Il fermo proposito - S. Pio X
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san Pio X
Il fermo proposito
Il fermo proposito, che fin dai primordi del
Nostro Pontificato abbiamo concepito, di voler consacrare tutte le forze che la
benignità del Signore si degna concederCi alla restaurazione di ogni cosa in
Cristo, Ci risveglia nel cuore una grande fiducia nella potente grazia di Dio,
senza la quale nulla di grande e di fecondo per la salute delle anime possiamo
pensare od imprendere quaggiù. Nello stesso tempo però sentiamo più che mai
vivo il bisogno di essere secondati unanimemente e costantemente nella nobile
impresa da voi, Venerabili Fratelli, chiamati a parte dell’ufficio Nostro
pastorale, da ognuno del Clero e dei singoli fedeli alle vostre cure commessi.
Tutti in vero nella Chiesa di Dio siamo chiamati a formare quell’unico corpo,
il cui capo è Cristo: corpo strettamente compaginato, come insegna l’Apostolo
Paolo (Eph. IV, 16), e ben commesso in tutte le sue giunture comunicanti, e
questo in virtù dell’operazione proporzionata di ogni singolo membro, onde il
corpo stesso prende l’aumento suo proprio e di mano in mano si perfeziona nel
vincolo della carità. E se in quest’opera di "edificazione Corpo di
Cristo" (Eph. IV, 12) è Nostro primo ufficio d’insegnare,
additare il retto modo da seguire e proporne i mezzi, di ammonire ed esortare
paternamente, è altresì dovere di tutti i Nostri figliuoli dilettissimi, sparsi
pel mondo, di accogliere le parole Nostre, di attuarle dapprima in se stessi e
di concorrere efficacemente ad attuarle eziandio negli altri, ciascuno secondo
la grazia da Dio ricevuta, secondo il suo stato ed ufficio, secondo lo zelo che
ne infiamma il cuore.
Vastissimo è il campo dell’azione cattolica,
la quale per sé medesima non esclude assolutamente nulla di quanto, in
qualsiasi modo, diretto od indiretto, appartiene alla divina missione della
Chiesa. Di leggieri si riconosce la necessità del concorso individuale a
tant’opera, non solo per la santificazione delle anime nostre, ma anche per
diffondere e sempre meglio dilatare il Regno di Dio negli individui, nelle
famiglie e nella società, procurando ciascuno, secondo le proprie forze, il
bene del prossimo con la diffusione della verità rivelata, con l’esercizio
delle virtù cristiane e con le opere di carità o di misericordia spirituale e
corporale. Questo è il camminare degno di Dio, a che ci esorta San Paolo, così
da piacergli in ogni cosa, producendo frutti di ogni opera buona e crescendo
nella scienza di Dio: "Ut ambuletis digne Deo per omnia placentes: in
omni opere bono fructificantes et crescentes in scentia Dei" (Coloss.
I, 10).
Oltre a questi però v’è un gran numero di beni
appartenenti all’ordine naturale a cui la missione della Chiesa non è
direttamente ordinata, ma che pure sgorgano dalla medesima, quasi naturale sua
conseguenza. Tanta è la luce della Rivelazione cattolica, che si diffonde
vivissima su ogni scienza; tanta la forza delle massime evangeliche, che i
precetti della legge naturale si radicano più sicuri ed ingagliardiscono; tanta
infine l’efficacia della verità e della morale insegnate da Gesù Cristo, che lo
stesso benessere materiale degli individui, della famiglia e della società
umana si trova provvidenzialmente sostenuto e promosso. La Chiesa, pure
predicando Gesù Cristo crocifisso, scandalo e stoltezza innanzi al mondo (I
Cor. I, 23), è divenuta ispiratrice e fautrice primissima di civiltà; e la
diffusione per tutto dove predicavano i suoi apostoli, conservando e
perfezionando gli elementi buoni delle antiche civiltà pagane, strappando dalla
barbarie ed educando a civile consorzio i nuovi popoli che al suo seno materno
si rifugiavano, diede all’intera società, bensì a poco a poco, ma con tratto
sicuro e sempre più progressivo, quell’impronta tanto spiccata, che ancora oggi
universalmente conserva. La civiltà del mondo è civiltà cristiana; tanto è più
vera, più durevole, più feconda di frutti preziosi, quanto è più nettamente
cristiana; tanto declina, con immenso danno del bene sociale, quanto all’idea
cristiana si sottrae. Onde, per la forza intrinseca delle cose, la Chiesa
divenne anche di fatto custode e vindice della civiltà cristiana. E tale fatto
in altri secoli della storia fu riconosciuto e ammesso; formò anzi il
fondamento inconcusso delle legislazioni civili. Su quel fatto poggiarono le
relazioni tra la Chiesa e gli Stati, il pubblico riconoscimento dell’autorità
della Chiesa nelle materie tutte che toccano in qualsivoglia modo la coscienza,
la subordinazione di tutte le leggi dello Stato alle divine leggi del Vangelo,
la concordia dei due poteri dello Stato e della Chiesa, nel procurare in tal
modo il bene temporale dei popoli, che non ne abbia a soffrire l’eterno.
Non abbiamo bisogno di dirvi, o Venerabili
Fratelli, quale prosperità e benessere, quale pace e concordia, quale
rispettosa soggezione all’autorità e quale eccellente governo si otterrebbero e
si manterrebbero nel mondo, se si potesse attuare ovunque il perfetto ideale
della civiltà cristiana. Ma posta la lotta continua della carne contro lo
spirito, delle tenebre contro la luce, di Satana contro Dio, tanto non è da
sperare, almeno nella sua piena misura. Onde continui strappi si vanno facendo alle
pacifiche conquiste della Chiesa, tanto più dolorosi e funesti, quanto più la
società umana tende a reggersi con principi avversi al concetto cristiano, anzi
ad apostatare interamente da Dio.
Non per questo è da perdere punto il coraggio.
La Chiesa sa che le porte dell’inferno non prevarranno contro di lei; ma sa
ancora che avrà nel mondo premura, che i suoi apostoli sono inviati come
agnelli tra lupi, che i suoi seguaci saranno sempre coperti d’odio e di
disprezzo, come d’odio e di disprezzo fu saturato il divino suo Fondatore. La
Chiesa va quindi innanzi imperterrita, e mentre diffonde il Regno di Dio là
dove non fu peranco pregiudicato, si studia per ogni maniera di riparare alle
perdite nel Regno già conquistato. "Restaurare tutto in Cristo"
è stata sempre la divisa della Chiesa, ed è particolarmente la Nostra nei
trepidi momenti che traversiamo. Ristorare ogni cosa, non in qualsivoglia modo,
ma in Cristo: "in Lui, tutte le cose che sono in Cielo ed in terra",
soggiunse l’Apostolo (Eph. I, 10): ristorare in Cristo non solo ciò
che appartiene propriamente alla divina missione della Chiesa di condurre le
anime a Dio, ma anche ciò che, come abbiamo spiegato, da quella divina missione
spontaneamente deriva, la civiltà cristiana nel complesso di tutti e singoli
gli elementi che la costituiscono.
E poiché Ci fermiamo a quest’ultima sola parte
della restaurazione desiderata, voi vedete, o Venerabili Fratelli, di quanto
aiuto tornano alla Chiesa quelle schiere elette di cattolici che si propongono
appunto di riunire insieme tutte le forze vive, a fine di combattere con ogni
mezzo giusto e legale la civiltà anticristiana, riparare per ogni modo i
disordini gravissimi che da quella derivano; ricondurre Gesù Cristo nella
famiglia, nella scuola, nella società; ristabilire il principio dell’autorità
umana come rappresentante di quella di Dio; prendere sommamente a cuore gli
interessi del popolo e particolarmente del ceto operaio ed agricolo, non solo
istillando nel cuore di tutti il principio religioso, unico vero fonte di
consolazione nelle angustie della vita, ma studiandosi di rasciugarne le
lacrime, di raddolcirne le pene, di migliorare la condizione economica con ben
condotti provvedimenti; adoperarsi quindi perché le pubbliche leggi siano
informate a giustizia, e si correggano o vadano soppresse quelle che alla
giustizia si oppongono: difendere infine e sostenere con animo veramente
cattolico i diritti di Dio in ogni cosa e quelli non meno sacri della Chiesa.
Il complesso di tutte queste opere sostenute e
promosse in gran parte dal laicato cattolico e variamente ideate a seconda dei
bisogni propri di ogni nazione e delle circostanze particolari in cui versa
ogni paese, è appunto quello che con termine più particolare e certo nobile
assai suoi essere chiamato azione cattolica, ovvero azione dei
cattolici. Essa in tutti i tempi venne sempre in aiuto della Chiesa, e la
Chiesa tale aiuto ha sempre accolto favorevolmente e benedetto, sebbene a
seconda dei tempi si sia variamente esplicato.
Ed è infatti da notare qui subito, che non
tutto ciò che potrà essere stato utile, anzi unicamente efficace nei secoli
andati, torna oggi possibile restituire allo stesso modo: tanti sono i
cangiamenti radicali che col correre dei tempi s’insinuano nella società o
nella vita pubblica, e tanti i nuovi bisogni che le circostanze cambiate vanno
di continuo suscitando. Ma la Chiesa nel lungo corso della sua storia ha sempre
ed in ogni caso dimostrato luminosamente di possedere una meravigliosa virtù di
adattamento alle variabili condizioni del consorzio civile, talché, salva
sempre l’integrità e l’immutabilità della fede e della morale, e salvi
egualmente i sacrosanti suoi diritti, facilmente si piega e si accomoda in
tutto ciò che è contingente ed accidentale alle vicende dei tempi ed alle nuove
esigenze della società. La pietà, dice San Paolo, a tutto si acconcia
possedendo le promesse divine, così per i beni della vita presente, come per
quelli della vita futura. "Pietas
autem ad omnia utilis est, promissionem habens vitæ, quæ nunc est, et futuræ"
(I Tim. IV, 8). E però anche l’azione cattolica, se
opportunamente cambia nelle sue forme esterne e nei mezzi che adopera, rimane
sempre la stessa nei principi che la dirigono e nel fine nobilissimo che si
propone. Perché poi nello stesso tempo torni veramente efficace, converrà
diligentemente avvertire le condizioni che essa medesima impone, se ben si
considerino la sua natura ed il suo fine.
Anzitutto dov’essere altamente radicato nel
cuore che lo strumento vien meno, se non è acconcio all’opera che si vuol
eseguire. L’azione cattolica (come si ritrae ad evidenza dalle cose anzidette)
poiché si propone di ristorare ogni cosa in Cristo, costituisce un vero
apostolato ad onore e gloria di Cristo stesso. Per bene compierlo ci vuole la
grazia divina, e questa non si dà all’apostolo che non sia unito a Cristo. Solo
quando avremo formato Gesù Cristo in noi, potremo più facilmente ridonarlo alle
famiglie, alla società. E però quanti sono chiamati a dirigere o si dedicano a
promuovere il movimento cattolico devono essere cattolici a tutta prova,
convinti della loro fede, sodamente istruiti nelle cose della Religione,
sinceramente ossequienti alla Chiesa ed in particolare a questa suprema
Cattedra Apostolica ed al Vicario di Gesù Cristo in terra; di pietà vera, di
maschie virtù, di puri costumi e di vita così intemerata che tornino a tutti di
esempio efficace. Se l’animo non è così temprato, non solo sarà difficile
promuovere negli altri il bene, ma sarà quasi impossibile procedere con
rettitudine d’intenzione e mancheranno le forze per sostenere con perseveranza
le noie che reca seco ogni apostolato, le calunnie degli avversari, le
freddezze e la poca corrispondenza degli uomini anche dabbene, talvolta perfino
le gelosie degli amici e degli stessi compagni di azione, scusabili senza
dubbio, posta la debolezza dell’umana natura, ma pure grandemente
pregiudizievoli e causa di discordie, di attriti, di domestiche guerricciuole.
Solo una virtù paziente e ferma nel bene, e nello stesso tempo soave e
delicata, è capace di rimuovere o diminuire questa difficoltà, così che l’opera
a cui sono dedicate le forze cattoliche non ne vada compromessa. Tale è la
volontà di Dio, diceva San Pietro ai primitivi fedeli, che col ben fare
chiudiate la bocca agli uomini stolti. "Sic est voluntas Dei, ut bene
facientes obmutescere faciatis imprudentium hominum ignorantiam" (I
Petr. II, 15).
Importa inoltre ben definire le opere intorno
alle quali si devono spendere con ogni energia e costanza le forze cattoliche.
Quelle opere devono essere di così evidente importanza, così rispondenti ai
bisogni della società odierna, così acconce agli interessi morali e materiali,
soprattutto del popolo e delle classi diseredate, che mentre infondono ogni
migliore alacrità dei promotori dell’azione cattolica pel grande e sicuro
frutto che da sé medesime promettono, siano insieme da tutti e facilmente
comprese ed accolte volonterosamente. Appunto perché i gravi problemi della
vita odierna sociale esigono una soluzione pronta e sicura, si desta in tutti il
più vivo interesse di sapere e conoscere i vari modi onde quelle soluzioni si
propongono in pratica. Le discussioni in un senso o nell’altro si moltiplicano
ogni dì più e si propagano facilmente per mezzo della stampa. È quindi
supremamente necessario che l’azione cattolica colga il momento opportuno, si
faccia innanzi coraggiosa e proponga anch’essa la soluzione sua e la faccia
valere con propaganda ferma, attiva, intelligente, disciplinata, tale che
direttamente si opponga alla propaganda avversaria. La bontà e giustizia dei
principi cristiani, la retta morale che professano i cattolici, il pieno
disinteresse delle cose proprie non altro apertamente e sinceramente bramando
che il vero, il solo, il supremo bene altrui, infine l’evidente loro capacità
di promuovere meglio degli altri anche i veri interessi economici del popolo, è
impossibile non facciano breccia sulla mente e sul cuore di quanti ascoltano e
non ne aumentino le file, fino a renderli un corpo forte e compatto, capace di
resistere gagliardamente alla contraria corrente e di tenere in rispetto gli
avversari.
Tale supremo bisogno avvertì pienamente il
Nostro Antecessore di b. m. Leone XIII, additando soprattutto nella memoranda
Enciclica "Rerum Novarum" ed in altri documenti
posteriori, l’oggetto intorno al quale precipuamente doveva svolgersi l’azione
cattolica, cioè "la pratica soluzione a seconda dei principi cristiani
della questione sociale". Noi pure, seguendo così sapienti
norme, col Nostro Motu proprio del 18 Dicembre 1903 abbiamo dato all’azione
popolare cristiana, che in sé comprende tutto il movimento cattolico sociale,
un ordinamento fondamentale che fosse quasi la regola pratica del lavoro comune
ed il vincolo della concordia e della carità. Qui dunque ed a questo scopo
santissimo e necessarissimo devono anzitutto aggrupparsi e solidarsi le opere
cattoliche, varie e molteplici nella forma, ma tutte egualmente intese a
promuovere con efficacia il medesimo bene sociale.
Ma perché quest’azione sociale si mantenga e
prosperi con la necessaria coesione delle varie opere che la compongono è
soprammodo importante che i cattolici procedano con esemplare concordia tra
loro; la quale per altro non si otterrà mai, se non vi ha in tutti unità di
intendimenti. Su tale necessità non può cadere dubbio di sorta alcuna; tanto
chiari ed aperti sono gli insegnamenti dati da questa Cattedra Apostolica,
tanta la viva luce che vi hanno sparso intorno coi loro scritti i più insigni
tra’ cattolici d’ogni paese, tanto lodevole esempio che più volte, anche da Noi
medesimi, si è proposto ai cattolici di altre nazioni, i quali appunto per
questa concordia ed unità di intendimenti, in breve tempo hanno ottenuto frutti
fecondi e assai consolanti.
Ad assicurarne poi il conseguimento, tra le
varie opere degne egualmente di lode, si è dimostrata altrove singolarmente
efficace un’istituzione di carattere generale, che col nome di Unione
popolare è destinata ad accogliere i cattolici di tutte le classi sociali,
ma specialmente le grandi moltitudini del popolo intorno ad un solo centro
comune di dottrina, di propaganda e di organizzazione sociale. Essa infatti,
poiché risponde ad un bisogno egualmente sentito quasi in ogni paese, e poiché
la sua semplice costituzione risulta dalla natura stessa delle cose quali
egualmente per tutto s’incontrano, non può dirsi che sia propria più di una
nazione che di un’altra, ma di tutte, dove si manifestano gli stessi bisogni e
sorgono i medesimi pericoli. La sua grande popolarità la rende facilmente cara
ed accettevole e non disturba né impedisce alcun’altra istituzione ma piuttosto
a tutte le istituzioni dà forza e compattezza poiché con la sua organizzazione
strettamente personale sprona gli individui a entrare nelle istituzioni
particolari, li addestra al lavoro pratico e veramente proficuo, ed unisce gli
animi di tutti in un unico sentire e volere.
Stabilito così codesto centro sociale, tutte
le altre istituzioni d’indole economica, destinate a risolvere praticamente e
sotto i vari suoi aspetti il problema sociale, si trovano come spontaneamente
raggruppate insieme nel fine generale che le unisce, mentre pure, a seconda dei
vari bisogni a cui si applicano, prendono forme diverse e diversi mezzi
adoperano, come richiede lo scopo particolare proprio di ciascuna. E qui Ci
torna ben caro di esprimere la Nostra soddisfazione pel molto che in questa
parte si è già fatto in Italia, con certa speranza che, posto l’aiuto divino,
si faccia ancora assai più nell’avvenire, rassodando il bene ottenuto e
dilatandolo con zelo sempre più crescente. Nel che si rese grandemente
benemerita l’Opera dei Congressi e Comitati Cattolici, grazie
all’attività intelligente degli uomini esimi che la dirigevano, e che a quelle
particolari istituzioni furono preposti o le dirigono tuttora. E però tale
centro od unione di opere d’indole economica, come fu da Noi espressamente
conservata al cessare dell’anzidetta Opera dei Congressi, così dovrà
continuare anche in seguito sotto la solerte direzione di coloro che le sono
preposti.
Contuttociò, perché l’azione cattolica sia
efficace sotto ogni rispetto, non basta che essa sia proporzionata ai bisogni
sociali odierni; conviene ancora che si faccia valere con tutti quei mezzi
pratici, che le mettono oggi in mano il progresso degli studi sociali ed
economici, l’esperienza già fatta altrove, le condizioni del civile consorzio,
la stessa vita pubblica degli Stati. Altrimenti si corre rischio di andare
tentoni lungo tempo in cerca di cose nuove e mal sicure, mentre le buone e
certe si hanno in mano ed hanno fatto già ottima prova; ovvero di proporre
istituzioni e metodi propri forse di altri tempi, ma oggi non intesi dal
popolo, ovvero infine di arrestarsi a mezza via non servendosi, nella misura
pur concessa, di quei diritti cittadini che le odierne costituzioni civili
offrono a tutti e quindi anche ai cattolici. E per fermarsi a quest’ultimo
punto, certo è che l’odierno ordinamento degli Stati offre indistintamente a
tutti la facoltà di influire sulla pubblica cosa, ed i cattolici, salvo gli
obblighi imposti dalla legge di Dio e dalle prescrizioni della Chiesa, possono
con sicura coscienza giovarsene, per mostrarsi idonei al pari, anzi meglio
degli altri, di cooperare al benessere materiale civile del popolo ed
acquistarsi così quell’autorità e quel rispetto che rendano loro possibile eziandio
di difendere e promuovere i beni più alti, che sono quelli dell’anima.
Quei diritti civili sono parecchi e di vario
genere, fino a quello di partecipare direttamente alla vita politica del paese
rappresentando il popolo nelle aule legislative. Ragioni gravissime Ci
dissuadono, Venerabili Fratelli, dallo scostarsi da quella norma già decretata
dal Nostro Antecessore di s. m. Pio IX e seguita poi dall’altro Nostro
Antecessore di s. m. Leone XIII durante il diuturno suo Pontificato, secondo la
quale rimane in genere vietata in Italia la partecipazione dei cattolici al
potere legislativo. Sennonché altre ragioni parimenti gravissime, tratte dal
supremo bene della società, che ad ogni costo deve salvarsi, possono richiedere
che nei casi particolari si dispensi dalla legge, specialmente quando voi,
Venerabili Fratelli, ne riconosciate la stretta necessità pel bene delle anime
e dei supremi interessi delle vostre Chiese e ne facciate dimanda.
Ora la possibilità di questa benigna
concessione Nostra induce il dovere nei cattolici tutti di prepararsi
prudentemente e seriamente alla vita politica, quando vi fossero chiamati. Onde
importa assai, che quella stessa attività, già lodevolmente spiegata dai
cattolici per prepararsi con una buona organizzazione elettorale alla vita
amministrativa dei Comuni e dei Consigli provinciali, si estenda altresì a
prepararsi convenientemente e ad organizzarsi per la vita politica, come fu
opportunamente raccomandato con la circolare del 3 dicembre 1904 alla
Presidenza generale delle Opere economiche in Italia. Nello stesso tempo
dovranno inculcarsi e seguirsi in pratica gli altri principi che regolano la
coscienza di ogni vero cattolico. Deve egli ricordarsi sopra ogni cosa di
essere in ogni circostanza e di apparire veramente cattolico, accedendo agli
offici pubblici ed esercitandoli col fermo e costante proposito di promuovere a
tutto potere il bene sociale ed economico della Patria e particolarmente del
popolo, secondo le massime della civiltà spiccatamente cristiana e di difendere
insieme gli interessi della Chiesa, che sono quelli della Religione e della
giustizia.
Tali sono, Venerabili Fratelli, i caratteri,
l’oggetto e le condizioni dell’azione cattolica, considerata nella parte sua
più importante, che è la soluzione della questione sociale, degna quindi che vi
si applichino con la massima energia e costanza tutte le forze cattoliche. Il
che però non esclude che si favoriscano e si promuovano anche altre opere di
vario genere, di diversa organizzazione, ma tutte egualmente destinate a questo
o quel bene particolare della società e del popolo ed a rifiorimento della
civiltà cristiana sotto vari determinati aspetti. Sorgono esse per lo più
grazie allo zelo di particolari persone e si diffondono nelle singole diocesi e
talvolta si aggruppano in federazioni più estese. Ora, sempreché sia lodevole
il fine che si propongono, siano fermi i principi cristiani che seguono e
giusti i mezzi che adoperano, sono anch’esse da lodare e incoraggiare per ogni
modo. E si dovrà lasciare loro una certa libertà di organizzazione, non essendo
possibile, che dove più persone convengono insieme, si modellino tutte in
medesimo stampo e si accentrino sotto un’unica direzione. L’organizzazione poi
deve sorgere spontanea dalle opere stesse, altrimenti si avranno edifici bene
architettati, ma privi di fondamento reale e perciò al tutto effimeri. Conviene
pure tener conto dell’indole delle singole popolazioni. Altri usi, altre
tendenze si manifestano in luoghi diversi. Quel che importa è che si lavori su
buon fondamento, con sodezza di principi, con fervore e costanza, e se questo
si ottiene, il modo e la forma che prendono le varie opere, sono e rimangono
accidentali.
Per rinnovare ed infine accrescere in tutte
indistintamente le opere cattoliche l’alacrità necessaria, e per offrire
occasione ai promotori e ai membri delle medesime di vedersi e conoscersi
scambievolmente, di stringere sempre meglio i vincoli della carità fraterna fra
loro, d’animarsi l’un l’altro con zelo sempre più ardente all’azione efficace e
di provvedere alla migliore solidità e diffusione delle opere stesse, gioverà
mirabilmente il celebrare di tempo in tempo, secondo le norme già date da
questa Santa Sede, i Congressi generali e parziali dei cattolici italiani, che
devono essere la solenne manifestazione della fede cattolica e la festa comune
della concordia e della pace.
Ci resta a toccare, Venerabili Fratelli, di un
altro punto di somma importanza, ed è la relazione che tutte le opere
dell’azione cattolica devono avere rispetto all’Autorità ecclesiastica. Se bene
si considerano le dottrine che siamo andati svolgendo nella prima parte di
queste Nostre Lettere, si conchiuderà di leggieri, che tutte quelle opere che
direttamente vengono in sussidio del ministero spirituale pastorale della Chiesa
e che si propongono un fine religioso in bene diretto delle anime, devono in
ogni menoma cosa essere subordinate all’autorità dei Vescovi, posti dallo
Spirito Santo a reggere la Chiesa di Dio nelle diocesi loro assegnate. Ma anche
le altre opere, che, come abbiamo detto, sono precipuamente istituite a
ristorare e promuovere in Cristo la vera civiltà cristiana e che costituiscono
nel senso spiegato l’azione cattolica, non si possono per niun modo concepire
indipendenti dal consiglio e dall’alta direzione dell’Autorità ecclesiastica,
specialmente poi in quanto devono tutte informarsi ai principi della dottrina e
della morale cristiana; molto meno è possibile concepirle in opposizione più o
meno aperta con la medesima Autorità. Certo è che tali opere, posta la natura
loro, si debbono muovere con la conveniente ragionevole libertà, ricadendo
sopra di loro la responsabilità dell’azione, soprattutto poi negli affari
temporali ed economici ed in quelli della vita pubblica amministrativa o
politica, alieni dal ministero puramente spirituale. Ma poiché i cattolici
alzano sempre la bandiera di Cristo, per ciò stesso alzano la bandiera della
Chiesa, ed è quindi conveniente che la ricevano dalle mani della Chiesa, che la
Chiesa ne vigili l’onore immacolato e che a questa materna vigilanza i
cattolici si sottomettano, docili ed amorevoli figliuoli.
Per la qual cosa appare manifesto quanto
fossero sconsigliati coloro, pochi invero, che qui in Italia e sotto i Nostri
occhi vollero accingersi a una missione che non ebbero da Noi, né da alcun
altro dei Nostri Fratelli nell’episcopato, e si fecero a promuoverla, non solo
senza il debito ossequio all’Autorità, ma perfino apertamente contro il volere
di lei, cercando di legittimare la loro disobbedienza con frivole distinzioni.
Dicevano anch’essi di alzare in nome di Cristo un vessillo; ma tal vessillo non
poteva essere di Cristo, perché non recava tra le sue pieghe la dottrina del
divin Redentore, che anche qui ha la sua applicazione: "Chi ascolta
voi, ascolta me; e chi disprezza voi, disprezza me" (Luc. X, 16); "Chi
non è meco è contro di me; e chi meco non raccoglie, disperde" (Ib.
XI, 23), dottrina dunque di umiltà, di sommissione, di filiale rispetto.
Con estremo rammarico del Nostro cuore abbiamo dovuto condannare una simile
tendenza ed arrestare autorevolmente il moto pernicioso che già si andava
formando. E tanto maggiore era il dolor Nostro, perché vedevamo incautamente
trascinati per così falsa via buon numero di giovani a Noi carissimi, molti dei
quali di eletto ingegno, di fervido zelo, capaci di operare efficacemente il
bene, ove siano rettamente guidati.
Mentre però additiamo a tutti la retta norma
dell’azione cattolica, non possiamo dissimulare, Venerabili Fratelli, il
pericolo non lieve al quale, per la condizione dei tempi, si trova oggi esposto
il Clero; ed è di dare soverchia importanza agli interessi materiali del
popolo, trascurando quelli ben più gravi del sacro suo ministero.
Il sacerdote, elevato sopra gli altri uomini
per compiere la missione che tiene da Dio, deve mantenersi egualmente al
disopra di tutti gli umani interessi, di tutti i conflitti, di tutte le classi
della società. Il suo proprio campo è la Chiesa, dove ambasciatore di Dio
predica la verità ed inculca col rispetto dei diritti di Dio il rispetto ai
diritti di tutte le creature. Così operando, egli non va soggetto ad alcuna
opposizione, non apparisce un uomo di parte, fautore degli uni, avversario
degli altri, né per evitare l’urto di certe tendenze o per non irritare in
molti argomenti gli animi inaspriti si mette nel pericolo di dissimulare la
verità o di tacerla, mancando nell’uno o nell’altro caso ai suoi doveri; senza
dire che dovendo trattare ben spesso di cose materiali, potrebbe trovarsi
solidale in obbligazioni dannose alla sua persona, e alla dignità del suo
ministero. Non dovrà dunque prender parte ad associazioni di questo genere, se
non dopo matura considerazione, d’accordo col suo Vescovo, ed in quei casi
soltanto, ne’ quali l’aiuto suo è immune da ogni pericolo e torna di evidente profitto.
Né in tal maniera si raffrena punto il suo
zelo. Il vero apostolo deve "farsi tutto a tutti, per tutti salvare"
(I Cor. IX, 22); come già il divin Redentore, deve sentirsi muovere a
pietà le viscere, "mirando le turbe così vessate, giacenti quasi pecore
senza pastore" (Matth. IX, 36). Con la propaganda efficace degli
scritti, con l’esortazione viva della parola, col concorso diretto nei casi
anzidetti s’adoperi adunque a fine di migliorare eziandio, entro i limiti della
giustizia e della carità, la condizione economica del popolo, favorendo e
promovendo quelle istituzioni che a ciò conducono, quelle soprattutto che si
propongono di ben disciplinare le moltitudini contro l’invadente predominio del
socialismo e che ad un tempo le salvano e dalla rovina economica e dallo
sfacelo morale e religioso. In questo modo l’assistenza del clero alle opere
dell’azione cattolica mira ad un fine altamente religioso, né tornerà mai
d’impedimento, sarà anzi di aiuto al suo ministero spirituale, allargandone il
campo e moltiplicandone il frutto.
Ecco, o Venerabili Fratelli, quanto Ci premeva
esporre ed inculcare intorno all’azione cattolica da sostenere e promuovere
nella nostra Italia. —Additare il bene non basta; è necessario eseguirlo in
pratica. Nel che tornerà di grandissimo aiuto l’esortazione vostra altresì ed
il paterno vostro immediato eccitamento al ben fare. Siano pure umili i
principi, purché veramente si cominci, la grazia divina li farà crescere in
breve tempo e prosperare. E tutti i Nostri diletti figliuoli, che si dedicano
all’azione cattolica, ascoltino di nuovo la parola che Ci sgorga tanto
spontanea dal cuore. Nelle amarezze onde siamo tuttodì circondati, se vi ha
alcuna consolazione in Cristo, se alcun conforto Ci vien dalla carità vostra,
se vi ha comunione di spirito e viscere di compassione, diremo Noi pure con
l’Apostolo Paolo (Phil. II, 1-5), rendete compiuto il Nostro gaudio con la
concordia, con l’identica carità, col sentimento unanime, con l’umiltà e debita
soggezione, cercando non il proprio comodo, ma il bene comune, e trasfondendo
nei vostri cuori quei medesimi sentimenti, che in sé nutriva Gesù Cristo,
Salvatore nostro. Sia Egli il principio di ogni vostra impresa: "Quanto
voi dite o fate, sia tutto nel nome del Signore Gesù Cristo" (Coloss.
III, 17); sia Egli il termine d’ogni vostra operazione: "Conciossiaché
da Lui, e per Lui, ed a Lui sono tutte le cose; a Lui gloria nei secoli"
(Rom. XI, 36). Ed in questo giorno faustissimo, che ricorda gli
Apostoli, quando, ripieni di Spirito Santo, uscirono dal Cenacolo a predicare
al mondo il Regno di Cristo, discenda eziandio su tutti voi la virtù del
medesimo Spirito e pieghi ogni durezza, ritempri gli animi freddi, e quanto è
sviato rimetta sul retto sentiero: "Flecte quod est rigidum, fove quod
est frigidum, rege quod est devium".
Auspice intanto del divino favore e pegno del
Nostro specialissimo affetto sia l’Apostolica Benedizione, che dall’intimo del
cuore impartiamo a voi, Venerabili Fratelli, al vostro Clero e al popolo
italiano.
Dato a Roma, presso San Pietro, nella Festa
della Pentecoste, 11 Giugno 1905, del Nostro Pontificato anno II.