Nella Chiesa del culto dell'uomo, Papa Francesco è l'immagine e somiglianza di Karl Rahner!


Presentiamo ai nostri lettori un estratto dell'"Introduzione" del libro "L'avventura della teologia progressista" del P. Cornelio Fabro. Dove dice alcune parole su Karl Rahner, che, sebbene scritto nel 1974, ci sembra rivelare chiaramente l'essenza rahneriana dell'attuale pontificato.



L'avventura della teologia progressista
P. Cornelio Fabro
Estratto dell'Introduzione
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Quale artefice principale dello sconquasso è indicato il gesuita settantenne Karl Rahner, che ha proclamato la cosiddetta «svolta antropologica» (anthropologische Wende) nella teologia e ha coniato slogan a ripetizione – la chiesa del ghetto, i cristiani anonimi…– e ha denunziato la Humanaevitae mettendo sotto accusa il Papa stesso con un piglio che ricorda l’«Ascoltami tu, Papa!» di Lutero: «Se il magistero della Chiesa non avrà oggi il coraggio e l’audacia di ritrattare i passati errori, non rimarrà degno di fede e di fiducia»[1]. Questo non solo non sembra lo stile di un figlio di sant’Ignazio, ma neppure quello di un mediocre cristiano: Kierkegaard, per esempio, aveva ben visto che in materia di fede il primo criterio non è l’erudizione o la scienza ma il carisma dell’«autorità» (Myndighed). Rahner invece non va proclamando da ogni parte che al teologo, qualunque tesi o formula possa presentare, occorre lasciare piena libertà?[2]

Recentemente Rahner ha criticato anche il comunicato conclusivo del Sinodo dei vescovi della Germania Ovest perché non ha seguito la sua linea, cioè «l’imperativo concreto… soprattutto di natura politico-sociale e critico-sociale». Così Rahner nel recente libro Struktur-Wandel der Kirche als Aufgabe und Chance,[3] secondo un vigoroso pubblicista cattolico, è «cambiato da teologo a teorico di politica ecclesiastica, o piuttosto ha chiarito in forma esplicita il cambiamento già implicito nelle altre opere». L’intento principale del programma di Rahner è di mettere insieme nella Chiesa del futuro la «reale spiritualizzazione» con la «declericalizzazione», «demoralizzazione», «apertura», «democratizzazione» [4]. Una simile Chiesa del futuro può attuarsi soltanto dal basso mediante le cosiddette «comunità di base» (Basisgemeinde) alla cui guida le donne stanno alla pari con gli uomini e nelle quali in concreto l’obbligo del celibato dei preti non ha più senso. La spiritualità diventa così senz’altro sinonimo di impegno sociale di gruppo che ha il diritto di agire e svilupparsi in modo autonomo rispetto all’autorità: errori, questi di Rahner, osserva lo scrittore, che sono oggi molto diffusi. E molto diffusa è la paura di fronte allo spauracchio del «ghetto», sbandierato da Rahner e da altri. E conclude: «I vescovi tedeschi riotterranno la loro libertà di azione allorquando si saranno sufficientemente svincolati dalle idee di questo gruppo [di potere teologico] e torneranno a dedicarsi al semplice popolo della Chiesa»[5]. Un monito chiaro ed esplicito che rispecchia la dolorosa impressione della maggioranza dei fedeli, turbati di fronte alle confusioni e agli sbandamenti teorici e pratici che sono avallati da molti (troppi?) ecclesiastici del post-Concilio contro stesso.

In contrasto con il Vaticano II si trovava, secondo un teologo tedesco, il progetto della Commissione X del Sinodo, sulla «Collaborazione pastorale delle Chiese a servizio dell’unità ecclesiastica», in quanto lasciava nell’ombra le verità di fede riguardanti la Trinità e la cristologia, la Chiesa, il primato, l’eucaristia e molte altre verità di fede. La stessa formula di «unità nella molteplicità» e di «molteplicità dell’una fede»… rivela una prospettiva «federalistica» della fede e della Chiesa e la professione di un pluralismo radicale che portano con sé la minaccia dell’indifferentismo. E concludeva che «uno sforzo per la riunificazione che trascura [lett.: si lascia sfuggire] la questione della verità si rende troppo facile. Esso non conosce più – ciò che ben sapeva, per esempio, il cristiano impegnato Kierkegaard – che per la verità bisogna anche aver sofferto»[6]. Questi teologi però non solo ignorano il grande danese ma respingono decisamente le sue istanze di un cristianesimo in lotta con il mondo e con il male.

Branno dell'introduzione del libro "L'avventura della teologia progressista, 1974, P. Cornelio Fabro
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[1] Cfr. la relazione di Rahner alla Commossione Teologica Internazionale del 1969, IDOC, 1 genn. 1970, p. 27 b.
[2] Cfr. a questo riguardo l’abile difesa che Rahner fa di un certo teologo N.N. nella Lettera: Libertà della teologia e ortodossia ecclesiastica, in «Concilium», 1971, pp. 117 ss.
[3] Friburgo i.Br. 1972.
[4] Nde: Così come Lutero ha avuto le sue 5 sola (sola Fide, sola scriptura, solus Christus, sola gratia, e soli Deo gloria), Rahner ha avuto anche il suo "pentagramma": «reale spiritualizzazione», «declericalizzazione», «demoralizzazione», «apertura» e «democratizzazione». E questo se vede chiaramente nell'agenda dell'attuale pontefice!

[5]W. SIEBEL, Manifest des innerfirchlichen Säkularismus, in «Rheinischer Merkur», 50, 15 dic. 1972, f. 31.
[6] L. SCHEFFCZYK, Einheit ohne Wahrheit?, Theologisches zur Synodenvortrage über «Pastorale Zusammenarbeit der Kirchen», in «Rheinischer Merkur», 52, 29 dic. 1972, f. 21.






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