LA CIVILTÀ CATTOLICA: LA PSICOLOGIA DELL' IMAGINAZIONE SECONDO L'AQUINATE
I.
Lo studio profondo ed ordinato del composto umano, e di tutte le facoltà intellettive e sensitive, che l'adornano, è uno dei pregi singolarissimi della dottrina filosofica di San Tommaso d'Aquino. Il quale, col suo sguardo di aquila, o a dir meglio, colla sua mente angelica penetrò felicemente in tutte le questioni più ardue e complesse, che riguardano la natura dell'uomo. Non si vuol dire con ciò, che il santo Dottore abbia in certo modo piantate le colonne di Ercole; oltre le quali gli scienziati non possano spingere le loro ricerche, a fine di scoprire altre verità, e concorrere all'aumento progressivo dello scibile umano. Per convincersi di questo basterà il riflettere ai seguaci delle dottrine dell'Aquinate ; i quali pel decorso di un periodo già lungo di secoli, camminando sulle orme del loro Maestro, arricchirono la scienza d'insigni monumenti del loro sapere. Francesco Suarez, a volerne citare un solo tra i molti, coi suoi ventidue volumi in folio, mentre con ingegno acutissimo, che gli meritò il titolo di Dottore esimio, discopre e sviluppa i tesori racchiusi nelle opere dell'Aquinate, infligge una solenne mentita a quei nostri filosofi ammodernati, pei quali la filosofia di San Tommaso non sarebbe buona ad altro, che a confinarsi mummificata nelle sale di un museo scientifico.
Di questa opinione è il Dr. Luigi Ambrosi; il quale nel suo recentissimo libro, parlando della filosofia dell'Angelico, così si esprime : « La filosofia di San Tommaso è l'imagine del suo tempo. Essa è un'opera artificiale certo inferiore alle geniali dottrine dell'antichità e specialmente a quella diAristotele, ma tuttavia tale da completare quest'ultima e da darle maggiore precisione. Si direbbe che a questo esclusivamente miri l'Aquinate, quando di null'altro si cura che di decomporre, dividere e suddividere le questioni fino alla sottigliezza, senza preoccuparsi troppo nè della novità nè dell'originalità (1)».
Riguardo poi al modo, col quale San Tommaso tratta della facoltà immaginativa, l'egregio Professore ci dice : « La dottrina dell' imaginazione, quale si ritrova in San Tommaso, torna a riprendere le meschine proporzioni di una teoria, che attribuisce a questa facoltà solamente l'ufficio di dare una forma rappresentativa ai dati della sensibilità o a quelli dell'intelligenza; essa inoltre presenta gli effetti dell'opera sua in modo che non potrebbero essere accettati da una dottrina veramente spiritualistica ; per la quale l'imaginazione non deve concepirsi come un archivio a caselle, ma come una funzione, che produce e riproduce le rappresentazioni facendole passare dalla potenza all'atto (2). >>>
La filosofia di San Tommaso, e segnatamente la sua dottrina intorno all' imaginazione non incontrano dunque l'approvazione del professore Ambrosi. Ma può ritenersi conforme al vero un tale giudizio portato dall'egregio professore intorno alla filosofia di S. Tommaso in generale ? E rispetto all'argomento particolare, che ci siamo proposti di svolgere, la psicologia dell'imaginazione è monca e sbagliata, ovvero all'opposto è pienamente e scientificamente trattata nella dottrina dell'Angelico Dottore ? Dopo che avremo risposto alla prima dimanda, passeremo ad occuparci della seconda. Si noti però , che volendo noi ora studiare brevemente e nei sommi capi la psicologia dell' imaginazione secondo l'Aquinate, non intendiamo fare una rivista del grosso volume del Professore Ambrosi, e molto meno scrivere un trattato sulla psicologia dell'imaginazione. La filosofia di San Tommaso è l' imagine del suo tempo ! È questa la solita protesta obbligatoria, che i filosofi moderni devono premettere affinchè si accattivino la benevolenza dei loro lettori, schierandosi sotto la bandiera del tempo nuovo, indulgente ammiratore di ogni teoria filosofica, purchè questa si dichiari disprezzatrice di quella del tempo vecchio. Inoltre l'Ambrosi sentenzia essere la filosofia dell'Aquinate un'opera artificiale. Se egli intende per artificiale le regole della sana logica e della forma sillogistica osservate dall'Angelico Dottore, non sarebbe una censura, ma una lode degna di ogni filosofo, il quale si voglia premunire nell' investigazione della verità dalla fallacia di zoppicanti e sbagliati ragionamenti. Ma se per artificiale l'Ambrosi ha voluto appiccicare alla filosofia dell'Aquinate la nota di un abile raccozzamento di teorie filosofiche, fatto sul modello di un lavoro poetico o di un castello edificato nell'aria, con tutto il rispetto che noi dobbiamo al merito ed all'erudizione del dotto Professore, siamo costretti a definire il suo giudizio evidentemente falso. Dappoichè il decomporre, il dividere, e suddividere le questioni lungi dall'essere una sottigliezza, che si debba tollerare soltanto nelle dispute intemperanti dei sofisti, non si può mettere assolutamente da canto senza rinnegare pel fatto stesso la natura della nostra facoltà discorsiva. Ed in vero è proprio dell'intelletto angelico il non aver bisogno di raziocinio per comprendere e discoprire la verità ; ma noi uomini, dovendo procedere dal noto all'ignoto, dalla conoscenza della verità immediata alla conoscenza della verità mediata, che in quella prima si racchiude, siamo premuniti contro il pericolo di sragionare, e di scambiare lucciole con lanterne, il certo coll'incerto, la tesi coll' ipotesi, mediante la divisione e le suddivisioni della materia scientifica, che vogliamo studiare ed approfondire.
Ed oltre a criticare l'antichità e la sottigliezza nella filosofia di San Tommaso il Professore Ambrosi dice, che il Santo Dottore non si preoccupa troppo nè della novità nè dell'originalità. Ma se si prende la novità e l'originalità nel retto senso, che meritamente si attribuisce a quei sommi, che di tempo in tempo si elevano al di sopra della comune degli uomini dotti, e, facendo tesoro delle opere scientifiche già date alla luce, segnano un progresso notevole nello sviluppo ed incremento della scienza, chi mai oserebbe negare che la novità e l'originalità compete di preferenza alla filosofia dell'Aquinate ? Che se invece coi nomi di novità e di originalità si vuol significare il sistema purtroppo invalso ai giorni nostri, di stampare volumi di filosofia moderna, nei quali l'autore, rimpinzando le sue pagine di ardite affermazioni e di gratuite negazioni, non miri ad altro, che ad assicurarsi l'epiteto di nuovo ed originale, oh noi allora dobbiamo convenire, che alla filosofia di San Tommaso non si addice affatto un encomio di natura cotanto maligna.
II.
Sentiamo ora il paragone, che l'Ambrosi fa di Sant'Agostino con San Tommaso. « Se fosse qui il luogo di stabilire un confronto tra l'autore della Somma e quello delle Confessioni, diremmo, che dove quest'ultimo, come il suo maestro Platone, abita nelle regioni dell' ideale, e ha il soffio originale e potente del genio e il suo stile è tutto pieno di splendore, di grandezza e di eleganza, e persino nella dialettica austera introduce movimento, vita, e grazia; l'altro invece, come il suo maestro Aristotele, rimane sempre nella scuola, severo come l'analisi, freddo come l'astrazione, con uno stile ove la fermezza, il vigore e la precisione non vengono mai meno, ma dove è difficile trovare una parola, che parta dal cuore, che elevi la fantasia e riscaldi il sentimento (3). »
Primieramente noi facciamo osservare all'erudito Professore, che tra la dottrina insegnata da Sant'Agostino e quella dell'Aquinate esiste una pienissima conformità. Chiunque infatti ha percorso le opere di San Tommaso trova citato Sant'Agostino con una tale frequenza in conferma di quello che si asserisce e si dimostra, da potersi dire con tutta verità, che quei due genii s'incontrino, si spieghino, e si compiano a vicenda. In quanto poi alla diversità dello stile il nostro Professore comprende benissimo, che oltre alla natura individuale di ogni scrittore, la differenza dello stile dipende dalla forma didattica, oratoria, poetica intesa dall'autore. Or bene : San Tommaso, scrivendo per la scuola, se, oltre alla fermezza, al vigore, ed alla precisione, avesse cercato dilettare i suoi discepoli, con uno splendido eloquio, e peggio ancora con una elevazione di fantasia, sarebbe riuscito a diminuire la fermezza, il vigore, e principalmente la precisione del raziocinio. Manon per questo l'Aquinate manca di elevazione; dappoichè in luogo di elevare inopportunamente la fantasia, egli eleva l'intelligenza colla sublimità dei suoi concetti esposti con ammirabile chiarezza, e che appagano la mente del lettore, manoducendolo a discoprire il vero nelle più alte regioni e nelle cause più remote. Inoltre il Professore dice essere difficile trovare in San Tommaso una parola, che parta dal cuore, e riscaldi il sentimento. Noi però gli facciamo riflettere, che nelle dispute filosofiche sarebbero fuori di posto le perorazioni affettuose, che distrarrebbero la mente dall'esame sereno e spassionato della verità. Nondimeno quanto più la parola del filosofo apparirà sincera, senza idee preconcette, e studiosa di cercare e difendere la verità, tanto più la sua parola dovrà dirsi, che parte dal cuore, e che sia adatta a riscaldare il sentimento in conformità delle dottrine, che si vanno svolgendo. Ora, fermandoci solamente alla Somma teologica, chi mai oserebbe negare, che studiandola dove si ragiona delle passioni, delle virtù, della beatitudine eterna, della natura dell'essere di Dio e dei suoi attributi, dell'opera della Redenzione, non si senta una parola che parte dal cuore, e che eccita i sentimenti più nobili tendenti a perfezionare l'uomo, e spingerlo a cercare la sua vera felicità ?
«Ma bisogna pure ammettere, dicono molti dei più benigni tra gli oppositori, che San Tommaso è un teologo anzichè un filosofo . I suoi principii sono dommi rivelati, cioè misteri : le sue prove sono testi della Bibbia e sentenze dei Concilii e dei Padri della Chiesa; il suo criterio di verità in ogni questione sono gli articoli del credo. Non è dunque da cercare nelle sue opere una scienza ragionevole : è filosofia di nome, teologia di fatto » . Ciò dicono e ripetono coloro, che il più delle volte non ne avranno letto neppure una pagina. Certamente San Tommaso è il primo e sommo dei teologi cattolici, ma è insieme, il primo e sommo dei filosofi cristiani. E se come teologo si attiene all'autorità della Bibbia e della Chiesa, come filosofo non ha altra guida ed altro criterio che la ragione. Non v'ha questione filosofica di qualche rilievo che egli non abbia trattata, e non ve ne ha una sola, che egli abbia troncata con l'autorità di un testo dommatico; non una che egli non abbia discussa e risoluta per via di ragionamento più puro e schietto di quello di Spinoza, di Kocke, di Kant, e di chi che sia. Dire adunque che egli non è filosofo, perchè procede a norma di autorità e non di ragione, è una falsità e una menzogna patente.
Il professore Ambrosi innanzi di esaminare in che modo sia stata considerata da San Tommaso l'imaginazione, premette un suo elogio al merito e all'opera dell'Angelico Dottore : « Come intrattenendoci, egli dice, piuttosto a lungo sopra Sant'Agostino noi abbiamo inteso rendere omaggio a una mente, la quale, possedendo in grado eminente lo spirito di organizzazione, riassume in sè tutta un'epoca storica del pensiero filosofico, e precisamente la Patristica, ed il costituirsi e il trionfare del dogma; così, per non interrompere il filo della continuità storica del pensiero filosofico, accenneremo brevemente ad un'altra grande intelligenza, la quale, quantunque diversissima da quella ora conosciuta, ha di comune con essa il merito di riassumere e rappresentare tutto un lungo periodo storico, e appunto quello che sotto il nome di Scolastica precede il sorgere del Rinascimento e della filosofia moderna (4)». -Ma perchè il dotto professore, servendosi nientemeno che di un grado superlativo, vuol chiamare diversissima l'intelligenza di S. Tommaso da quella di Sant'Agostino ? Noi già abbiamo notato più sopra, che in quanto ai principii della scienza teologica e filosofica quei due insigni Dottori procedono all'unisono. Per la qual cosa volerli chiamare diversissimi a motivo solamente del metodo e dello stile, che li distingue, ci sembra una esagerazione, che non può aver luogo in una critica filosofica.
Inoltre, a giudizio del Professore, il merito principale di San Tommaso, e forse l'unico in quanto filosofo, consisterebbe nell'avere riassunto tutto il periodo storico della scolastica, dalle cui ceneri, a guisa di una novella fenice, sorse e rinacque la filosofia moderna ! E certamente, come avverte l'Ausonio Franchi, è unanime sentenza degli storici, che San Tommaso sia il principe degli scolastici. In lui la scolastica trovò il sommo della sua potenza e grandezza. Egli superò tutti i suoi antecessori e successori per l'altezza e la profondità di mente, acume e rettitudine di giudizio, ordine e chiarezza di esposizione. Però al cospetto dei filosofi moderni egli non conserva altra importanza, che un valore storico, e non presenta nulla di singolare; cioè, diciamo noi, nulla che accusi mai presunzione qualsiasi di dir cose nuove, originali, di apparire scopritore, rinnovatore, riformatore ; nessun principio, che ripugni al senso comune, ed al senso morale del genere umano. Nelle questioni e teorie filosofiche tutti i suoi ragionamenti cominciano sempre da principii o fatti evidenti per sè, noti a tutti, connaturali alla ragione e coscienza umana; e li svolge, li esplica, li solleva alle più sublimi e profonde speculazioni senza mai ribellarsi alla logica naturale; talchè basta capire i termini per poterlo e doverlo seguire, come si segue spontaneamente, necessariamente il filo delle deduzioni geometriche. E pure, mentre da una parte tutto è antico, dall'altra tutto apparisce nuovo : appunto come la verità, che soggettivamente si viene a conoscere di giorno in giorno, ma oggettivamente si riconosce eterna (5).
Quanto sono diversi i filosofi moderni! Per loro la filosofia non ha da svolgere e compiere, ma da sovvertire e distruggere i principii ed i fatti di senso comune, quali pregiudizii del volgo ignorante ed illuso. Per loro non si è filosofo, se non in quanto si nega e si deride tutto ciò che han detto e pensato, tutto ciò che dicono e pensano gli altri uomini universalmente. Ed ognuno si reputa e si vanta tanto migliore filosofo, quanto più son nuove e strane, e inaudite, e incredibili, e inconcepibili le sue teorie. E tutti a gara paiono tenere per supremo criterio di verità : la filosofia, anzi la scienza, essere il rovescio della ragione e coscienza umana.
Così, per esempio, il panteismo nega l'individualità degli enti, e quindi anche la personalità dell'uomo (la sua formula sarebbe : Io non sono io, Io so di non esser io). Lo scetticismo nega la certezza di ogni giudizio: e quindi afferma la illegittimità di ogni affermazione (sua formula: Io son certo di non poter essere certo di nulla ; Io affermo ciò che nego, e nego ciò che affermo). L'hegelianismo nega il principio di contraddizione ; ed anzi piglia la contraddizione non per carattere dell'assurdo, ma per criterio del vero (sua formula : Io sono non io : L'essere non è, ed il non essere è). E per finirla, il positivismo, che sotto varie forme è la scuola dominante oggidi, nega la realtà delle qualità sensibili dei corpi, cioè del mondo; e insegna che l'estensione e lo spazio, il moto e il tempo, con tutti quanti i fenomeni e gli oggetti percepiti e percettibili dalla vista, dall'udito, dal tatto, non sono proprietà reali delle cose, ma prodotti soggettivi della nostra imaginazione ; vale a dire che il mondo non esiste, se non in quanto noi proiettiamo, localizziamo fuori di noi le nostre sensazioni ; e però non sono i corpi che producono in noi la loro imagine, ma siamo noi che trasformiamo in corpi esterni le nostre interne modificazioni (sua formula : Io vedo quel che non vedo, lo sento quel che non sento). Onde la conseguenza, che ciascun uomo è creatore del suo mondo, di tutto ciò che da lui vien percepito e conosciuto. Il che è quanto dire, che lo stato naturale della mente umana è l'allucinazione e il delirio.
Noi, seguaci dell' Angelico Dottore, molto volentieri ci dichiariamo retrogradi, anzichè partecipare anche in minima parte a questo progresso scientifico di nuovo genere, strombazzato dalla filosofia moderna.
Ma forse che per questo noi veniamo a ripudiare il vero progresso ? La scienza della natura, rispondiamo opportunamente col già lodato Ausonio Franchi, in quanto è scienza sperimentale (fisica e chimica, mineralogia e botanica, anatomia e fisiologia, ecc.) dal secolo XIII al XIX ha fatto dei progressi ammirabili. Nè v'ha seguace cosi fanatico di San Tommaso, che osi predicarlo maestro di queste scienze naturali. Ma Dio, mondo ed uomo, in quanto sono oggetto della metafisica, logica, psicologia ed etica, non sono scoperte nè invenzioni moderne; nè vanno esposti a quelle mutazioni e trasformazioni, che da tre secoli in qua si van succedendo nelle scienze sperimentali. Che anzi molti dotti e maestri di scienze naturali, fra i chimici, fisici e fisiologici, hanno potuto addimostrare come, lungi dall'essere scosse da quelle nuove scoperte, le teorie di San Tommaso ricevono una nuova conferma dai progressi ottenuti in quelle scienze. Per la qual cosa la filosofia dell'Aquinate con l'andare dei secoli non è invecchiata mai ; ha resistito all'opera edace e demolitrice del tempo ; è sopravvissuta alle ruine successive di tante scuole e di tanti sistemi ; e da un mezzo secolo in qua si mostra ben più viva, robusta e feconda di molte altre, che la gridano morta e sepolta, mentre sono esse che l'una dopo l'altra cadono e precipitano nell'oblio universale (7).
Passiamo ora ad esaminare il giudizio pronunziato dal Professore Ambrosi intorno alla facoltà dell'imaginazione, secondo che questa è trattata nella dottrina dell'Angelico Dottore. « Si sa, dice l'Ambrosi, quanto dominasse nella filosofia scolastica sopra tutti gli altri il problema riguardante gli universali, nel quale può dirsi che consistesse il punto di convegno di tutte le svariate e discordi dottrine del medioevo; non può sorprendere quindi se nella psicologia del maggiore filosofo scolastico, tutte le funzioni dell'anima, e perciò anche l'imaginazione, siano considerate principalmente nel loro contributo alla formazione di questi universali. È nota abbastanza la teoria delle idee-imagini a torto attribuita ad Aristotele e di cui non è responsabile neppur San Tommaso, poichè essa era già sorta col secolo XII, come ci apprende Guglielmo de Couches. San Tommaso, accettando queste idee-imagini dai suoi antecessori , dichiara esplicitamente, che l'esistenza di queste idee è necessaria a tutte le operazioni dell'intelligenza (7) . »
Le idee-imagini sono accanitamente perseguitate dal nostro Professore. Nelle parole, che noi citammo sin da principio, egli giunge nientemeno ad asserire che la dottrina della imaginazione, com'è proposta da San Tommaso, non può essere accettata da una dottrina veramente spiritualistica (quale sarebbe, diciamo noi, la dottrina materialistica della filosofia moderna) ; e che l'imaginazione vien concepita da San Tommaso, come un archivio a caselle (similitudine, diciamo noi, importunamente appiccicata alla dottrina veramente spirituale dell'Angelico Dottore, e da impiegarsi invece nello spiegare la filosofia moderna, che ha un'estremo bisogno di caselle, mentre non sa vedere altro nel composto umano che un aggregato di cellule o embrionali ovvero più o meno perfezionate nel laboratorio del trasformismo). Per la filosofia moderna, ci dice l'Ambrosi, l'imaginazione deve considerarsi < come una funzione che produce e riproduce le rappresentazioni facendole passare dalla potenza all'atto » . E forse che nella dottrina di San Tommaso l'imaginazione non è una potenza, vale a dire una facoltà (appartenente ben inteso alle facoltà sensitive e non già alle intellettive) ? Forse che per San Tommaso l'imaginazione è una specie di facoltà inerte, incapace di produrre e riprodurre le rappresentazioni, e di farle passare dalla potenza all'atto ?
E il nostro Professore torna alla carica contro le idee-imagini nel tratto seguente : « Per San Tommaso la sensazione ha per effetto la generazione di certe forme che sono da lui localizzate (sic) nel tesoro della memoria. La memoria veglia, e suo dovere è di conservarle intatte, perchè all'occorrenza possano servire alle operazioni dell' intelligenza, la quale, evocando queste idee-imagini o questi fantasmi particolari, ne forma una concezione generale e così pensa. » Il Professore Ambrosi ci presenta la memoria sotto l'imagine di una guardiana fedele, che ha il dovere, (a dirla schietta questo dovere, imposto ad una facoltà necessaria e non libera, richiede un grande sforzo d'imaginazione, per attribuirlo alla memoria) di conservare quelle benedette idee-imagini consegnate a lei in custodia dall' imaginazione. Egli inoltre conosce benissimo, che secondo San Tommaso e tutti i suoi seguaci antichi e moderni, oltre alla memoria sensitiva, che è una facoltà organica, e che si esercita mediante le specie sensibili delle cose, e che compete anche agli animali, bisogna ammettere altresi la memoria intellettiva, che non è una facoltà diversa dall'intelletto. Egli sa pure, che, secondo la filosofia di San Tommaso, de specie intelligibili talvolta sono soltanto in potenza nell' intelletto, tal'altra in atto, e tal'altra finalmente in uno stato medio tra la potenza e l'atto, detto stato abituale. Ed è appunto in questo terzo modo, che l'intelletto conserva le specie già acquistate. Citeremo un solo testo dell'Angelico Dottore, dove egli parla della memoria intellettiva, e delle specie intelligibili : << Sicut intelligit seipsum intellectus... ita intelligit suum intelligere, quod est singularis actus, vel in praeterito, vel in praesenti, vel in futuro existens. Sic igitur salvatur ratio memoriae quantum ad hoc quod est praeteritorum in intellectu, secundum quod intelligit se prius intellexisse... species intelligibiles aliquando sunt in intellectu in potentia tantum, et tunc dicitur intellectus esse in potentia; aliquando autem secundum ultimam completionem actus, et tunc intelligit actu; aliquando medio se habet inter potentiam et actum, et tunc dicitur intellectus in habitu ; et secundum hunc modum intellectus conservat species etiam quando actu non intelligit (8)».
In quanto poi alle parole, colle quali il dotto Professore inesattamente esprime in che consista, secondo la dottrina dell'Angelico Dottore, l'azione dell'intelletto sul fantasma, ci riserbiamo a discorrerne in seguito. Per ora facciamo osservare, che in due modi possono le qualità sensibili apprendersi da una facoltà conoscitiva: il primo, astraendole dalla natura materiale, che cade sotto i sensi, e trasportandole intenzionalmente nella potenza sensitiva, mediante un'imagine, che le rappresenti nell'individua e concreta loro condizione : il secondo modo è di astrarre ancor da questa condizione individua, cosi che sola sola se ne rappresenti la natura o generica o specifica. Proprio della facoltà sensitiva è il primo grado di astrazione; il secondo è proprio dell'intelletto, oggetto del quale sono le nature astratte, come degli esseri, così delle loro qualità : « Sensibilium qualitatum naturas cognoscere, non est sensus, sed intellectus (9). » - L'imaginazione, più immateriale nei suoi atti che il senso esterno, giunge colla sua virtù sino ad astrarre da alcune di quelle condizioni materiali, ma non mai da tutte insieme. Perciò la fantasia non è necessitata a circondare le sue imagini di tutte quelle giunte, che intorniando nella realtà gli oggetti da lei rappresentati, ne determinano l'essere a certo luogo e tempo : ma se ella riproduce un colore, non solo dovrà essere un color determinato nella specie di giallo, o rosso, o verde, o altro, ma di più dovrà quel colore avere una determinata grandezza e figura ed intensità. Una imagine del colore non ristretta a veruna tinta, nè circoscritta da veruna figura o grandezza, e che nondimeno rappresentasse tutte le tinte sotto qualsivoglia possibile figura o grandezza, sarebbe imagine del colore riprodotto nella pura ed astrattissima sua natura; e a tal produzione niuna facoltà sensitiva ha virtù che sia sufficiente. Se è proprio del senso il veder, per esempio, questo colore o quest'oggetto colorato, solo all'intelletto però s'appartiene di apprendere la natura del colore : << Sensus est apprehendere hoc coloratum, intellectus autem ipsam naturam coloris (10)>>.
Da questa essenziale differenza si raccoglie come la nozione di conoscenza si avveri nei concetti intellettuali incomparabilmente meglio che nelle percezioni sensitive. Ed in fatti se il conoscere è un assimilarsi al conosciuto e un riprodurlo, niuna potenza più da vero conosce l'oggetto suo di quella, che gli si assimila, e che lo riproduce quale è in sè, e per cui la potenza si unisce con ciò che vi ha di più intimo nell'oggetto. E la conoscenza intellettuale ha quest'uno singolarissimo, dell'essere le sue imagini si perfettamente immateriali, che financo le condizioni materiali, non che la materia, ne sono rimosse. Per la qual cosa molto inesattamente si esprime il professore Ambrosi allorquando ci presenta « l'intelligenza, che evocando le idee-imagini o fantasmi, ne forma una concezionegenerale e cosìpensa » . Nella dottrina di San Tommaso e dei suoi seguaci le imagini ed i fantasmi non concorrono a formare la concezione generale a guisa di tante pietruzze, che unite ordinatamente insieme formano un bel mosaico. Colla sua abituale chiarezza l'Angelico Dottore ci spiega la differenza, che passa tra l'imagine contenuta nel senso e l'imagine contenuta nell'intelletto : « l'imagine che è nel senso, si astrae dalla cosa, come da oggetto conoscibile, e quindi per quell'imagine si conosce direttamente la cosa stessa ; ma l'imagine che è nell'intelletto, non si astrae dal fantasma come da oggetto conoscibile, sibbene come da mezzo di conoscenza » : « Similitudo quae est in sensu, abstrahitur a re, ut ab obiecto cognoscibili, et ideo res ipsa per illam similitudinem directe cognoscitur; similitudo autem quae est in intellectu, non abstrahitur a phantasmate sicut ab obiecto cognoscibili, sed sicut a medio cognitionis (11). » La virtù astrattiva esercitata dall'intelletto nell'imagine sensibile produce le imagini intelligibili (vale a dire le idee ed i concetti) diverse dalle imagini sensibili, per quanto sono diverse tra di loro la facoltà conoscitiva del senso e la facoltà conoscitiva dell'intelletto.
Il Professore prosegue la sua accanita campagna contro le idee- imagini : <<< Pensare per la filosofia moderna, è un atto puro dello spirito, il quale, dopo averlo compiuto, è capace di ricordarsene, perchè lo spirito, sempre identico a se stesso, può ricordare ciò che ha pensato una volta. Invece per la psicologia tomista ogni atto di pensiero ingenera una forma permanente, distinta dall'oggetto attivo, che l'ha prodotta ; onde in siffatta psicologia si hanno le così dette forme, o specie, o idee- imagini proprie dell'intelligenza, e che, al pari delle idee-imagini venute dalla sensibilità, vanno ad arricchire il deposito conservato dalla memoria » . Ci torna strana davvero l'affermazione solenne colla quale il Professore asserisce nientemeno, che per la filosofia тоderna il pensare è un atto puro dello spirito ! Se col nome di spirito vuolsi intendere, che la filosofia moderna riconosce nell'uomo un tale perfezionamento della materia da elevarla a materia pensante, come mai potremo da questa avere un atto puro, stante che la materia o crassa o raffinata rimane nella sua sostanza sempre materia ? Tra i professori, che si chiamano seguaci della filosofia moderna, se ne trovano certamente di quelli, che ammettono la spiritualità dell' anima umana nel senso vero secondo i dettami della ragione e della sana filosofia. Ma ciò si può dire della filosofia moderna, la quale (e lo vedono pure i ciechi, e lo sentono pure i sordi) dalle cattedre Universitarie e dai libri, che ogni giorno vedono la luce, combatte la spiritualità dell'anima umana, e rivendica a se stessa il vanto della modernità per la peregrina scoperta fatta nella materia giunta a divenire intelligenza umana ?
Il professore Ambrosi nel suo Saggio sulla Imaginazione, parlando dell'unità delle rappresentazioni, dice : «Lo spirito sarebbe minacciato di morte, e andrebbe a ridursi in una polvere minutissima di elementi, se non riuscisse a sfuggire a questa moltiplicità ecc. (12). » Il pensare di uno spirito capace di ridursi in una polvere minutissima di elementi è giudicato dal nostro Professore contenere maggiore purezza di quella, che si trova nell'esercizio di una facoltà veramente spirituale secondo la dottrina di San Tommaso, e di tutta la scuola cattolica ? Ma voi nel pensare, ci risponde l'Ambrosi, vi servite delle imagini venute dalla sensibilità. E noi lo invitiamo a riflettere, come la parte attiva, che i fantasmi hanno nella produzione dell'atto intellettuale, è al tutto secondaria e istrumentale : il senso non ha altro vanto che di porgere all' intelletto la materia, intorno a cui esso esercita la sua virtù : ed è tutto pregio dell'intelletto se sotto alla sua azione quelle imagini sensibili, che non oltrepassano le facoltà conoscitive dei bruti, riprodotte da lui spiritualmente, si convertono in imagini non indegne sotto certo rispetto di adornare una mente angelica; sceverate, come sono, da ogni ingombro di materialità. Imperocchè, quella perfettissima esenzione da ogni condizione materiale, onde godono i concetti intellettuali, ci mena alla necessaria conclusione, che sia parimente libera, nella produzione dei suoi atti, da ogni partecipazione colla materia, la potenza dalla quale essi procedono: e quindi che l'intelletto , nelle sue operazioni, sia indipendente del tutto da qualsiasi organo corporeo.
Ma l'estrema ripugnanza che ha questo Professore nello ammettere la conservazione delle idee- imagini lo spinge sino al punto di asserire, che lo spirito, a fine di ricordarsi ciò che ha pensato una volta, non ha affatto bisogno di quelle. - << Lo spirito, egli dice, dopo di aver compiuto il pensiero, è capace di ricordarsene, perchè lo spirito, sempre identico a se stesso, può ricordare ciò che ha pensato una volta. » Nell'identità dell'individuo pensante egli ripone la causa del risovvenirci che noi facciamo, di quello, che per lo addietro già conoscemmo.
Ma se non ci è nulla dentro noi, perchè secondo lui nessuna specie nè sensibile nè intelligibile è conservata, donde mai potremo riconoscere, di avere, cioè, pensato prima ciò che ora di bel nuovo pensiamo ?
Il Professore ricorre all'identità dello spirito pensante.
Non comprendiamo in nessun modo il come si possa argomentare dall' identità dello spirito pensante alla facoltà di ricordarsi il passato. Riguardo alla memoria l'identità della persona serve per attribuire allo stesso individuo una qualsivoglia conoscenza o sensitiva o intellettiva avuta per lo innanzi. Ma se quelle cognizioni nel loro primo passaggio non hanno lasciato veruna traccia nelle mie facoltà conoscitive, non potrò, alla loro seconda apparizione, intelligere me prius intellexisse. La presenza dell'oggetto, che si ripresenta alla mente, sarebbe da me conosciuta una seconda volta, ma non mi darebbe la coscienza di averlo anche antecedentemente appreso.
Il volere adunque negare la permanenza delle specie od imagini, abitualmente conservate nelle nostre facoltà conoscitive del senso e dell'intelletto, equivale a privare l'uomo della doppia memoria sensitiva ed intellettiva.
La filosofia del tempo nuovo, a furia di emanciparsi dala filosofia del tempo vecchio, vorrebbe altresi fare a meno di quel processo naturale, e per conseguenza indispensabile allo esercizio della nostra attività nell'acquisto, nella conservazone e nel progresso della scienza.
Prima di finire sentiamone ancora un'altra troppo grossa da questo Professore a carico di San Tommaso. « L'aver voluto portare precisione e chiarezza al trattato dell' Anima di Aristotele ha condotto San Tommaso, che pure è tanto nemico delle chimere, a realizzare astrazioni e a creare entità, che non vi entrano in niuna categoria, giacchè dove metteremo queste specie sensibili o intelligibili, che si mandano come in esilio in un paese vicino alla loro patria a popolare il vasto dominio della memoria ?».
Poichè la filosofia moderna nelle proteiformi sue teorie preferisce un fondamento imaginario al reale, non ci sorprende il volo fantastico col quale l'egregio Professore ama di berteggiare un punto molto serio di dottrina, e scientificamente addimostrato dall'Angelico dottore. Ma dove metteremo, egli dice, queste specie sensibili o intelligibili? Le metteremo nella potenza, che le ha prodotte; nella imaginazione, se sono specie sensibili ; nell'intelletto, se sono specie intelligibili. Ma in quale categoria, ripiglia il Professore, possono esse rientrare ? Nella categoria dell'abito, siccome udimmo poco innanzi da San Tommaso : << aliquando intellectus medio se habet inter potentiam et actum, et tunc dicitur intellectus in habitu : et secundum hunc modum intellectus conservat species etiam quando actu non intelligit. >>>
Conveniamo pienamente col Professore, che San Tommaso era nemicissimo delle chimere. Però da quello che abbiamo già osservato intorno alla psicologia dell'imaginazione secondo l'Aquinate, e da ciò che diremo in altro articolo, si vedrà se non sia piuttosto una chimera del Professore il presentarci San Tommaso, che per amore di Aristotele s'induce nientemeno a realizzare astrazioni ed a creare entità.
Note:
(2) P. 55.
(3) P. 52.
(4) Op. cit . , p. 52.
(5) Cf. AUSONIO FRANCHI, Ultima critica . Milano, Palma, 1890. Parte prima, pag. 531 .
(6) Cf. AUSONIO FRANCHI, op. cit., pag. 53.
(7) Op. cit. pag. 53.
(8) Sum. Theol. p. 1, q. 79, a. 6.
(9) S. Thom. Sum. 1. q. 78, a. 3.
(10) S. THOM. De Veritate, q. 25, a. 1.
Commenti
Posta un commento