre verità teoriche e pratiche, per legittima conseguenza risultanti dai dommi.

Diamo il testo, assai significativo, dell'enciclica:

« È vero pure che i teologi devono sempre ritornare alle fonti della rivelazione divina : è infatti loro compito indicare come gli insegnamenti del vivo magistero " si trovino sia esplicitamente sia implicitamente " nella S. Scrittura e nella divina Tradizione . Inoltre si aggiunga che ambedue le fonti della rivelazione contengono tali e tanti tesori di verità da non potersi mai, di fatto, esaurire. Per cui le scienze sacre con lo studio delle sacre fonti ringiovaniscono sempre ; mentre, al contrario, diventa sterile, come sappiamo dall'esperienza, la speculazione che trascura la ricerca del sacro deposito. Ma per questo motivo, la teologia, anche quella positiva, non può essere equiparata ad una scienza solamente storica. Poichè Dio insieme a queste sacre fonti ha dato alla sua Chiesa il vivo magistero, anche per illustrare e svolgere quelle verità che sono contenute nel deposito della fede soltanto oscuramente e come implicitamente. E il divin Redentore non ha affidato questo deposito, per l'autentica interpretazione, nè ai singoli fedeli, nè agli stessi teologi, ma solo al magistero della Chiesa. Se poi la Chiesa esercita questo suo ufficio (come nel corso dei secoli è spesso avvenuto) con l'esercizio sia ordinario sia straordinario di questo medesimo ufficio, è evidente che è del tutto falso il metodo con cui si vorrebbero spiegare le cose chiare con quelle oscure ; che anzi è necessario che tutti seguano l'ordine inverso. Perciò il Nostro Predecessore, di imperitura memoria, Pio IX, mentre insegnava che è compito nobilissimo della teologia quello di mostrare come una dottrina definita dalla Chiesa è contenuta nelle fonti, non senza grave motivo aggiungeva le seguenti parole : " in quello stesso senso, con cui è stata definita dalla Chiesa "» (2) .

Quattro norme sono qui indicate : 1 ) il teologo deve tornare alle fonti della rivelazione, cioè alla Scrittura e alla tradizione; 2 ) la teologia positiva non può essere equiparata ad una scienza solamente storica ; 3 ) l'autentica interpretazione dei documenti spetta al magistero, non ai semplici fedeli e neppure ai teologi ; 4) punto di partenza è la dottrina del magistero, per esaminare poi alla sua luce le testimonianze del passato.

 

Compito del teologo

 

Ufficio del teologo è dimostrare che la verità, di cui si tratta, è contenuta nelle fonti della rivelazione, la Sacra Scrittura e tradizione sia implicitamente sia esplicitamente, tenendo conto cioè del legittimo sviluppo del domma, quale sopra si è sufficientemente dichiarato. Se torna sempre alle fonti, ne trae un doppio insigne vantaggio. Primieramente, resta a contatto con la Sacra Scrittura dell'Antico e Nuovo Testamento ; coi precedenti documenti del magistero e, secondo i casi, con le opere dei padri e degli scrittori ecclesiastici, con gli scritti dei grandi teologi e dei dottori, con la liturgia, con le manifestazioni della pietà cristiana ecc. La Scrittura e la tradizione contengono tali e tanti tesori da non potersi mai, di fatto, esaurire. « Per cui

le scienze sacre, con lo studio delle sacre fonti, ringiovaniscono sempre >>. Tocchiamo con mano il contributo prezioso apportato alla teologia dagli studi biblici, coi progressi verificatisi, sotto la guida e l'impulso dei Romani Pontefici, nell'esegesi e nella storia e teologia biblica. E più ancora la teologia se n'avvantaggerà, se si seguiranno le prescrizioni di Pio XII : tra le altre , quella di mettere in valore i commentari dei Santi Padri, dei dottori della Chiesa e degli illustri interpreti delle età passate. Benchè meno forniti di erudizione profana e di scienza linguistica, essi spiccano per soave intuito delle cose celesti e « per un meraviglioso acume di mente, coi quali penetrano sino all'intimo la profondità della divina parola e traggono alla luce quanto può giovare ad illustrare la dottrina di Cristo e promuovere la santità della vita » (3).

Vediamo coi nostri occhi i vantaggi arrecati alla teologia dalle recenti ricerche patristiche e sulle scuole teologiche, quanto alle dottrine professate e allo sviluppo del domma. Sembra, incerti campi più esplorati, di assistere all'opera lenta e saggia di Dio stesso, nel promuovere il progresso per mezzo di attività e diligenza umana. Con l'apporto dello studio dei padri e teologi, si può dire rinnovata da quella che era un cinquant'anni addietro la teologia dei sacramenti, specie della Penitenza e dell'Eucaristia ; della Redenzione, del Corpo mistico di Cristo; dell'inabitazione dello Spirito Santo nelle anime giuste ecc. La mariologia si è costituita in un trattato a parte. Molta luce è venuta dalla conoscenza più esatta della storia interna dei concili antichi e recenti e delle discussioni preliminari alle definizioni. Le edizioni critiche degli atti del Concilio Vaticano e del Tridentino ci arrecano un inestimabile guadagno : quello di delimitare accuratamente il senso del domma definito e di conoscere le ragioni apportate dai migliori teologi del tempo in favore e disfavore.

Dal ritorno continuo alle fonti si ricava un altro notevole emolumento: la teologia speculativa non diventa sterile, come purtroppo è accaduto in momenti o periodi di decadenza. Per mantenersi nella sua dignità, deve avere come punto di partenza la rivelazione ; ad essa tenere rivolto l'occhio sempre, per riceverne lume e sicurezza nel lavoro di approfondimento, di sintesi, di ragionamento discorsivo. Il suo campo è limitato, non essendole concessa la libertà che legittimamente si prende, per esempio, un filosofo. La teologia positiva, poi, aiuta la speculativa a discernere meglio ciò che è nel senso della tradizione, a meglio distinguere quello che appartiene al domma da quello che non vi appartiene, a rettificare le proprie posizioni e stabilire le sue costruzioni su basi più solide (4) . Che se la speculativa taglia i ponti e si sgancia dallo studio della Scrittura e dei padri, prende il sopravvento un metodo troppo esclusivamente razionale e dialettico. L'elaborazione filosofica del materiale teologico cresce in vegetazione lussureggiante e si moltiplicano questioni sottili, perfettamente inutili (5). Le deviazioni della speculativa non si verificarono nel periodo della grande scolastica, bensì in quello della decadenza. Tuttavia, la sua stessa natura rappresentava un pericolo. Per il fatto di promuovere largamente l'uso della ragione naturale e della dialettica, si correva il rischio di non mantenere al dato della rivelazione il suo posto di prevalenza. « Il problema della scolastica è, in fondo, il problema di tutta la teologia » (6).

 

Tradizione e storia

 

Veniamo al secondo criterio formulato nell'enciclica Humani generis.

 

Lo studio dei documenti della tradizione - ch’i è il compiuto specifico della teologia positiva - non può essere equiparato ad una scienza solamente storica. Per l'ovvia ragione che, insieme con la Scrittura e la tradizione, Dio ha dato alla Chiesa il vivo magistero, anche per illustrare e svolgere le verità contenute nel deposito della fede, oscuramente e implicitamente. Al teologo viene in sussidio non la sola scienza storica coi suoi metodi e le sue risorse ; gli si aggiunge un aiuto di più alto valore, il magistero vivo. Questo che con forza particolare si afferma della positiva, vale anche per la speculativa. Il lavoro compiuto da secoli nello scrutare a fondo le nozioni dommatiche, nel comporre l'intero domma in sintesi, nel dedurre altre verità per via di conclusione logica , non è affatto paragonabile ad una sequela di pensamenti ed opinioni filosofiche, dovute ad esercizio d'intelligenza prettamente razionale. Soggiace al magistero, che controlla e indirizza, intervenendo per correggerne le deviazioni, illuminando e dirigendo, quando lo giudichi opportuno e l'importanza della questione lo meriti.

L'intervento del magistero nella speculativa si mostra nell'enciclica Humani generis, a proposito di sistemi filosofici e di espressioni e nozioni mutuate dalla filosofia.

«... La Chiesa non può essere legata ad un qualunque effimero sistema filosofico ; ma quelle nozioni e quei termini, che con generale consenso furono composti attraverso parecchi secoli dai dottori cattolici per arrivare a qualche conoscenza o comprensione del dogma, senza dubbio non poggiano su di un fondamento così caduco. Si appoggiano invece a principi e nozioni dedotte da una vera conoscenza del creato ; e nel dedurre queste conoscenze, la verità rivelata, come una stella, ha illuminato, per mezzo della Chiesa, la mente umana. Perciò non c'è da meravigliarsi se qualcuna di queste nozioni non solo sia stata adoperata in concili ecumenici, ma vi abbia ricevuto tale sanzione per cui non ci è lecito allontanarcene.

Per tali ragioni, è massima imprudenza il trascurare o respingere o privare del loro valore i concetti e le espressioni che da persone di non comune ingegno e santità, sotto la vigilanza del sacro magistero e non senza illuminazione e guida dello Spirito Santo, sono state più volte con lavoro secolare trovate e perfezionate per esprimere più accuratamente le verità della fede, e sostituirvi delle nozioni ipotetiche e delle espressioni fluttuanti e vaghe della nuova filosofia, le quali, a somiglianza dell'erba dei campi, oggi vi sono e domani seccano ; a questo modo si rende lo stesso domma simile ad una canna agitata dal vento. Il disprezzo delle parole e delle nozioni usate dai teologi scolastici, di per sè, conduce all'indebolimento della teologia speculativa, che essi [ i seguaci della nuova teologia] ritengono priva di una vera certezza in quanto si fonda sulle ragioni teologiche» (7).

Torniamo alla positiva, della quale in particolare si occupa l'enciclica e circa la quale più ovvio sembra il giudicare che, esaminando i documenti, debba sottostare alle leggi che governano la scienza storica, senza pretendere un trattamento di favore. Eppure alle esigenze della positiva, appunto perchè teologia, non si soddisfa coi criteri scientifici puramente umani. Deve senza dubbio tenerne grande conto, adoperando con esatto metodo i sussidi della scienza profana. Però, messi in opera tali mezzi, rimane ancora un altro criterio, molto superiore, che sogliamo chiamare dommatico.

A proposito della Scrittura Sacra, l'enciclica Humani generis ribadisce e conferma che :

<< Nell'interpretazione della S. Scrittura essi [ quelli che propongono nuove teorie] non vogliono tener conto dell'analogia della fede e della tradizione della Chiesa ; di modo che la dottrina dei Santi Padri e del sacro magistero dovrebbe essere misurata con quella della S. Scrittura, spiegata, però, dagli esegeti in modo puramente umano; e non piuttosto la S. Scrittura esposta secondo la mente della Chiesa, che da Cristo Signore è stata costituita custode e interprete di tutto il deposito delle verità rivelate » (8) .

Del resto il principio del criterio dommatico, distinto dallo storico e ad esso superiore, si ritrova identico nel giuramento antimodernistico, le cui parole giova richiamare ancora una volta per il loro incalcolabile momento. Dal grande Pio X fu proclamato quel criterio, sempre nella Chiesa praticamente seguito, e che l'eresia modernistica obbligò a formulare nettamente:

« Rigetto inoltre la sentenza di coloro i quali ritengono che il professore o lo scrittore di scienza storico teologica debba anzitutto mettere da parte ogni opinione preconcetta sia sull'origine soprannaturale della tradizione cattolica sia sull'aiuto divino promesso per la conservazione perenne di ciascuna verità rilevata ; e quindi passar ad interpretare gli scritti dei singoli padri coi soli principi della scienza, escludendo qualsivoglia autorità, e con quella libertà di giudizio con cui si sogliono investigare i monumenti profani. In generale, finalmente, mi professo alienissimo dal

l'errore per cui i modernisti sostengono nulla esservi di divino nella tradizione sacra » (Denz.-U. 2146-47).

L. Billot, che ottimamente conosceva la dottrina della Chiesa contro il modernismo, la espone con vivace stile polemico, spiegabile nell'ardore della lotta :

<< Il metodo storico, in contrapposto al metodo teologico, è non solo del tutto insufficiente e sproporzionato, ma anche porta ad errori positivi di ogni genere, quando, dopo i preamboli della fede, intorno alla rivelazione non si agita più il problema della sua esistenza ( An sit) , ma si ricerca quale sia il senso e quale l'interpretazione di ciò che si contiene nelle sue fonti. Lo stesso metodo [ storico], quando arrivi, sotto mentite spoglie di astrazione da norme superiori, a diportarsi con la stessa indipendenza nel costruire le proprie ipotesi o congetture, come se quelle norme superiori non esistessero, ha come propria base un'eresia, tanto più nociva, quanto più artificiosamente dissimulata, tanto più grave, quanto apre più libera la strada alla totale negazione dei dommi rivelati » (9).

 

Non già che vi possa essere mai contrasto fra le affermazioni, certamente dimostrate, secondo i legittimi criteri della scienza storica e le affermazioni, certamente dimostrate, secondo i superiori principi della fede e i propri criteri della teologia (10) . Si vuole soltanto mettere ben al sicuro che le norme consuete dell'arte critica spesso conducono a giudizi meramente probabili, a congetture più o meno verosimili. Orbene, quello che al solo punto di vista della critica storica potrebbe sembrare plausibile, o anche probabile, non è più tale, quando si opponga ad un'altra verità, che per altra via ci si rende nota con ogni certezza (11).

L'intima ragione della differenza tra i due metodi - storico e teologico si riscontra nella stessa loro natura . Il dommatico affronta i documenti sotto la luce della fede e della dottrina della Chiesa odierna ed antica. Quello storico, come tale, li esamina alla sola luce dei fatti, servendosi di norme prettamente umane, grammaticali e filologiche, e ricorrendo a testimonianze, che si collegano col tempo in cui i fatti ebbero o dovettero avere luogo.

I due metodi, se debitamente adoperati, non s'oppongono tra di loro ; piuttosto a vicenda s'aiutano. Si troveranno in opposizione, quando si pecchi dalla parte dello storico o dalla parte del teologo ; o, peggio, dalla parte dell'uno e dell'altro.

 

***

 

Il P. Cavallera, nell'articolo citato, felicemente determina l'ufficio della teologia positiva . Essa non si propone soltanto di raccogliere i documenti della fede cattolica, di descriverli e farne l'inventario ; neppure si contenta di riconoscere il cammino per cui questa fede dagli antichi tempi è giunta fino a noi. Nell'interpretare questi documenti, dopo di averne stabilito il senso materiale, secondo le regole della critica filologica, letteraria, storica, ne mette in rilievo il significato teologico, fissandone alla luce dell'insegnamento del magistero la reale portata, per l'esposizione e la giustificazione dello stesso insegnamento. Comporta dunque, la positiva, una costruzione scientifica, come la teologia speculativa, ma innalzata con altri mezzi. Commenta la rivelazione e il suo dato attuale coi documenti del passato. Nell'esame dei documenti storici, il teologo positivo invece del principio naturalistico adottato dai razionalisti si guida col principio della verità assoluta del cattolicesimo, della cui trascendente realtà è persuaso. « Sarebbe perfettamente puerile d'impigliarsi, a questo proposito, in litigi di parole. Ogni storicha i suoi pregiudizi. Chiunque maneggia i fatti e ne cava una sintesi, deve essere guidato da alcuni principi. Grazie a Dio, non siamo impacciati per dimostrare che i nostri sono i migliori e, in certi casi, i soli ragionevoli » (12) .

Le relazioni fra storia e tradizione ( i cui documenti la teologia positiva interpreta ) sono studiate con diligenza e inconsueta ampiezza dal P. Congar (13) . Dichiara la ragion d'essere e la nozione di teologia positiva ; ne determina l'oggetto formale quod, che è la tradizione, ossia la testimonianza totale sul mistero di Dio, portata dai profeti, da Cristo e dagli apostoli, conservata, interpretata, sviluppata e proposta nella e per la Chiesa di Cristo e degli apostoli, nella e per la Chiesa, una e apostolica ( col. 465 ) . L'oggetto formale quo o la luce della teologia positiva è la luce della rivelazione, in quanto oltre la semplice adesione di fede, s'irraggia nella ragione umana, ne utilizza l'attività, affine di procurare uno stato umano, razionale e propriamente scientifico dell'auditus fidei (col. 466) (14) .

Da ciò segue : 1 ) La positiva è una teologia, non una storia. 2 ) La positiva si elabora alla dipendenza del magistero della Chiesa. 3) A riguardo dei padri e dei teologi, il valore delle loro testimonianze deriva dall'approvazione della Chiesa, che del resto assume varie forme. Tornano opportune, benchè notissime, le parole di S. Tommaso, che manifestano quanto profondo fosse nel grande nostro dottore e maestro, il senso dell'autorità della Chiesa: Ipsa doctrina catholicorum doctorum ab Ecclesia auctoritatem habet. Unde magis standum est auctoritati Ecclesiae, quam auctoritati vel Augustini vel Hieronymi, vel cuiuscumque doctoris (15). 4) Il metodo della teologia positiva richiede tutte le risorse della ragione e del metodo meramente storico, sempre però sotto la vigilanza e la direzione della fede.

 

<< Ecco perchè la teologia positiva trova qualche volta un indizio, una espressione della fede attuale della Chiesa in un documento, che per lo storico non avrebbe tal senso. Così, là dove lo storico non avrebbe potuto trarre una conclusione, il teologo positivo, interpretando quell'indizio, ritrova la continuità dello sviluppo. Ciò avviene, perchè egli avanza con la certezza dell'omogeneità dello sviluppo, col senso di questa omogeneità e con la conoscenza del risultato finale, almeno in sostanza. Quando l'infallibilità pontificia, per esempio, è entrata ufficialmente nella fede comune della Chiesa, il teologo positivo la riconosce espressa o indicata in testi, fatti e istituzioni, nelle quali lo storico, in quanto tale, legittimamente non la vede. Egli non può dare ad un testo se non quel senso che risulta dal testo, considerato in se stesso ; per lui l'implicito non esiste, gli indizi di sviluppi ulteriori non sono facilmente ammissibili e l'esistenza di una dottrina non è riconosciuta, se non quando se ne ritrovi l'espressione documentaria esplicita ».

 

Prima di passare oltre, notiamo che la posizione cattolica è in contrasto insanabile con la mentalità naturalistica e storicistica contemporanea. La quale non conosce che il perpetuo divenire della storia, con l'esclusione di ogni causa trascendente, molto più, soprannaturale. Falso storicismo «che si attiene solo agli eventi della vita umana e rovina le fondamenta di qualsiasi verità e legge assoluta, sia nel campo della filosofia , sia in quello dei dommi cristiani » (16) .

 

Le Chiesa sola interprete autentica

 

Siamo al terzo criterio, prescritto dall'enciclica . Il divino Redentore non ha affidato il deposito della rivelazione per l'autentica interpretazione, nè ai singoli fedeli, nè agli stessi teologi, ma solo al magistero della Chiesa. È autentica l'interpretazione, quando, proposta da chi ne ha la legittima potestà e l'ufficio, impone l'obbligo di riceverla con assenso intellettuale. La norma apparisce evidente, se si ammette il magistero istituito da Cristo, perpetuo e infallibile. Eppure alcuni teologi, lo ricorda l'enciclica, amanti di novità, fanno apparire il magistero come un impedimento al progresso e un ostacolo alla scienza, e alle volte lo ignorano, quasi non esistesse. Quanto s'insegna nelle encicliche dei Pontefici circa il carattere e la costituzione della Chiesa, di proposito ed abitualmente si trascura, con lo scopo di far prevalere un concetto vago, che dicono preso dagli antichi padri, specialmente greci (17).

Quando si discuteva circa l'Assunzione, è sembrato che l'uno o l'altro teologo si arrogasse il diritto di decidere in ultimo appello sopra l'essere o no contenuto quel domma nella Scrittura e nella tradizione.

La formula adoperata nell'enciclica è precisa, forse come non mai in altro documento della Chiesa : l'interpretazione autentica non spetta ai teologi, nè singolarmente nè collettivamente presi ; per l'evidente ragione che Dio non ha affidato il deposito nè ai teologi, nè agli storici.

Vari problemi sogliono sorgere intorno ai documenti: se una verità sia realmente rivelata e quindi contenuta nella Scrittura e nella tradizione ; se vi si trovi implicitamente o esplicitamente.

Distinguono i teologi un doppio genere di contenenza implicita: formale e virtuale (18) . E altri pensano che la Chiesa possegga il potere di definire solo quelle formalmente contenute in altra verità. Altri giudicano che le compete anche di definire le virtualmente inchiuse. Tutti però sostengono che, nell'uno e nell'altro caso, per venire alla definizione, la connessione tra le conclusioni e la premessa debba apparire necessaria o metafisicamente o moralmente. Può accadere che, prima della definizione, i teologi non arrivino a percepire un nesso di necessità fra la prima verità e l'altra dedotta ; ma solo di convenienza per quanto grande e notevole.

 

Il giudizio definitivo spetta solo alla Chiesa.

 

Nei preparativi per la definizione essa si serve dei mezzi umani : ricerche bibliche, studio dei documenti, discussione dei teologi, non esclusi i sussidi delle discipline profane. I mezzi umani però bisogna valutarli con criterio teologico, in quanto si trovano sotto l'assistenza e la direzione dello Spirito Santo. La cooperazione dell'elemento umano col divino, se ha luogo nella Chiesa docente, deve dirsi diretta. Se nelle scuole e fra i teologi — e anche nel popolo cristiano — , è indiretta, subordinata, a servizio della Chiesa docente. Il magistero, nel pronunziare il definitivo giudizio, si comporta in maniera indipendente dai mezzi umani e dalla scienza teologica. L'infallibilità delle definizioni poggia sulla promessa assistenza dello Spirito, non sulla perfezione dell'elemento umano, nè sulla diligenza della ricerca, nè

sulla scienza teologica, in sè e per sè considerata. Assistenza non promessa ipoteticamente, ma in forma assoluta, ogni volta che il magistero, insegnando, definisce. Appartiene certo alla provvidenza di Dio il curare che le debite ricerche precedano ordinariamente la definizione ; e se non precedono, far sì che il maestro supremo non decida. Se però viene all'atto della definizione, ciò che decide è vero, quantunque la diligenza previa fosse o nulla o insufficiente.

 

Problema Antico e nuovo

Qui sorge un problema non nuovo, nè solamente teorico, giacchè di recente è stato in realtà riproposto e discusso. Come arriva il magistero a pronunziare la sentenza infallibile, quando i professionisti della scienza teologica esitano incerti e dubbiosi? Una risposta ci viene subito alla mente : con l'assistenza dello Spirito Santo. Ma e in che modo si svolge tale assistenza ? - Fermarsi ad approfondire il quesito non è superfluo ; porge l'occasione a riflessioni , oggi utili, forse necessarie.

Premettiamo che non si riesce a risolvere il problema con ogni chiarezza, non essendoci noti tutti i mezzi naturali, preternaturali, soprannaturali di cui dispone la divina Provvidenza ; e nemmeno in che maniera se ne serva. Ci è lecito, tuttavia, formarcene un sufficiente concetto. Al che gioveranno ci sembra - le riflessioni seguenti.

1 ) Prima di tutto si rifletta agli studi e alle molteplici ricerche, che sogliono precedere il giudizio della Chiesa . Chi non sa quante trattative e discussioni, a volte ardenti e diuturne, si verificarono nel Concilio di Trento e nel Vaticano? Ora le conosciamo dagli atti ufficiali, resi accessibili con pubblicazioni critiche, e seguiamo l'andamento delle riunioni dei teologi e dei padri conciliari. Gli atti ufficiali delle sedute della commissione dei teologi incaricati di preparare la definizione dell'Immacolata, c'informano quanto fosse laborioso lo studio delle ragioni pro e contro. Per l'Assunzione, non possediamo atti ufficiali ( che si sogliono render noti passato un certo numero di anni ) ; sappiamo che la commissione ha prolungato studi e discussioni per un decennio.

2 ) Riflettiamo in secondo luogo che l'attività del magistero è governata dallo specialissimo aiuto di Dio, giacchè il Concilio Vaticano ci assicura che Gesù Cristo istituì la Chiesa e della propria istituzione le conferì note manifeste, « sicchè potesse

da tutti essere riconosciuta quale custode e maestra della parola rivelata » . La Chiesa per se stessa, a motivo della mirabile sua propagazione, dell'esimia santità e dell'inesausta fecondità in ogni sorta di beni, per l'unità cattolica e la invitta sua saldezza rende irrefragabile testimonianza della divina sua legazione (19) .

3) Riflettiamo ancora che lo Spirito di Dio interviene coi suoi doni. Il Concilio di Trento nel decreto circa la comunione sotto le due specie e la comunione dei bambini, attesta di essere ammaestrato « dallo Spirito Santo che è Spirito di sapienza e d'intelletto, Spirito di consiglio e di pietà » (21). E il Concilio Vaticano si augura che tutti e singoli nella Chiesa crescano e progrediscano nell'intelligenza, nella scienza e nella sapienza (22).

Quasi a modo di commentario delle parole del Vaticano, nell'enciclica Mystici Corporis leggiamo che Gesù Cristo

 

<< arricchisce i pastori e i dottori, e specialmente il suo Vicario in terra, dei doni soprannaturali della scienza, dell'intelletto e della sapienza, affinchè custodiscano con fedeltà il tesoro della fede, lo difendano con coraggio, diligentemente lo ravvivino ; egli infine, sebbene non visto, presiede e guida

i concili della Chiesa » (23) .

 

4) Ancora un'altra riflessione. Il magistero, sempre a contatto coi fedeli, si giova al bisogno anche del loro sensus christianus o della christiana pietas. I tre doni — scienza, intelletto, sapienza non si concedono esclusivamente al magistero ; con le debite proporzioni e limitazioni si estendono anche ai semplici fedeli. Il testo sopra citato del Concilio Vaticano tocca tanto i singoli, quanto la collettività della Chiesa. Alla collaborazione dei fedeli coi Pastori accenna Pio XII , nella costituzione apostolica Munificentissimus Deus, in rapporto al progresso del domma dell'Assunzione. I fedeli «illuminati dalla divina grazia e spinti dall'amore verso colei che è madre di Dio e madre nostra dolcissima, hanno contemplato in luce sempre più chiara l'armonia meravigliosa dei privilegi che il provvidentissimo Dio ha elargito all'alma Socia del nostro Redentore » (4).

A favore del sensus fidelium rende testimonianza la Humani generis, perchè accoglie la dottrina di S. Tommaso circa la capacità dell'intelletto di percepire in qualche modo i beni di << grado superiore dell'ordine morale sia naturale sia soprannaturale » . Esso sperimenta nell'intimo una certa connaturalità, sia essa naturale, sia frutto della grazia, coi medesimi beni.

<< Si comprende come questa conoscenza, per poco chiara che sia, possa essere di aiuto alla ragione nelle sue ricerche » (24).

Noi crediamo che queste riflessioni ci aprano la via all'intelligenza del problema propostoci. Ma, ci teniamo a ripeterlo, non si arriva, nè lo possiamo, ad illuminarlo con tutta evidenza.

Metodo regressivo

L'ultimo criterio prescrive che, se la Chiesa esercita - in forma ordinaria o straordinaria l'ufficio del magistero, « è del tutto falso il metodo con cui si vorrebbero spiegare le cose chiare con quelle oscure ; che anzi è necessario che tutti seguano l'ordine inverso » (25) . A conferma si ricorda la lettera di Pio IX Inter gravissimas ( 28 ottobre 1870 ) contro alcuni sedicenti cattolici, che respingevano l'infallibilità pontificia, poco prima definita, prendendo a pretesto che non fosse contenuta nella Scrittura e nella tradizione.

« Come se non sia questo l'ordine della fede dal nostro Redentore istituito nella sua Chiesa e sempre conservato : che la stessa definizione del domma debba per sè sola giudicarsi quale dimostrazione sufficiente, certissima, adatta per tutti i fedeli, che la dottrina definita si contiene nel deposito della rivelazione scritta o trasmessa per tradizione. Sicchè tali definizioni dommatiche necessariamente sono e in ogni tempo furono incommutabile norma per la fede e per la scienza cattolica : questa ha il compito nobilissimo di mostrare in che modo la dottrina si trovi nelle fonti della rivelazione, in quello stesso senso, con cui è stata definita dalla Chiesa » (26).

Il metodo, consistente nel passare dal più noto al meno noto, è stato chiamato dal Gardeil regressivo (27).

Un saggio insigne di metodo regressivo ce l'offre la costituzione apostolica Munificentissimus Deus. Per dimostrare che la verità dell'Assunzione è rivelata, adduce il fondamentale argomento del consenso del magistero ordinario dei vescovi in comunione col Sommo Pontefice. Le altre ragioni, tolte dalla liturgia, dai padri, dai teologi ecc. , prendono luce e vigore da quel consenso, col quale formano blocco saldo e inconcusso.

Del metodo regressivo - teologico e non meramente storico, specificamente cattolico, diametralmente opposto al metodo modernistico o razionalistico si è sempre servita la Chiesa. Il Concilio di Trento deduce la presenza reale di Gesù Cristo nell'Eucaristia dalle parole dell'istituzione (Hoc est corpus meum; hic est calix sanguinis mei) , perchè non possono intendersi in senso puramente tropico e figurato, contro il senso universale della Chiesa, colonna e sostegno della verità (columna et firmamentum veritatis, 1 Tim. 3 , 15 ) . Lo stesso Concilio vede nelle parole della consacrazione il domma della transustanziazione, perchè tale fu sempre la persuasione nella Chiesa (persuasum semper in Ecclesia Dei fuit ) (28) .

Adoperiamo il metodo regressivo nella teologia cattolica, quando, per discernere il vero senso della Scrittura, ricorriamo alla posteriore interpretazione tradizionale ; quando scopriamo il pensiero dei padri più antichi alla luce dei posteriori e del magistero della Chiesa ; quando stabiliamo il senso preciso di alcune profezie dell'Antico Testamento, alla luce del loro compimento nel Nuovo.

L'ultima ragione della legittimità del metodo regressivo è l'assistenza dello Spirito Santo, per cui la Chiesa discerne la parola di Dio da quella che non è e ne dà il senso autentico. Di fronte alla Chiesa noi siamo come il discepolo che a fatica e con incertezza spiega il testo difficile di un autore classico. Viene in soccorso un maestro, dotto e sperimentato : il senso del testo diviene facile ed aperto.


***

Nel decorso della nostra trattazione si è sempre discusso nell'ipotesi di una definizione dommatica. Evidentemente, in molti casi la Chiesa parla e decide non perentoriamente. L'enciclica Humani generis ricorda l'obbligo di rifuggire pure da quegli errori, che in maggiore o minore misura si avvicinano all'eresia. Esige che si aderisca agli insegnamenti delle encicliche dei Papi, anche se non vi esercitino il potere del loro magistero supremo (29) . Adesione, com'è naturale, inferiore all'assenso di fede divina. Può accadere che la Chiesa parli, ma senza decidere, lasciando libero il campo alla discussione. Può non parlare affatto su ricerche e controversie teologiche. Allora i teologi lavorano a proprio rischio e pericolo con quella serietà di metodo e ponderazione di giudizio che esige il loro compito, tanto alto e delicato ; pronti a rimettersi ad un eventuale giudizio della Chiesa.

 

Tradizione in senso pieno

 

Per tornare al concetto di tradizione, donde abbiamo preso le mosse, ora si comprende che la tradizione in senso pieno si verifica, quando la Chiesa è intervenuta in maniera infallibile. Nello stadio precedente, la tradizione è quasi in fieri e in via all'ultimo termine. Una volta compiuto il progresso, i monumenti e documenti antichi dimostrano la concordanza della fede presente con l'antica. Durante il periodo di progresso, la Chiesa o non interviene o non infallibilmente ; così di grado in grado la tradizione divino apostolica si rafferma e infine è sancita con infallibile certezza.

Quanto accadde per l'immacolata concezione di Maria riesce altamente istruttivo. La Santa Sede intervenne la prima volta con le due costituzioni di Sisto IV (28 febbr. 1476, 4 sett. 1483) . Il Papa approvò la Messa e l'ufficio dell'Immacolata ; ma vietò che nelle polemiche, favorevoli e contrari al privilegio mariano, si dessero a vicenda dell'eretico. Perchè - dichiarava Sisto - finora dalla Chiesa romana e dalla Sede Apostolica nulla è stato deciso (Denz.-U. 734-735 ) . Il Concilio di Trento rinnovò le costituzioni di Sisto IV, protestando non essere sua intenzione comprendere nel decreto sul peccato originale « la beata e immacolata Madre di Dio, Maria » (Denz. - U 792). Alessandro VII, nella bolla dell'8 dicembre 1661 , riconoscendo che ormai quasi tutti stavano per l'immacolata concezione, rinnovava le costituzioni e i decreti dei Romani Pontefici a favore di questo privilegio (Denz.-U. 1100) . La definizione infallibile ebbe luogo, com'è noto, l'8 dicembre 1854.


P. G. FILOGRASSI S. I.

 

(1) Cfr. Civ. Catt. 1951 , III , 384-393.

(2) Citiamo sempre i testi dell'enciclica secondo la versione data nel nostro periodico : Civ. Catt . 1950, III , 464, n. 21 .

(3) Encicl. Divino afflante Spiritu, in A.A.S. XXXV ( 1943) , p. 340.

(4) F. CAVALLERA, La théologie positive, in Bulletin de Littérature ecclésia

stique, XXVI ( 1925), p. 28.

(5) Cfr. M. GRABMANN, Die Geschichte der katholischen Theologie, Freiburg i.

Br. , 1933, pp. 93-94 ; M. J. CONGAR, s . v. Théologie, in Dictionnaire de Théologie

Catholique, 407-410.

(6) M. J. CONGAR, op. cit . , 410.

(7) Civ. Catt. 1950, III , 462 , nn. 15 e 16.

(8) Civ. Catt. 1950, III , n. 22. A. BEA, L'enciclica Humani Generis e gli studi biblici, in Civ. Catt. 1950, IV, 417-430. La Pontificia Commissione Biblica, nell'Istruzione per l'insegnamento della Scrittura nei Seminari ( 13 maggio 1950) poco prima della pubblicazione dell'enciclica, indica la maniera propria dell'esegeta cattolico. Nel determinare il senso letterale della Scrittura, il professore di esegesi non si limiti a spiegare le parole singole e il contesto prossimo, ma accuratamente esamini i testi consimili, nell'esplicazione del testo tenga conto della dottrina dei padri e della tradizione cattolica e dell'analogia della fede e, eventualmente, delle decisioni della Chiesa. Il professore di esegesi occorre che sia egregiamente versato anche nella sacra teologia ; nè mai, poggiato sui soli principi critici e letterari, discordi da quanto richiede l'insieme della formazione teologica degli alunni. Cfr. A.A.S. XLII ( 1950) , p. 501 .

(9) L. BILLOT, De immutabilitate traditionis, ed. 3º, Roma 1922, § 2, p. 81 .

(10) Per il Concilio Vaticano, l'apparente contraddizione tra la fede e la ragione nasce specialmente da ciò che o i dommi della fede non s'intendano ed espongano secondo la mente della Chiesa o si abbiano come ferma ed assoluta verità quelle che sono semplicemente false opinioni (DENZ.-U. 1797).

(11) BILLOT, op. cit . , p. 87-88.

(12) F. CavalleRA, La théologie positive, in Bulletin de Littérature ecclésiastique XXVI ( 1925) , pp. 28-29. Commentando il testo della Humani generis, lo stesso Cavallera nota che la Scrittura e i padri devono confermarci nella certezza di possedere attualmente la verità e aiutarci a mantenere luminosa la linea della tradizione che vivifica il presente, per il suo contatto col passato. Lo studio dei padri e della Scrittura deve sviluppare in noi un'assoluta confidenza nella direzione autentica del magistero per la sua azione nel passato come nel presente. Tocca al magistero proiettare su queste lontane origini la luce apportata dai secoli sotto la direzione dello Spirito Santo. Le nostre ricerche di teologia positiva devono riuscire a confermare il suo insegnamento non a contraddirlo. La Bulle Munificentissimus Deus et l'Encyclique Humani generis, in Bulletin de Littérature ecclésiastique ( 1951 ), p. 9.

(13) Dictionnaire de Théologie Catholique, s. v. Théologie, 462-472.

(14) In theologia fidei, principium subiectivum cognoscens est quidem ratiohumana, sed instructa et adiuta lumine fidei, ut theologia sit suo proprio obiecto consentanea, sicut oportet. J. B. FRANZELIN, De Deo Uno, prolegomenon de Theologiae obiecto, II . De ratione formali theologiae fidei, Roma 1876, ed. 2ª , p. 11.

(15) Summ. Theol. , 2ª 2ª , q. 10, a. 12 . 

(16) Encicl. Humani generis, in Civ. Catt. 1950, III , 459, n. 7.

Cfr. OLGIATI,

Rapporti tra storia, metafisica e religione, in Rivista di Filosofia neoscolastica,

XLIII ( 1951 ), pp. 1-38.

(17) Civ. Catt. 1950, III, 462-463, nn. 15-17 .

(18) Si suol dire che una verità è implicita in un'altra formalmente, quando da essa si deduce con raziocinio puramente esplicativo. Vi è contenuta virtualmente, quando si deduce con raziocinio strettamente illativo. Il raziocinio meramente esplicativo non conchiude ad una verità nuova ; e la conchiusione si contiene nella premessa come il definito nella definizione, o come parte del tutto. Col razio esplicativo non conchiude ad una verità nuova ; e la conchiusione si contiene nella causa, o come proprietà relativamente all'essenza. - Basti aver richiamato questi concetti. Non abbiamo lo scopo di risolvere le sottili questioni, riferentisi al virtuale e al formale. Fuori dubbio -

e pare che i teologi finiscano per confessarlo - spesso è molto arduo decidere se si tratti di contenenza formale o virtuale.

(19) Const. de fide catholica (Denz.-U. 1793-1794).

(20) Conc. Trid. (DENZ.-U. 930).

(21) Conc. Vat. Const. de fide catholica (DENZ.-U. 1800).

(22) Encicl. Mystici Corporis, A.A.S. XXXV ( 1943) , p. 22. Cfr. M. D. Koster,

Volk Gottes im Wachstum des Glaubens, Heidelberg 1950, p. 78 ss. Il Koster

mostra in che modo i tre doni illuminano i maestri autentici della Chiesa.

(23) Const. Apost. Munificentissimus Deus, A.A.S. XLII ( 1950), p. 758.

(24) Cfr. Civ. Catt. 1950, III , 469, n. 34. - Ad tertium dicendum, quod lumen fidei facit videre ea, quae creduntur : sicut enim per alios habitus virtutum homo videt illud, quod est sibi conveniens secundum habitum illum ; ita etiam per habitum fidei inclinatur mens hominis ad assentiendum his, quae conveniunt rectae fidei, et non aliis . (2ª 2ªe, q. 1 , a. 4, ad 3) . Rectitudo iudicii potest contingere dupliciter: uno modo secundum perfectum usum rationis : alio modo propter connaturalitatem quamdam ad ea de quibus est iudicandum. Sicut de his quae ad castitatem pertinent, per rationis inquisitionis recte iudicat ille qui didicit scientiam moralem : sed per quamdam connaturalitatem ad ipsa recte iudicat ille qui habet habitum castitatis. ( Ivi, q . 45 , a . 2) . Sul sensus fidelium , cfr. Marín- Sola, L'évolution homogène du dogme catholique, Friburgo 1924, tomo I , p. 393 ss .; D. M. KOSTER, Volk Gottes in Wachstum des Glaubens, cit. , p. 78 ss .; E. Neubert, De la découverte progressive des grandeurs de Marie, Parigi 1951 , p. 13 ss.

(25) Civ. Catt. 1950, III , 464, n. 21 .

(26) Pio IX, Inter gravissimas, in Acta, parte 1, v. 5 , p. 260.

(27) A. GARDEIL, La réforme de la théologie catholique. Idée d'une méthode regressive, in Revue Thomiste, XI ( 1903) , pp. 5-19.

(28) Conc. Trid. Decr. de Eucharistia (DENz.-U. 874, 877) . Dall'esame di molti

documenti della Chiesa, ci pare di potere affermare che, in generale, i testi della

Scrittura e dei padri vengono interpretati alla luce del magistero.

(29) Civ. Catt. 1950, III , 463-464, nn. 18-21 .

 


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