LA CIVILTÀ CATTOLICA: IL MAGISTERO IN TEOLOGIA DI S. ANTONIO DI PADOVA

 

La Civiltà Cattolica
Anno 85 - Volume I
1934

 

Il desiderio di veder meglio chiarita questa parte della cronologia antoniana, senza danno della verità storica, e con la possibilità di ordinare, dentro i suoi confini, altri fatti più rilevanti e abbastanza documentati, non è stata l'ultima ragione della cura qui (1) posta per liberarla da ogni ingombro inutile e dannoso, come non fondato nelle testimonianze dei documenti più autorevoli . Il supposto secondo viaggio di S. Antonio in Sicilia, posticipato da alcuni contro il verosimile, è stato , come abbiamo visto, da altri troppo anticipato, con danno manifesto di avvenimenti da porre fra gli anni 1223 e la entrata in Francia di S. Antonio, verso il 1225 : un buon biennio. E viene, innanzi tutto, la questione sulla verità e sul tempo del passaggio del Santo a Vercelli, connessa con quella del suo magistero (2).

Movendo dal 1223 , o , al più presto, dalla fine del 1222 , come inizio dell'apostolato di Antonio in Romagna, continuato verisimilmente fino all'autunno dell'anno seguente, v'è modo di dare il tempo necessario anche alla sua elezione a Maestro o Lettore di Teologia, che si attribuisce alla stessa determinazione di S. Francesco, dopo i manifesti saggi di dottrina dati allora dallo zelante apostolo in Romagna.

Di questo ufficio, e del suo esercizio, anche prima che Antonio varcasse le Alpi (3) , dentro gli ultimi mesi del 1223 e i seguenti del 1224 (4) , non può dubitarsi, perchè solidamente documentato, nè può opporvisi vera difficoltà cronologica, specialmente se ne mettiamo da banda il secondo viaggio in Sicilia. E prescindendo ora dall'attestazione della Raimondina, già nota al lettore, e dell'altra vita, chiamata Benignitas, di cui diremo, si ritiene come primo documento della verità di tale destinazione, una lettera dello stesso S. Francesco, della quale, checchè altri abbia creduto pensarne, si ha sicura notizia, anche se il testo ce ne sia stato trasmesso solamente nella sostanza.

La più antica fonte che lo riferisca, de vita et miraculis sancti Antonii (5) , comunemente citata col nome di Liber miraculorum, asserisce che Antonio, per quanto i suoi confratelli insistessero, non volle mai accondiscendere a fare le parti di maestro in Teologia, se prima non fosse assicurato della volontà del santo Fondatore. La risposta, poi , da S. Francesco data in iscritto , è dallo storico riportata, con un « si dice » (fertur), nella seguente forma : « Sono contento che tu insegni ai frati la sacra teologia, purchè, a cagione di tale studio, non si raffreddino nello spirito della santa orazione e devozione, come vuole la regola. Addio » (4) . Sembra, poi, molto verisimile, che questa lettera di S. Francesco ad Antonio sia quella stessa cui accenna il B. Tommaso da Celano, nella seconda Vita di S. Francesco, ricordando che il Serafico Padre, nel titolo, aveva chiamato Antonio Vescovo » (Episcopo meo) (5) . Ci pare di poterlo asserire, non solo fondati sul parere di parecchi biografi (6), ma anche sulla circostanza che il da Celano parla, in quel paragrafo, della stima grande che S. Francesco nutriva pei sacrae theologiae doctores, confermandola con l'onore fatto, per tal motivo, al suo Antonio.

È stato giustamente notato (7) , che il documento è posteriore ai 29 novembre 1223 , perchè vi si citano le parole del c. V della « Regola seconda » , confermata allora appunto da Onorio III : sanctae orationis et devotionis spiritum (Fratres, non extinguant ; e la data è in pieno accordo, come si è visto, col rimanente della cronologia più probabile.

Non ci è possibile qui dilungarci sulle diverse questioni trattate dai biografi, e non tutte possibili a risolvere, sull'ordine, sui luoghi dell'insegnamento di S. Antonio e sulla durata prima del suo passaggio in Francia. Dell'inizio dell'insegnamento a Bologna non v'è ragione di dubitare (8) . L'affermazione della Raimondina (9) , che il Santo « fu il primo nell'Ordine a esercitare l'ufficio di Dottore scolastico » (10), deve forse intendersi nel senso, che Antonio fu il primo destinatovi direttamente dal S. Fondatore (11), e così l'altra asserzione del biografo, che il Santo ebbe allora l'incarico di « pubblicamente insegnare la dottrina scolastica ai suoi Frati e ad altri » (12), può interpretarsi di una pubblicità relativa, nel senso che alle lezioni di Antonio potevano essere ammessi anche uditori esterni (13) . Già il Wadding, che notava di aver trovato pure presso antichi scrittori l'affermazione di tal primato di tempo, non s'induceva ad accoglierla, perchè vedeva attestata già prima la esistenza dello studio di Bologna ; e, quanto all'Ordine, riteneva che in Inghilterra fu, fin dal principio, istituito uno studio per quella gioventù religiosa. Alessandro d'Hales avrebbe pure preceduto S. Antonio, nell'insegnamento ai suoi confratelli (14) . Ma simili ragioni, secondo storici più recenti, non sembrano dimostrate ; così si può ritenere che non vi sia motivo sufficiente, per mettere in dubbio che S. Antonio sia stato il primo a esser eletto professore di Teologia a Bologna dallo stesso S. Fondatore (15) .

 

***

 

Con la notizia della elezione di S. Antonio a lettore di Teologia, si collegano le fonti a quella della dimora di S. Antonio in Vercelli , delle sue relazioni col celebre abate di quel monastero di S. Andrea, Tommaso Gallo, Canonico Regolare di S. Agostino, della celebre Congregazione di S. Vittore di Parigi. La certezza di tali relazioni proveniva, anzitutto , dalla testimonianza dello stesso abate Gallo († 1246) in un elogio, divenuto celebre, del Santo, lasciato nei commentarii sulla

Ecclesiastica Gerarchia dello pseudo- Dionigi . L'elogio era già ricordato nella Raimondina (scorcio del XIII sec. ) , come notissimo, essendo, nel mondo dotto d'allora, da tutti conosciuti i commentari dell'abate Vercellese (16) . Fu poi riferito anche testualmente, forse quando i commentari, non più tanto divulgati, non erano come prima alle mani degli studiosi ; così la leggenda Benignitas (circa il 1316) ne riferiva il tratto più notevole ; e mezzo secolo più tardi (c . 1360-1374) era riportato, nella sua integrità, nella Chronica XXIV Generalium. Ma con l'andare degli anni, perduta la giusta nozione dell'autorità dell'abate Gallo, la quale non avrebbe reso possibile una invenzione di tal fatta, si cominciò a dubitare della autenticità del suo elogio di S. Antonio, « anche perchè nessuno sapeva indicare il testo genuino ed autentico, dal quale si asseriva trascritta la celebre testimonianza » sul Santo (17) . Così gli studiosi si erano dati a ricercarlo, sebbene fino a ieri senza frutto (18) ; e si deve, per adoperare la sua frase, al « lungo periodo di appassionato interessamento » del ch. P. Dal Gal, se si è giunti , alla fine, a « dire l'ultima parola sicura e decisiva » , sulla autenticità della testimonianza dell'abate Vercellese, e ad attestare la veridicità delle affermazioni delle fonti del XIV secolo poc'anzi citate (19).

Si è, infatti, ritrovato, nella Biblioteca Nazionale di Vienna, un codice della prima metà del XIII sec. ( 1244), che contiene 1 commentario dell'ab . Tommaso Gallo al De ecclesiastica hierarchia, dove, alla fine del cap . terzo, è la famosa testimonianza su S. Antonio. Il P. Dal Gal, attribuendo al R. P. G. Théry, O. P. , il merito della notizia comunicatagli, del codice Viennese, riporta l'elogio dell'abate Vercellese «integralmente, per la prima volta nel suo testo primitivo » (20) . E come è una rarità, nè la lunghezza lo vieta, lo riferiamo anche noi, sapendo di far cosa gradita a tutti gli ammiratori e devoti del taumaturgo Padovano. Dice dunque, nella sua stessa ortografia :

 

« Maxime, igitur, prelati ecclesiastici eruditi esse debent in superstancialibus theologiis... Et post eos , sacerdotes nec oporteret eos exerceri multum in doctrinis... quae in imaginacione et fantasya tractantur. Quosdam, autem sanctos episcopos, qui litteras minus habundabant unctio docuit de omnibus, ut sanctos Martinum, Elyseum (22) , Nicolaum, qui, fervore spiritus excedentes, nitido speciali privilegio cognoverunt Deum divinissima agnicione... Quod eciam in sancto Antonio Ordinis Fratrum Minorum familiariter expertus sum, qui mysticam theologiam prompte hausit et firmiter retinuit cum ipse litteris secularibus minus habundaret (23) , sed exemplo Johannis Baptistae ardebat et ex ardore lucebat. Jo. 5 f.: Ipse erat lucerna ardens et lucens ».

 

Quando avvenne quest'incontro di S. Antonio con l'abate Gallo, e per quanto tempo il Santo avrà dimorato presso di lui ? La risposta non è così facile ; ma quanto ci è dato dalla cronologia fin qui da noi adottata, e le difficoltà, a cui si andrebbe incontro, col pensare ad altre date posteriori , ci persuadono che bene si è apposto chi l'ha assegnato molto probabilmente... prima della sua partenza per la Francia » (24) , che abbiamo riferita al 1225 (25) . Si tratterebbe, dunque, di una non lunga dimora del Santo, a Vercelli, intorno al 1224, (26).

Diciamo non lunga dimora, costretti dalle esigenze della cronologia Antoniana, che non concede dilazione molto oltre lo scorcio del 1225, per il passaggio del Santo in Francia, e i ministeri esercitativi, e le cariche colà occupate . Tali esigenze, poi, rendono inverisimile la notizia, data da una fonte più tarda, il Liber miraculorum, che S. Antonio rimanesse a Vercelli , sotto il magistero di quel famoso Abate, per ben cinque anni, insieme col confratello Adamo da Marisco (25) . Molto probabilmente una falsa lettura, o una svista ha scambiato quinque menses in quinque annos (26) . Si riconosce, poi , oggi comunemente, che fr. Adamo dovette più tardi udire, se lo udi, l'Abate di Vercelli, perchè entrato nell'Ordine soltanto nel 1226 (27).

Più singolare può sembrare la notizia che l'Abate di Vercelli avesse avuto Antonio a maestro ! Eppure la leggenda Benignitas lo farebbe credere, attestando che a vicenda erano stati l'uno dell'altro discepolo : il Taumaturgo di Padova avrebbe insegnato a Tommaso o la «scienza della sacra teologia » , e questi, a sua volta, gli sarebbe stato maestro « nello spiegargli i profondi e devoti insegnamenti contenuti nei libri di S. Dionigi » (28) . Di qui, forse, è derivata la notizia, raccolta nel Liber miraculorum, posteriore alla Benignitas di forse mezzo secolo , che l'Abate solesse ripetere, certo per umiltà, ma non senza fondamento, che « egli era stato addottrinato da indotti » (29) . Questo modo di parlare di un teologo, tanto celebre fra quelli del suo tempo, darebbe una spiegazione più accettabile della testimonianza della Benignitas, che non suona senza qualche sapore di esagerazione.

Piena di candore, e con tutti i caratteri della veracità, ci si presenta invece la narrazione che la stessa leggenda fa della apparizione di sant'Antonio, subito dopo la morte, all'Abate di Vercelli, e non possiamo fare a meno che non la riferiamo. « Lo stesso giorno del suo passaggio, dice lo storico, si trovava quel tanto allora famoso abate Vercellese solo nella sua camera, tutto intento a meditare, e occupato nelle sacre letture, a cui l'uomo di Dio, mentre era in vita, era stato affezionatissimo, e n'era stato ricambiato di pari dilezione ... Ora ecco che il Servo del Signore, all'improvviso, entrandogli in camera, dopo i mutui saluti affettuosi, gli disse : - Ecco, Signor abate, lasciato a Padova l'asinello , m'affretto a ritornarmene in patria. E trovandosi allora l'abate gravemente malato di gola, il padre beatissimo, toccatolo benignamente nella parte inferma, lo rese all'istante sano, e subito gli si tolse dalla vista >> (30) .

***

Ma è oramai tempo di far conoscere ai lettori, con qualche particolare informazione, quest'altra fonte della vita di S. Antonio, nelle precedenti note più volte rammentata. Si è chiamata Benignitas, perchè con questo vocabolo si apriva il racconto, come dice espressamente il codice che ce l'ha conservata (32), e da cui la trasse il De Kerval, pubblicandola accuratamente appresso la sua nota edizione dell'Assidua. Lo stesso codice c'informa, sul principio, del motivo di non averla trascritta per intero: si voleva solo supplire alle omissioni della Legenda I, che precedeva, e a quella si riferiscono le lettere A, B, C, ecc. , premesse dall'amanuense ai singoli brani, come ne avvertiva egli stesso, perchè il lettore ritrovasse subito i punti della detta Legenda, dove andavano inseriti. Troviamo deplorato, con esagerazione, il metodo del copiatore (33). Troppo chiaro, infatti, egli ci fa intendere che, pel rimanente, fatta qualche eccezione, la leggenda Benignitas ripeteva, forse letteralmente o quasi, i passi da se omessi. Questo ci assicura anche a sufficienza, che le parti trascritte sono derivate da altra fonte, che egli, dal modo stesso di parlare (34) , mostra sì di non conoscere a pieno (35) , ma che, per essere pure antica, ritiene degna di pregio.

Nel resto, la maggior parte dei passi riferiti, fino alla lettera O inclusa, sono di importanza più letteraria che storica, mantenendosi in considerazioni molto generiche, e in riflessioni pie ed edificanti.

Si può vedere lo studio minuzioso del De Kerval (pp . 160- 184), per ritrovare le possibili relazioni fra la Benignitas e le altre fonti conosciute fino a lui, all'intento , anche, di determinarne il tempo e l'autore. Egli trovò, in un inventario della biblioteca del Sacro Convento di Assisi, del 1381 , già registrata la nostra leggenda, e manifestamente nella sua forma integra. E, poi, certo anteriore al Liber miraculorum (intorno al 1367) , che se n'è servito ; posteriore alla Rigoldina (36) , scritta fra il 1293-1303 , altrimenti, dice il De Kerval, non s'intenderebbe come l'autore Giovanni Rigauld, non l'abbia adoperata (37) . Alla obiezione che, con pari diritto, si potrebbe argomentare invece la posteriorità della Rigoldina, altrimenti Benignitas l'avrebbe usata, il De Kerval risponde negando la parità : l'autore della Benignitas non s'è, come l'altro, dato da fare per ricercare altre fonti : tale apparirebbe dai caratteri della sua compilazione. Egli poi « potè facilmente ignorare lo scritto del Rigauld, la cui opera, d'altra parte abbastanza recente, senza dubbio non aveva passato i confini » . Forse si sarebbe più semplicemente risposto, che il trascrittore della Benignitas s'era proposto ben altro fine : quello solo di supplire le lacune della Legenda I già da lui trascritta , a cui tanto somigliante appariva la Benignitas, da poterla considerare come una rinnovata edizione.

Il De Kerval crede riconoscere nella Benignitas caratteri che non permettono di farla rimontare più alto che il principio del XIV sec. (38) . Ma sanno gl'intelligenti lettori con quanto arbitrio si siano adoperati e si adoperino, nei documenti, i caratteri interni ! Intanto, anche pel De Kerval, rimane assicurata l'antichità, rispettabile, della compilazione (circa 70 anni dopo la morte di S. Antonio) , e non meno quella delle altre fonti adoperatevi, fatto di non leggera importanza, sia pure con tutte le inesattezze e sviste del compilatore (39). Esso, secondo il De Kerval, sarebbe un italiano, religioso della Provincia di Padova (40) . E gli argomenti sembrano buoni . Fra questi, non sarà inutile ricordare quello su la lingua italiana, parlata con facilità e garbo (politice) da S. Antonio portoghese ; che è una novità della Benignitas (41) .


Note:

(1) V. Civiltà Cattol. , 1932 , 4, p. 580 ss . Fonti principali della vita di S. Antonio di Padova e alcune controversie storiche. (2 ) Per quanto riguarda il magistero di S. Antonio, teniamo presente, in particolare, l'opera del P. FELDER O. Capp. , Geschichte der Wissenschaftlichen Studien in Franziskanerorden , p . 131 ss . Vi si attiene, in sostanza, il Card. Fr. Ehrle, I più antichi Statuti della Facoltà Teol. dell'Università di Bologna, ( Bologna, 1932, p. LXIX) , Cfr. HOLZAPFEL Man. Histor. O. F. M., p. 244.

(2) Dell'insegnamento suo in Francia è memoria nella leggenda Benignitas, Ed. de Kerval, p. 224 , e nel Liber Miraculorum, che parla di un prodigio avvenuto a Montpellier, mentre era colà lettore. Anal. Francisc. III, p. 125 .

(3) E davvero non sapremmo, dopo quanto abbiamo ragionato, ammettere come possibile la data del 1222, tenuta dal Wadding, Annal. Minor. II , n. XXXIV, p. 50. Il P. Dal Gal la ritiene pure << scritta circa il 1224 » . Il Santo di Padova nella Storia, p . 30. Cfr. WADDING, Annal. Minor. II , n. XXXIII , p . 49 .

(4) Anal. Franc. III , p . 132.

(5) Per le altre fonti che la riferiscono con leggiere varianti, V. SPARACIO, S. Antonio di Padova, I , p. 68. Il fertur dello storico riguard a solo il testo della risposta.

(6) « Fecit enim quandoque generaliter scribi : Omnes theologos ... debemus honorare et venerari... Et beato Antonio cum semel scriberet, sic poni fecit in principio litterae : Fratri Antonio Episcopo meo. » Legenda secunda, n. 163 , Ed. Alenconiensis , p. 292 .

(7) Il P. Sparacio, I , 68 , si mostra propenso ad ammetterlo. Lo suppone il P. Facchinetti, Antonio di Padova, p. 191 ; l'adotta il P. Dal Gal, Il Santo di Padova nella Storia, p. 38 ecc. Cfr. Felder, Geschichte etc. p. 136.

(8) SPARACIO, S. Antonio di Padova, I , p. 67. Cfr. DAL GAL, Il Santo di Padova nella Storia, p. 39 e 83.

(9) Bologna è espressamente nominata nella leggenda Benignitas, framm. M, 2. Nell'ed. del de Kerval, p. 217 .

(10) V. di questo doc. ciò che si è detto innanzi, vol. II del 1932 , P. 553.

(11) « Primus in Ordine Doctoris Scholastici exercuit officium » . Ediz. altre volte cit . del P. Josa, p. 91 .

(12) Così l'intese il P. de Azevedo, Vita del Taumaturgo Portoghese etc. Dissert. XXX, p. 324. Si rammenti che il P. de Azevedo conobbe il codice. V. 1932 , II , p. 546.

(13) « ... ad doctrinam scholasticam inductus est Fratribus et aliis publice impendendam » . Ed. del P. Josa, p . 90.

(14) V. HOLZAPFEL, Man. Hist . O. Fr. Minorum, p. 243. Solo nel 1360, le scuole bolognesi dei Mendicanti furono dal Papa incorporate alla Università.

(15) Annales, II . p. 50 .

(16) Su tale questione v . FELDER, Geschichte etc. p. 138 ss . Così rimane accettabile l'affermazione che nell'Ordine gli studi « riconoscono lo incominciamento, con la permissione di S. Francesco, l'anno 1224, da Sant'Antonio nel Convento di Bologna, col titolo al Santo ai Lettore » . BENOFFI , O. M. C. , Degli Studi nell'Ordine dei Minori, in Miscellanea Francescana » , 1932 , p . 26.

(17) « ... cuius laudes ( Abb. Vercellensis) idcirco ad praesens taceo, quia in ipsius operibus sapientissimis elucescunt ». Nella edizione del P. Josa, più volte citata, a p. 90.

(18) DAL GAL, Il Santo di Padova nella Storia, p. 43 .

(19) Cfr. FELDER, Geschichte der wissenschaft. Stud. etc. , p. 142 , s. Si citò anche dal Salvagnini, nel noto vol. S. Antonio di Padova e i suoi tempi, Torino, Roux, 1887 , p. 93 , « l'autografo esistente nella Biblioteca di Torino » , ma « poi non se ne seppe più nulla » . DAL GAL, ivi, nota 2.

(20) Il Santo di Padova, ecc. , p . 43 .

(21) Ivi, p. 44.

(22) Così il testo ; ma ci sembra indubitato che il nome di Eliseo sia, per una svista, uno scambio col nome di qualche illustre vescovo, forse con S. Eligio, vescovo di Noyon ( † 659) , di cui restano pure alcune omelie.

(23) Litterae seculares, indica, qui, non solo la cultura profana in generale, ma forse anche quella cultura sacra che si attingeva dai prolungati studi sui libri.

(24) DAL GAL, Il Santo di Padova, pp. 85-86.

(25) V. Civ. Cattol. , 1932, 4, p . 578. (6) DAL GAL, Il Santo di Padova, p . 86

(26) V. Analecta Franciscana, III , 130 .

(27) SPARACIO, S. Antonio di Padova, II , p. 65. Cfr. DaL GAL, Il Santo di Padova, p. 85.

(28)Cfr. Anal. Franc. , II , 131 , nota 4.

(29) Quem (l'abate di Vercelli) vir Dei, dum viveret, dilectione praecipua, et e converso, fuit intime prosecutus, potissimum ex eo quod vir sanctus quandoque perdocuerat eum sacrae theologiae scientiam et ille, versa vice , librorum sancti Dionysii dogmata ipsum instruxerat altissima et devota » . Ediz. del Kerval, S. Antonii de Padua Vitae duae, p. 233.

(30) « Abbas vero... diceret, se doctum ab indoctis » . Analecta Franc. , III, p. 150.

(31) Ed. citata, pp. 233-234.

(32) s. Rosenthal, passato in proprietà della facoltà di teologia protestante della Università di Parigi. Ivi, p . 159.

(33) Fer es. il De Kerval , Ivi , p. 163 : « Le scribe a, au reste, exécuté ce travail... d'une façon toute mécanique, toute brutale » .
(34) Ista quae sequuntur extracta sunt in diversis locis ex alia quadam legenda ». Ivi, p. 207.

(35) V. DE KERVAL, Ivi, p . 160 .

(36) V. Civ. Cattol. , 1932, 4, 575.

(37) S. Antonii de Padua Vitae duae, p. 186.

(38) Vi trova il critico « le travail de la légende, le processus du merveilleux » (?) troppo manifesti. Ivi, p . 187.

(39) Fra le inesattezze, la più notabile è l'episodio di Ezzelino III da Romano (n. 42, ed. De Kerval, p. 231 ) , intorno alla strage di Verona, avvenuta 25 anni dopo la morte di S. Antonio ( 1256) . Si può vedere presso gli autori ( p. es. FACCHINETTI, Antonio di Padova, p. 368 ss . ) , come nacque l'errore. L'intervento vero di S. Antonio presso Ezzelino risale al 1230 .

(40) Probabilmente, sempre secondo il De Kerval, quel quidam, suppresso nomine, anno 1316, che annovera, fra i biografi di S. Antonio, il Ridolfi, Historiae seraph. religionis, Lib. I , p. 83. Ivi, pp. 195-197.

(41) « Et mirum valde quum de tam remotis partibus traxisset originem... linguam tamen italicam loquebatur politice ac si numquam alibi perstitisset » (p . 218 ) .

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