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Regole con cui può conoscersi che una tradizione è divina e non umana.






Stratto dal libro Opera dogmatica
SESSIONE IV. Della scrittura e delle tradizioni.
§. 9. Regole con cui può conoscersi che una tradizione è divina e non umana.


Regola prima. Quel dogma ch'è abbracciato da tutta la chiesa, dee stimarsi tradizione divina, benché non si trovi nelle divine scritture. La ragione è, perché la chiesa universale non può errare, essendo ella la colonna stabile ed infallibile della verità, come scrisse l'apostolo4. Onde scrisse Tertulliano5Quod apud multos unum invenitur non est erratum, sed traditum. Lo stesso scrisse s. Cipriano6, e s. Geronimo contra Vigilanzio.

Regola seconda. Quella dottrina che tutta la chiesa ha difesa in ogni secolo anche dee tenersi per tradizione divina; perché siccome la chiesa del secolo presente non può ammettere per divino quel ch'è umano, così non ha potuto ammetterlo ne' secoli precedenti.
Regola terza. Quella pratica che solo Dio ha potuto istituire dee credersi derivare dalla tradizione apostolica, sempre che da tutta la chiesa si osservi. E così s. Agostino prova che la pratica di battezzare gl'infanti sia per tradizione divina: Consuetudo matris ecclesiae in baptizandis parvulis non est superflua de putanda nec omnino credenda, nisi apostolica esset traditio7. E lo stesso dice dell'uso di non ribattezzare i battezzati dagli eretici8. Dello stesso genere dice Melchior Cano9, sono più cose che si praticano nella chiesa, che non potrebbero farsi, se la chiesa non ne avesse ricevuta la facoltà da Dio per tradizione degli apostoli, come sono il dispensare i voti, il rilasciare i giuramenti. E la stessa ragione è, come scrive Giovenino10 dello scioglimento del matrimonio rato, ma non consumato per lo voto solenne. Poiché non dee mai supporsi che in ciò la chiesa abbia errato con usurparsi tal facoltà senza certo fondamento.
Regola quarta. Quella pratica che si vede osservata in tutta la chiesa perpetuamente in ogni secolo e che non si vede istituita in qualche concilio, dee stimarsi istituita per tradizione apostolica, benché sia di tal genere che dalla chiesa, ben abbia potuto istituirsi. Quod universa tenet ecclesia, scrive s. Agostino, nec conciliis institutum, sed semper retentum est, nonnisi auctoritate apostolica traditum rectissime creditur11. Per tale argomento dicono i teologi che il digiuno quaresimale sia per istituzione apostolica.
Inoltre dicono Tertulliano e s. Ireneo che quando in alcune chiese non si ritrova la tradizione di qualche dogma, che nondimeno si ritrova nelle altre, almeno nelle principali chiese apostoliche in cui non è stata interrotta la successione dei vescovi, in tal caso dee giudicarsi che quella sia tradizione divina: così Tertulliano12 e s. Ireneo13; il quale nel capo 3 soggiunge che fra quelle apostoliche chiese nelle quali si è conservata la vera tradizione è la chiesa romana che tiene il luogo principale:In qua semper ab his qui sunt undique conservata est ea quae est ab apostolis traditio. E numerando poi tutti i pontefici romani sino ai suoi tempi soggiunge:Hac ordinatione et successione ea quae est ab apostolis in ecclesia traditio et veritatis praeconizatio pervenit usque ad nos.






4 - 1. Tim. 3.



5 - L. de praescript.



6 - L. 3. ep. 13.



7 - L. 10. de Gen. c. 23.



8 - In l. de praes.



9 - De loc. theol. l. 3. c. 4.



10 - T. 1. c. 3. p. 137.



11 - L. 4. de bapt. c. 24.



12 -L. de praescript.



13 - L. 3. adv. haeres. c. 2.





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