UNAVOX: LA FSSPX DEI MASS MEDIA* E LA CULTURA DELLA CANCELLAZIONE
I sacerdoti della Fraternità in processione
Gederson Falcometa
Mons. Bruno Forte, rivelando le parole di Papa Francesco in occasione di Amoris Laetitiae, ha riferito che il Papa ebbe a dire: “Se parliamo esplicitamente della comunione ai divorziati risposati, non sapete in che guai ci cacceremo. Quindi non parliamone in modo diretto. Facciamolo in modo che rimangano le premesse, sarò poi io a trarre le conclusioni”.
In alcuni casi egli trae le proprie conclusioni, ma in altri chiede di farlo ai giornalisti (1). Questa è la logica che è stata seguita nella Chiesa fin dal Concilio Vaticano II e che è continuata nel periodo postconciliare. È proprio questa logica che sta dietro la (falsa) tesi del Concilio rubato dai media (2), al pari delle accuse rivolte alla FSSPX di essere scismatica. La cosa più assurda di questa falsa tesi è che tutta la Chiesa ha smesso di credere nei suoi pastori ed è arrivata a credere in un “magistero” dei media, dove tutti hanno una falsa interpretazione unanime del Concilio Vaticano II.
Quando si tratta di queste false interpretazioni del Concilio, da un lato sono gli stessi membri della gerarchia, come l’attuale Papa, che le hanno diffuse, le stanno diffondendo e le diffonderanno. Mentre dall’altro lato abbiamo l’omissione dei Papi e del magistero che hanno preceduto Francesco (3). Come Papi, era loro dovere insegnare, correggere e condannare le false interpretazioni del Concilio, ma invece di adempiere al loro ufficio, hanno preferito lamentarsi del furto del Concilio. È una vergogna! Come se non bastasse, fu durante il pontificato di Giovanni Paolo II che Bergoglio divenne vescovo e cardinale, per poi essere eletto Papa proprio dal Collegio cardinalizio creato da Giovanni Paolo II e da Benedetto XVI.
A questo punto, è necessario un breve commento, perché il problema con la FSSPX è sorto proprio a causa della consacrazione dei 4 vescovi (4).
Mons. Lefebvre fece molto bene a scegliere lui stesso i suoi vescovi, perché almeno a partire dal pontificato di Giovanni Paolo II, con l’elevazione a cardinale di diversi nomi della Nouvelle Théologie, come Urs Von Balthasar, Yves Congar, Henri De Lubac, ecc.; i teologi preconciliari e i grandi tomisti come Mons. Antonio Piolanti e Padre Cornelio Fabro, furono esclusi dal Collegio Cardinalizio, e il degrado si approfondì a tal punto che oggi il Collegio Cardinalizio ha solo rappresentanti dell’umanità piuttosto che della Chiesa.
La nomina di vescovi e cardinali non è una questione da poco. Questo è talmente vero che basta guardare alla nostra realtà, con sacerdoti, vescovi e cardinali che non hanno alcuna vocazione e che spesso non sono nemmeno veri cattolici (a meno che non si inizi a considerare il transcattolicesimo). Come le cose siano andate così male è difficile da spiegare. In ogni caso, la controversia sulla Bolla Cum Ex Apostolatus Officio di Papa Paolo IV, che per secoli ha impedito a chiunque fosse stato eretico in passato di candidarsi al papato, è un termometro per vedere il fondo del barile. Oggi la Bolla è oggetto di controversie tra tradizionalisti e sedevacantisti (5).
Chi sarebbero stati dunque i vescovi nominati da Roma per la FSSPX? La cosa più probabile è che si sarebbe trattato di vescovi scelti tra gli appartenenti alla posizione opposta a quella della Fraternità: la conservazione della fede.
Per concludere questa sezione, vorrei ricordare che la Lettera Apostolica nella forma del Motu Proprio Ad Charisma tuendum sminuisce l’Opus Dei, lo classifica come carisma e proibisce ai suoi membri di ricoprire l’episcopato. Mi chiedo se Benedetto XVI non avesse la stessa visione dei Padri che celebravano secondo il Motu Proprio Summorum Pontificum (6). Si potrebbe pensare di sì. Se Benedetto XVI non ha nominato vescovi “tridentini”, Bergoglio non nasconde la sua preferenza per vescovi e cardinali, il cui criterio, se non sbaglio, è l’allineamento dottrinale della rivista Concilium. In un certo senso, il passaggio da Benedetto XVI a Francesco è anche il passaggio da Communio a Concilium (7).
In generale, i cattolici che accusano la FSSPX di scisma sono gli stessi che sono dolci con gli eretici protestanti e gli scismatici ortodossi (8). Non si rendono conto dei fatti e non fanno autocritica; sembrano vivere a Narnia. Ora, il magistero, che ha abbandonato il linguaggio del Sì Sì No No e ha introdotto i concetti di piena e non piena comunione, non può emettere una sentenza che affermi che la FSSPX è scismatica. Questo va contro le indicazioni conciliari, oltre ad essere un’eloquente testimonianza di ipocrisia nei confronti degli scismatici e degli eretici con cui Roma dialoga. Le stesse autorità romane hanno detto più volte che il caso della FSSPX è una questione interna alla Chiesa. Ora, se i casi interni vengono trattati in questo modo, quelli esterni vorrebbero star dentro? Considerando che il trattamento per chi sta fuori è migliore rispetto a quello di chi sta dentro.
Quando si tratta della FSSPX, c’è durezza e condanna, ma quando si tratta degli altri che sono veramente eretici e scismatici, c’è dolcezza. Quindi i casi esterni non sono in piena comunione con la Chiesa, ma qual è lo status dei casi interni, come la FSSPX? Dopo decenni non si ha ancora una definizione? Alcuni hanno detto che Benedetto XVI ha affermato nel Motu Proprio Ecclesia Unitatem che la FSSPX non esercita un legittimo apostolato nella Chiesa, ma lo stesso Motu Proprio ripete con Ecclesia Dei Adflicta che il problema della FSSPX è dottrinale. Quindi lo stesso Motu Proprio si limita a ripetere qualcosa detto 21 anni prima. Un giudice che non giudica una causa ricorda il giudice iniquo del Vangelo...
In altre parole, Roma preferisce un impietoso silenzio che non afferma o non nega che la FSSPX sia scismatica, agisce in modo da dare le premesse e lascia che le conclusioni siano tratte dall’opinione pubblica cattolica, in altre parole, il suo silenzio porta la gente a dire cose che essa stessa non dice (9). È stato così con Amoris Laetitiae, così è già stato con il Concilio e così è adesso con il caso della FSSPX: lascia che i media riproducano su di essa una realtà inesistente, con il chiaro scopo di coercizione e cancellazione.
La cultura della cancellazione non è nuova, come dimostra il caso della FSSPX. In un certo senso, forse si può dire che quello che è successo alla Chiesa con il Concilio e il post-Concilio è la sua massima espressione, perché di fatto si è cercato a tutti i costi di cancellare la sua liturgia, la sua disciplina e la sua teologia, la sua stessa identità, la sua tradizione. Anche nella tesi del Concilio rubato dai media si intravede questa cultura, perché se il Concilio è stato rubato dai media, in un certo senso il vero Concilio è stato cancellato da questo furto, ma questo è notoriamente falso, Benedetto XVI presenta un’altra versione nel libro Principio di teologia cattolica:
«Quello che ha rovinato la Chiesa dopo il Concilio non è stato il Concilio stesso, ma il rifiuto di accettarlo […] l’obiettivo quindi è quello di scoprire il vero Concilio e di approfondire le sue vere intenzioni alla luce dell’esperienza corrente, non di sopprimerlo» - Joseph Ratzinger, Principles of Catholic Theology, 1987, p. 390.
La cosa curiosa è che per alcuni cattolici il problema inizia solo con Francesco. È come se fino a Benedetto XVI fossero, parafrasando Bergson, “nella migliore delle Chiese possibili”, come se fossero in un sogno e si fossero svegliati in una realtà diversa. Il problema inizia con il Concilio, anzi un po’ prima, con la rinascita del modernismo sotto forma di Nouvelle Théologie. È ovvio che se hanno tentato questa cancellazione con la Chiesa, avrebbero fatto lo stesso con chiunque sostenesse la continuità della Tradizione cattolica, in questo caso la FSSPX. Ciò che sorprende è che questi attacchi provengono spesso da coloro che combattono la cultura della cancellazione.
Ringrazio molto Dio per Mons. Marcel Lefebvre, Mons. Antonio de Castro Mayer e i vescovi che hanno consacrato. Se questi vescovi non esistessero, non sapremmo cosa sia un vero vescovo nel suo significato più profondo. Non voglio dire che non ci siano più buoni vescovi, ma i vescovi che accettano il Concilio e non vi si oppongono sono come mezze verità, cioè mezzi vescovi. Se non fosse stato per lìopera di Mons. Lefebvre, nessuno saprebbe più cosa sia la Messa tradizionale, perché il Motu Proprio Summorum Pontificum, nonostante tutti i suoi guai, è stato una delle conseguenze positive dei colloqui tra la FSSPX e Roma.
NOTE
* I mass media spesso creano allarmismi (falsità) utilizzando fake news, tecniche linguistiche e altri trucchi da quattro soldi. Il fatto è che Roma non ha resistito ai media, ha riconosciuto la sconfitta, la rapina, senza combattere e con molta facilità. È come quelle storie di polizia in cui la vittima della rapina pianifica il proprio furto per trarne profitto. Nel caso di Roma, i media dicono sempre ciò che non possono dire. Al contrario, la FSSPX, che non è stata formalmente condannata da Roma, non può accettare di essere condannata da nessuno, e nemmeno di usare il nome di Roma per farlo. Ecco perché ci sono centinaia di difese contro la falsa accusa di essere scismatica. A cui i suoi detrattori generalmente non rispondono.
1 - “L’ho letto e sinceramente devo dirvi questo, … leggete voi, attentamente, il comunicato e fate voi il vostro giudizio. Io non dirò una parola su questo. … Credo che il comunicato parla da sé stesso” Viganò e Francesco, Robert Moynihan http://www.unavox.it/ArtDiversi/DIV2577_Moynihan_Vigano_e_Francesco.html
La Chiesa conciliare, oltre a dire che era stata derubata, non fece nulla di concreto contro i “ladri”.
2 - I fedeli legati alla fondazione di Mons. Lefebvre, la FSSPX, sanno bene come distinguere i loro pastori dai giornalisti. Ma i fedeli della Chiesa conciliare non lo sanno no? Oppure i media sono stati alimentati dai pastori dello stesso clero conciliare?
3- I Papi che hanno preceduto Francesco appartenevano alla linea moderata del neomodernismo della Nouvelle Théologie, la linea Communio. Francesco, invece, appartiene all’ala radicale di questo stesso neomodernismo, segue la linea del Concilium.
4 - Pochi sanno che il cardinale Lubomyr Husar fu consacrato vescovo nel 1977 a Castel Gandolfo, senza mandato apostolico e in esplicita opposizione alla volontà di Paolo VI, dal cardinale arcivescovo Josyf Slipyj. Tuttavia, dato l’orientamento ecumenico del Concilio e la promozione della Lettera Enciclica Ut Unum Sint con le Chiese orientali, non ci fu alcuna scomunica. Lubomyr è stato riconosciuto nel 1996 e successivamente creato cardinale.
Peter Kwasniewiski racconta a modo suo la storia di questa canonizzazione nel suo articolo “Diritto della Chiesa e ordinazione clandestina: la lezione del Cardinale Wojytila e del Cardinale Slipyij”. La storia della consacrazione che racconta nell’articolo è falsa: il diritto alle consacrazioni clandestine avveniva nei rispettivi Paesi, questo diritto non può esistere a Castel Gandolfo a Roma, sotto la protezione papale. Paolo VI non ha voluto la consacrazione di Husar, non ha concesso il mandato apostolico.
Quello che Peter Kwasniewiski sembra non sapere è che Paolo VI fu rimosso dalla Segreteria di Stato di Pio XII per il sospetto di aver denunciato i sacrifici clandestini compiuti dai vescovi che aveva inviato a compierli sotto la cortina di ferro. Per questo fu punito e inviato a Milano senza il cappello cardinalizio.
Paolo VI favorì gli arcivescovi rossi, come Mons. Helder Câmara, che fin dai tempi in cui era Segretario di Stato di Pio XII non amava i prelati anticomunisti. Basti vedere il modo in cui trattò il cardinale Mindzensky durante il suo soggiorno a Roma. Steve O' Brien ci racconta nel suo articolo “Shooting Cardinal” cosa probabilmente ha motivato il cardinale Slypyj a eseguire la consacrazione di Husar senza un mandato apostolico:
“Portato via dalla sua terra natale contro la sua volontà, Mindszensty celebrò la Messa a Roma con Paolo [VI] il 23 ottobre 1971. Il Papa gli disse: “Tu sei e rimani arcivescovo di Esztergom e primate d'Ungheria”. Fu il bacio di Giuda. Per due anni Mindszenty viaggiò, testimonianza vivente della verità, un uomo torturato, umiliato, imprigionato e infine bandito dagli interessi della Chiesa. Nell’autunno del 1973, mentre si preparava a pubblicare le sue Memorie, rivelando al mondo l’intera storia, subì il tradimento definitivo. Paolo [VI], temendo che la verità avrebbe rovinato il nuovo spirito di convivenza con i marxisti, “chiese” a Mindszenty di dimettersi dal suo incarico. Quando Mindszenty rifiutò, Paolo [VI] dichiarò la sua sede vacante, dando ai comunisti una vittoria schiacciante”. Shooting Cardinal, Steve O'Brien, versione portoghese pubblicata da Fratres in Unum - https://fratresinunum.com/2009/01/08/o-caso-mindszenty-iii-o-beijo-de-judas/
5 - La controversia va avanti da decenni. Per me, le risposte migliori vengono da Don Curzio e da Alessandro Sanmarchi.
6 – Il Motu Proprio Summorum Pontificum, secondo Benedetto XVI, fu solo un atto di tolleranza, come si può leggere:
“E’ una paura infondata, perché questo Motu Proprio è semplicemente un atto di tolleranza, ai fini pastorali, per persone che sono state formate a quella liturgia, la amano, la conoscono e vogliono vivere con quella liturgia. E’ un grupo ridotto, perché presuppone una formazione in latino, una formazione in una cultura certa. Ma per queste persone avere l’amore e la tolleranza di permettere di vivere con questa liturgia, sembra u’esigenza normale della fede e della pastorale di un vescovo della nostra Chiesa. Non c’è alcuna opposizione tra la liturgia rinnovata del Concilio Vaticano II e questa liturgia”. Benedetto XVI, Intervista concessa dal Santo Padre ai giornalisti durante il volo verso la Francia, 12 settembre 2008.
Per definizione, solo un male è tollerato, come qualcosa che si tollera e che in altre circostanze non può più essere tollerato. Questo è il vero fondamento del Summorum Pontificum. Con la Traditiones Custodes, Francesco non ha più voluto essere tollerante. È inutile obiettare che il Motu Proprio afferma che la Messa non è mai stata abrogata, perché l'affermazione corretta è:
“Perciò è lecito celebrare il Sacrificio della Messa secondo l’edizione tipica del Messale Romano promulgato dal B. Giovanni XXIII nel 1962 e mai abrogato, come forma straordinaria della Liturgia della Chiesa”.
La Messa tradizionale è nata come forma straordinaria della liturgia della Chiesa solo dopo il Motu Proprio. I ratzingeriani non hanno creduto nemmeno a Ratzinger/Benedetto XVI quando ha ripetutamente affermato la continuità essenziale tra il suo pontificato e quello di Francesco.
7 – Si legga per esempio l’articolo “Ortodossi e Comunione, la fede che è mancata alla CEI – https://lanuovabq.it/it/ortodossi-e-comunione-la-fede-che-e-mancata-alla-ce”
I fratelli ortodossi, veramente e comprovatamente scismatici, sono esempi di fede e di comunione che mancano alla Conferenza Episcopale Italia. Sono ancora chiamati affettuosamente “fratelli ortodossi”. Due pesi e due misure...
8 - Il “Cardinale” Henri De Lubac ha affermato:
“Mentre le cattedre di teologia sono occupate da colleghi di Concilium (l’ala avanzata del modernismo), quasi tutti i teologi nominati vescovi negli ultimi anni provengono dai gruppi di Communio (l’ala moderata dello stesso modernismo)... Balthasar, De Lubac e Ratzinger, i fondatori [di Communio], sono tutti diventati cardinali”. Rivista 30 Giorni del dicembre 1991, citato nell’articolo “Ratzinger un prefetto senza fede nella Congregazione per la Dottrina della Fede” Sìsì NoNo, 1993, nº3 - https://www.sisinono.org/anno-1993.html?download=464:anno-ix-n-6
Ora, i modernisti radicali di Concilium, dalle loro cattedre teologiche, hanno formato generazioni di sacerdoti. Ovviamente sarebbe arrivato il momento in cui questa generazione formata dai neomodernisti radicali avrebbero occupato cattedre episcopali, sarebbero stati creati cardinali e avrebbero raggiunto il papato. Come è successo con Jorge Mario Bergolio, Francesco I.
9 - Nel caso della FSSPX, di cui stiamo parlando, sono state scritte innumerevoli pagine per giustificare l’ingiustificabile. In una situazione normale, basterebbe citare il documento con la sentenza romana e le sue istruzioni, ma semplicemente non esiste. L’Ecclesia Dei Adflicta e l’Ecclesia Unitatem non sono documenti di questo tipo. Come già detto nell’articolo, alcuni interpretano la scritta che “il problema dottrinale rimane nella Fraternità” come se rimanesse uno scisma, ma uno scisma non è un problema dottrinale, bensì disciplinare. Roma non ha mai emesso alcuna condanna contro la FSSPX per motivi dottrinali. Chi si esprime in questo modo non sa nulla di teologia! Dice ciò che il magistero non dice, insegna ciò che il magistero non insegna e condanna ciò che il magistero non condanna. In realtà, questa è la prassi di coloro che svolgono un magistero parallelo (come i giornalisti e i cattolici che pensano di essere il Papa (o le Papesse) dietro i loro monitor). Anche Benedetto XVI si è riferito alla teologia della liberazione come eresia solo come dottore privato e in modo casuale. A Leonardo Boff, scomunicato ipso facto dal Decreto contro il comunismo, ha chiesto solo un silenzio ossequioso. Chiedere un silenzio ossequioso a qualcuno scomunicato dalla Chiesa preconciliare è un segno di continuità o di rottura?
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