Si prova che quando l'opinione, che sta per la legge non è convincente, o non lo è almeno più probabile della contraria, ella non obbliga
S. Alfonso Maria de Liguori
1 Quì si esporrà semplicemente quel che dicono comunemente i Dottori, acciocché poi il Leggitore veda, se l'Assunto sta ben provato. S. Tommaso, spiegando che cosa sia la legge, insegna: Lex quædam regula est et mensura actuum, secundùm quam inducitur aliquis ad agendum, vel ab agendo retrahitur; dicitur enim lex a ligando, quia obbligat ad agendum.a Nell'articolo poi 4 fa il quesito: «Utrum promulgatio sit de ratione legis? E risponde: Lex imponitur aliis per modum regulæ et mensuræ; regula autem et mensura imponitur per hoc, quòd applicatur his qui regulantur et mensurantur. Unde ad hoc quòd lex virtutem obbligandi obtineat, quod est proprium legis, oportet quòd applicetur hominibus, qui secundùm eam regulari debent. Talis autem applicatio fit per hoc, quòd in notitiam eorum deducitur ex ipsa promulgatione. Unde promulgatio ipsa necessaria est ad hoc, quòd lex habeat suam virtutem».
2 In più
luoghi poi lo stesso S. Tommaso scrive, che la legge, essendo ella regola
e misura delle azioni umane, deve essere certa, anzi certissima: Mensura
debet esse certissima.a
3 In più
altri luoghi lo stesso S. Dottore conferma la medesima dottrina, cioè che la
legge per ligare dev'essere certamente conosciuta. In un luogo dice: Nullus
ligatur per præceptum, nisi mediante scientia illius præcepti.b Ed ivi spiega distesamente, che
siccome niuno è impedito di andare ove vuole, se non è ligato da qualche
vincolo; così l'Uomo non è impedito a fare un'azione, se non è impedito da
qualche precetto che ce lo vieta: s'intende da qualche precetto, o che sa, o
che per colpa sua trascura di saperlo.
4 In altro
luogo S. Tommaso fa il quesito: Utrum necessarium sit, voluntatem
humanam conformari voluntati Divinæ in volito, ad hoc ut sit bona? E
risponde, che sì, in quanto al volito Formale; ma nella risposta alla prima
objezione dice: Sed in particulari nescimus, quid Deus velit, et
quantum ad hoc non tenemur conformare voluntatem Divinæ voluntati.c Dunque rispetto a quella volontà di Dio, che all'Uomo non è manifestata,
non è tenuto l'Uomo ad uniformarsi, come lo spiega il P. Gonet: Homo
non tenetur conformari voluntati Divinæ in volito materiali, nisi quando
voluntas Divina nobis præcepto, vel prohibitione manifestatura.
5 In altro
luogo S. Tommaso dimanda: Utrum in omnibus Deo sit obediendum? Risponde
che sì, ma nell'objezione terza dice così: «Quicunque obedit Deo, uniformat
voluntatem suam voluntati Divinæ etiam in volito. Sed non quantum ad omnia
tenemur conformare voluntatem nostram voluntati Divinæ (ut supra habitum est 1.
2. qu. 19. art. 10): Ergo non in omnibus tenetur homo obedire Deo.» E
risponde: Ad tertium dicendum, quòd etsi non semper teneatur homo velle
quod Deus vult, semper tamen tenetur velle, quod Deus vult eum velle, et homini
præcipuè innotescit per præcepta Divina.b Dunque l'Uomo allora è tenuto a volere
quel che vuole Dio, quando questa Divina volontà gli è manifestata per mezzo
de' Divini precetti.
6 Giovan
Gersone, parlando della legge naturale, scrive: «Lex ista fit quædam revelatio,
ac propriè dicta declaratio creaturæ rationali facta, per quam illa cognoscit,
quid Deus de certis rebus judicet, ad quas vel præstandas, vel omittendas ipse
creaturam obligare vult, ut ea digna reddatur ad vitam æternam.» Indi
soggiunge: Necesse est dari manifestationem ordinationis, ac voluntatis
Dei, nam per solam suam ordinationem, aut solam suam voluntatem, nondum potest
Deus absolutè creaturæ imponere obligationem; sed ad hoc opus est, ut ei
communicet notitiam unius æquè, ac alterius. » Ex quo liquet immediatè
deducibilis conclusio, creaturam rationalem non posse esse indignam amicitia
Dei, nec propriè peccato obnoxiam, nisi dum sciens, volens, ac libera ponit
actionem sibi prohibitam, aut omittit rem præceptam. »a
7 Il P.
Gonet scrive: Promulgatio legis naturalis fit dictamen rationis
intimantis Homini ea, quæ lege naturæ præscripta, aut prohibita sunt; ergo cùm
deest talis dictamen, lex naturæ non obligat ad ejus observationem.b
8 Dicono
che la legge si promulga all'Uomo nel principio della sua nascita in abito; dal
che voglion ritrarre, che l'Uomo è obbligato ad osservar la legge anche prima
di conoscerla. A ciò risponde eccellentemente il Dottor Maldero Vescovo di
Anversa, e dice: In habitu promulgatur (lex) ab initio nativitatis,
actus autem initio usus rationis; ad eum fere modum, ac si quis in
tenebris Litteras Principis aliquid jubentis accipiat, quibus tunc demum
teneatur parere, quando eas legere potuerit.aSiccome dunque non è tenuto colui al
precetto del Principe, prima che legga le Lettere: così l'Uomo non è tenuto
alla legge Divina, prima di conoscerla coll'uso della ragione. Intanto poi
dicesi, che la legge si promulga a' Bambini in abito, in quanto
allora è data loro l'abilità, o sia la facoltà permanente di conoscer la legge
nel tempo, in cui avranno l'uso di ragione; e quando attualmente poi sarà loro
promulgata la legge, allora entreranno nell'obbligo di osservarla.
9 La
ragione principale è quella di S. Tommaso, che la legge dev'esser chiara e
certa, perché è data da Dio all'Uomo per regola delle sue azioni; onde dice
Pietro Colet: Lex enim, ut obliget, debet dari ut regula, ac proinde
innotescere; atqui lex non innotescit nisi per promulgationem, cùm per eam
solam eo intimetur modo, qui obediendi necessitatem inducit.b Sicché la legge prima di esser
manifestata colla promulgazione non ha forza di obbligare, perché non ancora è
legge che obbliga.
10 S.
Antonino scrive, che siccome negli articoli di Fede non siamo tenuti a seguire
quelli, che dalla Chiesa non sono stati ancora dichiarati; così parimente a
noi licet opinionem in moralibus tenere, ubi saltem magis Sapientes non
sentiant contrarium.a
11 Il P.
Montesino Tomista scrive: «Lex naturalis promulgatur in unoquoque, dum primò
venit ad usum rationis; et quamvis pro tunc solùm promulgetur ista lex quantum
ad principia communissima juris naturæ, tamen postea paulatim per discursum
promulgatur eadem lex quantum ad alia.»b
12 Ciò che
dice Montesino, prima l'insegnò S. Agostino: Veritatem omnes
aliqualiter cognoscunt, adminùs quantum ad principia communia legi naturali; in
aliis verò quidam plùs, et quidam minùs participant de cognitione veritatis, et
secundùm hoc plùs vel minùs cognoscunt legem æternam.c Sicché secondo la cognizione che noi abbiamo della legge Divina, siam
tenuti ad osservarla; ma chi non la conosce, non la offende, né pecca.
13 Lo
stesso insegna S. Girolamo: Hanc legem nescit pueritia, ignorat
infantia, et peccans absque mandato non tenetur lege peccati; maledicit
Patri et Matri, Parentes verberat; et quia necdum accepit legem sapientiæ,
mortuum est in eo peccatum. Cùm autem mandatum venerit, hoc est tempus
intelligentiæ (quo Dei mandata cognoscimus) appetentis bona, et vitantis mala,
tunc peccatum reviviscere incipit, et Homo reus est peccati.a Dunque non si offende la legge, né si
pecca, se non quando la legge è conosciuta attualmente da chi l'offende, come
scrive Silvio: Actualiter tunc lex unicuique promulgatur, quando
cognitionem a Deo accipit dictantem, quid juxta rationem sit amplectendum, quid
fugiendum.b Questa dottrina poi è seguita da mille altri Dottori, da Domenico Soto,
da Ludovico Habert, Maldero, Henno, Amort, Du-Hamel, Lorca e da altri
innumerabili, che per brevità si tralasciano; ma per tutti basta quel che
scrive il P. Patuzzi: Consentiunt quidem omnes, promulgationem esse
omnino necessariam,c ut lex virtutem obligandi obtineat.
14 Se
dunque la legge per obbligare, come dicono tutti, e secondo abbiamo veduto,
dev'esser promulgata, conosciuta, fatta nota, manifestata; quando
l'opinione che sta per la legge, ella non è convincente, o almeno non è più
probabile, conviene consigliare il Penitente a seguirla (purché le circostanze
non dettino il contrario), ma non si può costringerlo.
IL FINE.