LA CIVILTÀ CATTOLICA: LA TRADIZIONE DIVINO APOSTOLICA E IL MAGISTERO ECCLESIASTICO



P. Giuseppe Filograssi, S.I.

La Civiltà Cattolica
Vol. III - 1951

Quaderno 2425

L'argomento della tradizione divino apostolica è diventato di viva attualità, negli ultimi tempi. Le discussioni circa la definibilità dell'assunzione di Maria hanno indotto a proporci un'altra volta quesiti sempre antichi e sempre nuovi : la tradizione divina, come si debba esattamente concepirla ; quali le sue relazioni col magistero vivente della Chiesa ; quali le condizioni e le leggi dell'evoluzione del domma e i criteri d'interpretazione dei documenti attinenti alla tradizione ed altri aspetti ancora.

I favorevoli alla definizione hanno di nuovo studiato questi problemi, per assicurare le basi della definizione ; i contrari, per giustificare la loro opposizione. Opportunamente si è osservato che il dissidio tra gli uni e gli altri proveniva appunto da concezioni, in parte divergenti, circa la natura della tradizione e le sue proprietà secondo la dottrina cattolica. La costituzione apostolica Munificentissimus Deus (1 novembre 1950), impostando sul concetto di progresso dommatico le considerazioni dottrinali che precedono la definizione infallibile, viene a confermare di quanto momento sia possedere nozioni esatte sulla vera natura della tradizione. E la reazione contro la definizione suscitata tra i cristiani separati di oriente e i protestanti conservatori, ha finito di dimostrare, se ve ne fosse bisogno, che tutta, o quasi, essa si fonda sulla posizione, del tutto contrastante in tal materia, fra loro e noi cattolici. Essi negano in blocco il magistero vivo della Chiesa ; e si appellano o alla sola Sacra Scrittura o alla Scrittura e ai più antichi concili ecumenici, come gli scismatici.

Un altro motivo ha reso attuale l'argomento della tradizione. La cosiddetta nuova teologia di cui l'enciclica Humani generis ha rilevato i pericoli, le deviazioni, gli errori — implica, oggettivamente parlando, idee o non esatte o incomplete circa la tradizione e il magistero. L'enciclica e la bolla dogmatica dell'Assunzione Munificentissimus Deus si aggiungono agli altri documenti della Chiesa, che già illuminavano e dirigevano le ricerche dei teologi, ed illustrano la dottrina della tradizione su vari punti, prima esplicitamente non toccati.

Le ragioni addotte suggeriscono di svolgere alcuni aspetti della materia, senza la pretensione di esaurirla. A questo lavoro di divulgazione ci hanno invitato persone, che intuiscono l'enorme importanza dell'argomento e riflettono che la dottrina e l'insegnamento della Chiesa - e quindi la sua vita s'impostano in un modo o in un altro da vicino o da lontano, sulla tradizione. La Chiesa, istituzione essenzialmente tradizionale, nel continuo suo rinnovarsi e adattarsi alle mutevoli condizioni dei tempi e degli uomini, conserva inviolabilmente ciò che sempre dev'essere conservato. Nessun'altra società contempera con tanta sapienza l'antico col nuovo, perchè nessun'altra sa quanto dell'antico debba rimanere intatto nei posteriori sviluppi verso il nuovo.

La nostra trattazione, escluso ogni atteggiamento polemico, vuole positivamente esporre la dottrina cattolica intorno al genuino concetto di tradizione divino apostolica ; intorno all'evoluzione del domma e ai criteri d'interpretazione dei documenti attinenti alla tradizione.

 

Il concetto di tradizione divino apostolica

 

La parola tradizione sogliamo usarla in vari sensi benchè tra loro connessi. Si parla di tradizione storica, ossia di trasmissione di antiche memorie, del racconto di avvenimenti e simili. Si parla anche di tradizione filosofica, ossia di modi di vedere e di giudicare arrivati di età in età fino a noi. Nella presente ricerca, tradizione assume per noi un significato tecnico, teologico ed ecclesiastico. Importa dottrina religiosa, comunicata agli uomini per rivelazione divina, e, per via d'insegnamento orale, conservata fino a noi attraverso il magistero degli apostoli e dei loro legittimi successori. Importa dottrina religiosa divina, perchè ha la sua origine nella rivelazione pubblica soprannaturale di Cristo ; apostolica, perchè a noi giunta per il tramite degli apostoli. Con ciò la distinguiamo da una tradizione o semplicemente apostolica, originata dagli apostoli ma senza una rivelazione divina ; o semplicemente ecclesiastica , originata dalla Chiesa postapostolica.

Per quale via arriviamo a formarci un concetto esatto della tradizione così intesa ? Si potrebbero analiticamente esaminare i documenti, dagli inizi fino a noi - Sacra Scrittura, padri, teologi, concili ecc. -, per dedurne a modo di conclusione, che cosa appunto importi la tradizione. È questo il sistema adoperato recentemente dal Michel e dal Deneffe (1). Si potrebbe, sinteticamente, ricavare la nozione di tradizione dal Concilio di Trento, che la dichiarò contro l'eresia protestante del secolo xvi ; e dal Concilio Vaticano, che, contro gli errori del secolo xix, riprese ed illustrò la dottrina di Trento. Questo secondo metodo ci sembra al caso nostro più indicato (3) .

Nella sessione III (4 febbraio 1546), il Concilio di Trento fece la sua professione solenne di fede, recitando il Simbolo «di cui si serve la Chiesa romana, come principio in cui necessariamente convengono tutti quelli che professano la fede in Gesù Cristo, e come fermo ed unico fondamento, contro il quale mai non prevarranno le porte dell'inferno » (Denz.-U. 782) .

Nella sessione IV (6 aprile 1546) espresse il suo pensiero circa la Sacra Scrittura e la tradizione in un decreto, rimasto celebre nella storia del domma e della teologia (Denz.-U. 783). Il decreto procede e avanza per tre gradi successivi, facili a verificare (4) :

1 ) Gesù Cristo a viva voce promulgò il Vangelo, già promesso per mezzo dei profeti nelle Scritture sante dell'Antico Testamento e ordinò che gli apostoli lo predicassero a tutte le genti, come fonte di verità e di ogni disciplina di costumi. Gesù Cristo, legato divino, annunzia con la sua personale predicazione il messaggio evangelico ed istituisce negli apostoli un magistero, dotato di qualità uniche. Magistero autentico, con potere d'imporre la dottrina annunziata e con l'obbligazione fatta ai discepoli di abbracciarla con assenso di fede divina. Magistero in perpetuo duraturo, finchè duri la Chiesa. Magistero infallibile, che non può deflettere dalla via retta della verità; e ciò per una speciale assistenza dello Spirito Santo. Queste verità costituiscono le premesse da cui il concetto cattolico di tradizione deriva. Non è ora il momento di chiarirle e di dimostrarle ; si dovevano però espressamente ricordare.

2) Il Tridentino fa un passo avanti e indica dove si contenga quella rivelazione da Cristo annunziata e agli apostoli affidata. Si contiene nei libri ispirati della Scrittura dell'Antico e del Nuovo Testamento e nelle tradizioni non scritte. Queste ultime costituiscono l'insieme delle verità che gli apostoli ricevettero dalle labbra di Cristo stesso ; oppure, dopo l'ascensione al cielo del Signore, direttamente dallo Spirito Santo rivelatore. Verità conservate e, quasi di mano in mano, fino a noi pervenute. Dunque due modi di contenenza di un'unica rivelazione soprannaturale: o affidata una volta per sempre ai libri ispirati dell'Antico e del Nuovo Testamento; o affidata ad un magistero vivente e perpetuamente vivente.

3) Il Concilio ricava l'ultima logica conseguenza. Seguendo l'esempio dei padri ortodossi, con pari affetto di pietà e con eguale riverenza accoglie e riceve tutti i libri dell'Antico e del Nuovo Testamento, di tutti essendo Dio l'autore principale. Accoglie e riceve le dette tradizioni, attinenti alla fede e ai costumi e con continua successione conservate nella Chiesa di Dio.

Tutti dunque sappiano, avverte in fine il Concilio, con quale ordine e per quale via, esso, posto il fondamento della fede, sia per procedere; e di quali sussidi e testimonianze principali intenda di valersi nel confermare i dommi e nel restaurare i costumi della Chiesa (5) .

Non v'è dubbio: il Concilio parla di verità rivelata, con soprannaturale rivelazione ; comunicata da Dio, che ne attesta e garantisce la realtà. Rivelazione, cui l'uomo è tenuto a prestare ossequio pieno di fede divina, per cui crede di essere vero - con l'aiuto della grazia di Dio quanto egli ci manifesta, non già a motivo dell'intrinseca verità delle cose percepite col lume della ragione naturale, ma per l'autorità dello stesso Dio, che non può ingannarsi, nè vuole ingannare (Denz.-U. 1789). Due modi di contenenza della divina rivelazione vengono decisamente e solennemente affermati. È questo il punto centrale della divergenza tra noi e i protestanti ; e il Concilio di Trento lo individua e scolpisce con luminosa certezza e precisione : noi affermiamo, essi negano la tradizione divina e il magistero della Chiesa.

Passiamo al Concilio Vaticano. Nella costituzione dommatica intorno alla fede cattolica (24 aprile 1870), riprende e fa suo, leggermente modificandolo, il Decreto tridentino (Denz.-U. 1787) . Segna insieme un vero progresso dottrinale, in quanto mette in luce più chiara l'ufficio e la competenza della Chiesa, in ordine alla rivelazione soprannaturale. Il Papa e i vescovi, riuniti in concilio, intendono dichiarare la dottrina di Cristo << basata sulla parola di Dio, scritta e trasmessa per tradizione, in quel modo che è dalla Chiesa cattolica fedelmente custodita e genuinamente esposta » (Denz.-U. 1781 ). La rivelazione è un sacro deposito che la Chiesa ha ricevuto insieme con l'ufficio d'insegnare. Maestra e custode, fedelmente conserva il deposito, infallibilmente lo dichiara, possiede il dovere e il diritto di proscrivere e condannare gli errori contrari alle dottrine della fede (Denz.-U. 1798, 1817 , 1819 , 1829) .

Noi già d'altronde sappiamo che la dottrina del Vaticano intorno al magistero della Chiesa poggia sulla parola stessa di Cristo; sull'uso e la credenza della Chiesa apostolica e postapostolica; sopra quanto la Chiesa ha sempre fatto, esercitando nei secoli l'autorità d'insegnamento.

Più chiaramente si fa manifesto - o almeno si fa manifesto sotto un altro aspetto - il pensiero del Concilio di Trento e del Vaticano sopra la natura della tradizione, quando si osserva la loro maniera di comportarsi, nel formulare i particolari decreti dommatici. I padri di Trento ricorrono alla Scrittura e alla tradizione, alle testimonianze dei precedenti concili e al consenso dei santi padri. E tuttavia, per giudicare se una verità sia rivelata e faccia parte della tradizione, in ultim'analisi, si riferiscono al senso e al consenso della Chiesa e a quello che la Chiesa cattolica diffusa per ogni luogo sempre ha inteso ed insegnato e professato, conservato, ritenuto, custodito. In una parola alla fede e alla predicazione della Chiesa. L'unanime e perpetuo consenso circa una verità, appartenente alla fede e ai costumi, vale per il Concilio di argomento ineluttabile per definire la stessa verità , come rivelata e contenuta nella tradizione divina (6) .

Non altrimenti si comporta il Concilio Vaticano. Appellando alla tradizione e alla Scrittura, ai concili e ai padri ortodossi, ritiene quale criterio universale di discernimento la fede e l'uso della Chiesa, la sua predicazione (7).

 

***

 

Dopo quanto precede e tenendo presente l'insegnamento del Tridentino e del Vaticano, siamo in grado di formarci un giusto concetto della tradizione divino apostolica . È la dottrina della fede, in quanto prima la ricevettero gli apostoli dalle labbra di Cristo Nostro Signore o per immediata comunicazione dello Spirito Santo ; dottrina dagli apostoli a viva voce predicata, e poi di età in età con continua successione per l'assistenza dello Spirito Santo conservata intatta e trasmessa fino a noi. Di tale dottrina la Chiesa è custode, maestra, interprete e giudice; con l'assistenza divina ad essa in perpetuo promessa la conserva inviolabilmente ed infallibilmente la espone. La rivelazione trasmessa attraverso il magistero, sempre vivo e vigente, si contiene anche nella Sacra Scrittura, benchè in altra maniera.

E tuttavia in un unico deposito della fede, alla Chiesa affidato, è compresa tutta intera la rivelazione. Criterio definitivo per discernere le autentiche e genuine tradizioni è la fede e predicazione della Chiesa universale.

Il concetto che abbiamo dato della tradizione coincide con quello del Franzelin, maestro riconosciuto in questa materia. Riportiamo le stesse parole dell'esimio teologo : «In senso proprissimo tradizione è : l'integra dottrina della fede, in quanto con continua successione è conservata con l'assistenza dello Spirito Santo nel consenso dei custodi del deposito della rivelazione e dei dottori divinamente costituiti, e in quanto si manifesta nella professione e nella vita di tutta la Chiesa». Con queste ultime espressioni s'indica che all'ufficio d'insegnare corrispondono, quale elemento visibile, l'esterna costituzione e gli atti della Chiesa, tanto nella vita quotidiana (se così è lecito parlare), quanto nelle solenni manifestazioni. Resta però sempre fermo che la ragione formale dell'autorità e della piena sicurezza nel conservare ed esplicare il deposito della rivelazione, viene dal carisma invisibile dello Spirito Santo (8).

 

L'assistenza dello Spirito Santo

 

Giacchè di quest'assistenza si fa spesso menzione nel trattare di tradizione e di progresso dommatico, fermiamoci a indagarne l'esistenza e, quanto si può, la natura.

La conservazione pura ed integra della verità rivelata attraverso i secoli non si concepisce senza uno speciale influsso dello Spirito di Dio. Abbandonata a fattori puramente umani andrebbe soggetta a variazioni essenziali e a deformazioni. È questo un punto fermo della dottrina cattolica. L'influsso non ha valore di nuova rivelazione, quasi che venisse ad accrescere obiettivamente il tesoro delle verità , implicitamente o esplicitamente contenute nel deposito della fede. Non esclude però «le ispirazioni, le illuminazioni e gli altri ausili interni della multiforme grazia dello Spirito Santo in ordine alla fedele custodia e all'esposizione del deposito » (9).

È l'assistenza, di cui parliamo, una divina speciale provvidenza che « dirige il magistero ed impedisce che mai si allontani dal sentiero della verità nel proporre la rivelazione già fatta, nel dichiararne il senso legittimo, nello spiegare quanto implicitamente si contiene, nel condannare gli errori ad essa contrari» (10). Che se si ricerca quali siano i mezzi positivi di cui Dio si serve, si dovrà rispondere che sono molteplici, nè noi possiamo tutti in particolare enumerarli. È in primo luogo il senso tradizionale ereditato dai nostri maggiori ; si aggiungono le esposizioni scritturali dei santi e dei dottori riconosciuti nella Chiesa, gli studi e le ricerche dei teologi, la grazia coadiuvante dello Spirito Santo e simili . Benchè, da sè soli , questi mezzi non rendano gli uomini immuni dall'errore, pure sotto la direzione di quella Sapienza, che non fallisce nelle sue disposizioni e si giova di mezzi defettibili per raggiungere indefettibilmente lo scopo, si comprende che bastino al fine prefisso, sicchè qualunque verità venga proposta a credere dal supremo magistero della Chiesa, ipso facto e secondo il modo e il tenore con cui viene proposta, sia consona e consentanea alla parola di Dio rivelata (11).

All'assistenza divina la Chiesa attribuisce la propria indefettibilità. Così il Concilio di Trento nel proemio al decreto della giustificazione dichiara di esporre la vera e sana dottrina che Cristo  «insegnò, gli apostoli predicarono, e la Chiesa cattolica, per suggestione dello Spirito, sempre ritenne» (Denz.-U.792 a) . Nel prologo al decreto dell'Eucaristia, il Concilio professa d'insegnare la sana e sincera dottrina che la Chiesa cattolica da Cristo Nostro Signore e dai suoi apostoli ammaestrata e dallo Spirito Santo illuminata, che di giorno in giorno le suggerisce ogni verità ritenne sempre e conserverà sino alla fine dei tempi » (12).

Il Concilio Vaticano, attribuisce l'infallibilità del Sommo Pontefice all'assistenza divina a lui nel beato Pietro promessa (13).

Il beato papa Pio X contro le aberrazioni modernistiche impone che si mantenga la dottrina dei padri «a riguardo del certo carisma di verità, che è, fu e sarà sempre nella successione dell'episcopato dagli apostoli» (14).

Ultimamente Pio XII ha inculcato in termini evidenti la stessa dottrina : « Il magistero della Chiesa, non certo per industria meramente umana, ma per l'assistenza dello Spirito di Verità, e perciò infallibilmente, adempie il suo mandato di conservare perennemente pure ed integre le verità rivelate, e le trasmette senza contaminazioni, senza aggiunte, senza diminuzioni ». Nella Chiesa universale «vive lo Spirito di Verità e la conduce infallibilmente alla conoscenza delle verità rivelate» (15).

Quest'assistenza si dovrà avere continuamente presente nel determinare la natura e le proprietà della tradizione e le funzioni del magistero ecclesiastico. Averla presente - vorremmo aggiungere - benchè si manifesti in varie forme e in modo differente nel giudicare dalla storia della Chiesa e della sua vita interiore ed esteriore e dell'esercizio delle potestà di santificazione e di giurisdizione. 

 

In che senso il magistero coincide con la tradizione

 

Benchè le relazioni tra magistero e tradizione siano strettissime, pure si distingue apertamente l'uno dall'altra. Il Concilio Tridentino presuppone che la Scrittura e la tradizione sono le fonti, a cui esso attinge la verità che intende di definire (Denz.-U. 843 a, 947, 957, 959) . Secondo il Concilio Vaticano, la Scrittura e la tradizione sono la parola di Dio - verbum Dei scriptum et traditum - mentre il magistero espone e dichiara questa stessa parola. Ora chi attinge alle fonti, da esse si distingue ; chi spiega la parola di Dio, non s'identifica con essa (16).

Non mancano tuttavia autori che, considerando tutti gli elementi integranti la tradizione, pensano che coincida almeno parzialmente col magistero. La tradizione - essi dicono è la predicazione universale della Chiesa : comprende quindi l'oggetto che si predica ; il soggetto che predica, che è la Chiesa di Cristo fin dagli apostoli; l'atto o l'attività con cui predica e la fede della stessa Chiesa. Perciò, nel concetto di tradizione anche l'attività del magistero e il suo esercizio entrano a far parte di diritto e per essenza . Il Michel appunto, seguendo le tracce del Billot, senz'altro vuole che «riguardata nel suo senso attivo, la tradizione, cioè a dire la trasmissione di verità e precetti, si confonde formalmente con la predicazione attuale della Chiesa, cioè col suo infallibile magistero. Essa è la regola di fede, regola unica ed immediata. I documenti, comprendenti la predicazione anteriore della Chiesa, potrebbero essere considerati come regola remota» (17).

Il Billot distingue nella predicazione della Chiesa un doppio aspetto. Il primo importa precisamente la trasmissione in quanto tale di età in età, quasi di mano in mano, della dottrina rivelata fin dagli apostoli. Sotto quest'aspetto la tradizione non è che regola remota della fede cattolica, giacchè ci si rende manifesta per mezzo dello studio dei monumenti delle età passate. E quanto ai dommi che contiene, se ne acquista conoscenza certa, usando il metodo proprio della scienza teologica . Ma la predicazione ecclesiastica ammette un secondo aspetto, in sè e assolutamente considerata nel suo attuale esercizio in un dato momento storico. Sotto questo aspetto, è sempre tradizione, in quanto sempre trasmette la dottrina, implicitamente o esplicitamente ricevuta dai maggiori ; spiegatamente la propone ed esplica ciò che si deve credere, secondo la rivelazione, pervenuta dagli apostoli fino a noi. Allora è regola prossima e immediata di fede, che adeguatamente coincide con l'infallibile e sempre vivo magistero della Chiesa cattolica, formalmente in quanto magistero (18).

Tra le due concezioni non esiste sostanziale differenza. La seconda riconosce la legittimità della prima ; ha però il vantaggio di mettere in più netto rilievo la parte spettante al magistero ecclesiastico. È concezione assolutamente ortodossa, tenuta da teologi di sicurissima dottrina. Altro giudizio si deve portare di quell'opinione, che identifica la tradizione col magistero della Chiesa, ma soltanto con l'attuale e, per giunta, indipendentemente dalla trasmissione della rivelazione nelle età trascorse.

I documenti del passato non gioverebbero a darci la dimostrazione positiva che la verità oggi annunziata dalla Chiesa risponde a quella che già prima si era costantemente predicata. I documenti attesterebbero soltanto i vari stadi per cui quella verità è passata, nel processo evolutivo di età in età. Questo modo di vedere si allontana dalla dottrina cattolica, la quale riconosce una linea continua di movimento in progresso dagli apostoli sino a noi, e i documenti del passato giudica connessi con la presente fede della Chiesa, come sue manifestazioni, più o meno chiare, più o meno espresse. Tale è il metodo seguito nella Munificentissimus Deus : si parte dall'odierna credenza universale nell'assunzione di Maria, per scoprirne poi e individuarne gli indizi, i vestigi, le testimonianze esplicite attraverso i secoli.

Quanto sopra si è affermato sul magistero della Chiesa quale norma e regola prossima di fede è comunemente insegnato nelle scuole cattoliche. E l'enciclica Humani generis ha fatto suo quest'insegnamento, che, a quanto sembra, ora per la prima volta s'inserisce in un documento dottrinale, tanto grave, direttamente emanante dal Sommo Pontefice. « E benchè questo sacro magistero debba essere per qualsiasi teologo, in materia di fede e di costumi, la norma prossima e universale di verità (in quanto ad esso Cristo Signore ha affidato il deposito della fede cioè la S. Scrittura e la tradizione divina custodito, difeso ed interpretato), tuttavia viene alle volte ignorato, come se non esistesse, il dovere che hanno i fedeli di rifuggire pure da quegli errori che in maggiore o minore misura s'avvicinano all'eresia» (19) .

Così la Chiesa ci si presenta quale maestra, che quasi incorpora in sè la Scrittura e la tradizione. Di tale autorità munita, essa parla con sicura coscienza, quando per esempio il Concilio Vaticano insegna con suprema autorità, semplicemente facendo appello alla fede della santa cattolica apostolica Chiesa romana (Denz.-U. 1782) ; o quando, il Concilio di Firenze, nel Decretum pro Iacobitis, per ben nove volte ricorre alla credenza della sacrosanta Chiesa romana per imporre il proprio impegnamento (Denz.-U. 703 , 706, 708-714) .

Roma parla ; basta perchè tutti i fedeli, dotti e indotti, teologi e non teologi, accolgano con docilità di fede la verità proclamata, senza necessità di ricorrere alle fonti da cui la Chiesa l'attinge.

 

P. G. FILOGRASSI S. I.

 

 

 

(1) Civiltà Cattolica, 1951 , vol. I , quad. 2426

(2) A. MICHEL, Dictionnaire de Théologie Catholique, s. v. Tradition, 1252-1350. È la più recente trattazione e rimonta al 1946. A. Deneffe, Der Traditionsbegriff, Münster i. W. 1931.

(3) È la via seguita nell'articolo Traditio divino apostolica et Assumptio B.M.V., in Gregorianum, XXX ( 1949), 443-489.

(4) Per comodo dei lettori riferiamo il testo originale latino del Decreto intero.

«Sacrosancta œcumenica et generalis Tridentina Synodus, in Spiritu Sancto legitime congregata, praesidentibus in ea eisdem tribus Apostolicæ Sedis Legatis, hoc sibi perpetuo ante oculos proponens, ut sublatis erroribus puritas ipsa Evangelii in Ecclesia conservetur, quod promissum ante per Prophetas in Scripturis sanctis Dominus noster Iesus Christus Dei Filius proprio ore primum promulgavit, deinde per suos Apostolos tanquam fontem omnis et salutaris veritatis et morum disciplinae omni creaturæ prædicari iussit : perspiciensque, hanc veritatem et disciplinam contineri in libris scriptis et sine scripto traditionibus, quæ ab ipsius Christi ore ab Apostolis acceptæ, aut ab ipsis Apostolis Spiritu Sancto dictante quasi per manus traditæ ad nos usque pervenerunt, orthodoxorum Patrum exempla secuta, omnes libros tam Veteris quam Novi Testamenti, cum utriusque unus Deus sit auctor, nec non traditiones ipsas, tum ad fidem, tum ad mores pertinentes, tanquam vel oretenus a Christo, vel a Spiritu Sancto dictatas et continua successione in Ecclesia catholica conservatas, pari pietatis affectu ac reverentia suscipit et veneratur.

(5) Espongono accuratamenhte la genesi e il senso del decreto J. SALAVERRI, La tradición avalorada como fuente de la revelación en el Concilio Tridentino, in Estudios Eclesiásticos, 19 ( 1946), p. 35 ss .; A. MICHEL, art. cit ., 1311-1317.

(6) Cfr. J. Salaverri, art. cit . , pp. 54-56, ove sono raccolte le varie formule adoperate dal Tridentino.

(7) «Secundum universalis Ecclesiæ fidem ; perpetuus Ecclesiæ catholicæ consensus tenuit et tenet ; secundum antiquam atque constantem universalis Ecclesiæ

fidem etc. » (Denz.-U. 1794 , 1795 , 1821 , 1822, 1824, 1826, 1832, 1836) .

(8) J. FRANZELIN, De divina traditione et Scriptura, thes. xi, ed. altera, Romæ 1875, p. 96. Identica è l'idea di tradizione esposta dal BILLOT: « Habemus igitur  in christiana religione ex divino instituto, organum traditionis, et quidem oralis ac semper vivæ; organum dico authenticum, perenniter duraturum, charismate continuæ assistentiæ donatum. Addo etiam, indivisum in se, et in sua individualitate semper visibile ; idque præsertim propter unum designatum centrum et caput Petrum, qui necessario adest in hierarchia apostolica ut primus (MT. 10, 2) ; necessario adest cum mysterioso nomine sibi a Christo imposito, quo inconcussa soliditas ministerii eius significaretur ( Io. 1 , 42) ; necessario adest ut confirmator fratrum (Lc. 22, 32) ; ut petra supra quam ædificata est Ecclesia (MT. 16, 18) , omnia hic intelligendo iuxta ea quæ in proprio tractatu demonstrata et probata supponuntur. Nunc autem, si tale est organum traditionis, quale hactenus ex ipso solemni documento institutionis Ecclesiæ fuit descriptum, statim apparet, et sine difficultate intelligitur traditionem ipsam de qua praesens currit disputatio, nihil esse aliud quam prædicationem ab ævo in ævum continuatam per apostolorum successores sub charismate indefectibilitatis , illius revelationis quæ de ore Iesu Christi, vel apostolorum eius, Spiritu Sancto dictate, primitus fuit accepta » . L. BILLOT, De immutabilitate traditionis, ed. tertia, Romæ, 1922, p. 17.

(9) L. BILLOT, Tractatus de Ecclesia Christi, I, thes. xvi, ed. quinta, Romæ 1927, p. 379.

(10) Ivi, pp. 379-380.

(11) L. BILLOT, op. cit. , p. 380.

(12) Decretum de Eucharistia, (DENZ.-U. 873 a).

(13) Const. de Ecclesia Christi (DENZ.-U. 1839).

(14) Iusiurandum contra errores modernistarum (DENZ.-U. 2147) .

(15) Const. apost. Munificentissimus Deus, in A.A.S. XXXXII (1950), pp. 756-757, 769.

(16) Cfr. J. SALAVERRI, Sacræ Theologiæ Summa, I , Tractatus II , De Ecclesia Christi, Matriti 1950, nn. 805, 806.

(17) A. MICHEL, art. cit . , 1347.

(18) L. BILLOT, op. cit . , pp. 29-30.

(19) A.A.S. XXXXII ( 1950) , p. 567.

 

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