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Intolleranza dottrinale.

Card. Louis-Édouard Pie

Sermone predicato nella Cattedrale di Chartres sulla

Intolleranza dottrinale.

(1841 e 1847)

Unus Dominus, una fides, unum baptisma.
Vi è un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo. 
(San Paolo agli Efesini, c . IV, v . 5.)

Un saggio ha detto che le azioni dell'uomo sono figlie del suo pensiero, e noi stessi abbiamo stabilito che tutti i beni come pure tutti i mali di una società sono frutto delle massime buone o cattive che essa professa. La verità nello spirito e la virtù nel cuore sono pressochè inseparabili ed in stretta relazione: quando lo spirito è in preda al demone della menzogna, il cuore, se pure non ha dato inizio da sè all'ossessione, è assai prossimo a lasciarsi andare in balia del vizio. L'intelligenza e la volontà infatti sono due sorelle per le quali la seduzione è contagiosa; se si vede che la prima si abbandona all'errore, si stenda un pietoso velo sull'onore della seconda.

Ed è per questo, Fratelli miei, è perchè non vi è alcun attacco, alcuna lesione nell'ordine intellettuale che non abbia funeste conseguenze nell'ordine materiale, che noi ci impegniamo sia a combattere il male attaccandolo nei suoi principii, sia a prosciugarne la fonte, cioè le idee. Tra di noi si sono accreditati mille pregiudizi: il sofisma, stupito di essere attaccato, invoca la prescrizione; il paradosso si vanta d'aver ottenuto il diritto di cittadinanza. Gli stessi cristiani, che vivono nel bel mezzo di questa atmosfera impura, non ne evitano del tutto il contagio, ma accettano molti errori troppo facilmente; stanchi di resistere sui punti essenziali spesso, per farla finita, cedono su altri punti che sembrano loro meno importanti non accorgendosi, e spesso non volendo accorgersi, di dove potrebbero essere condotti dalla loro imprudente fragilità. In questa confusione di idee e di false opinioni spetta a noi, sacerdoti dell'incorruttibile verità, di gettarsi nella mischia protestando con l'azione e con la parola: buon per noi se la rigida inflessibilità del nostro insegnamento potrà arrestare il tracimare della menzogna, delegittimare i principii erronei che regnano con superbia sulle intelligenze, correggere gli assiomi funesti già affermatisi nel tempo, ed infine illuminare e purificare la società che minaccia di sprofondare, invecchiando, in un caos di tenebre e di disordini in cui non le sarà più possibile distinguere la natura dei suoi mali ed ancor meno come rimediarvi.
Il nostro secolo esclama: Tolleranza! Tolleranza! Si ritiene che un sacerdote debba essere tollerante, che la religione debba essere tollerante. Fratelli miei, in ogni cosa niente eguaglia la franchezza, ed io vi dico senza tergiversare che esiste al mondo una sola società che possiede la verità, e che questa società deve essere necessariamente intollerante. Ma, prima di entrare in argomento, per capirci bene, distinguiamo le cose e mettiamoci d'accordo sul senso delle parole per non fare confusione.
La tolleranza può essere civile oppure teologica, e la prima non ci riguarda, mi  permetterò solo una parola su di essa; se la legge afferma di permettere tutte le religioni perchè di fronte ad essa sono tutte egualmente buone o addirittura perchè il pubblico potere è incompetente a prendere una posizione su questo tema, questa legge è empia ed atea, poichè professa non già la tolleranza civile quale la definiremo, ma la tolleranza dogmatica e, con una neutralità criminale, giustifica nei singoli individui l'indifferenza religiosa più assoluta. Se al contrario la legge, riconoscendo che una sola religione è buona, sostiene e permette solamente il tranquillo esercizio delle altre religioni, essa in questo, come si è già osservato prima di me, può essere saggia e necessaria a seconda delle circostanze. Se vi sono momenti in cui occorre dire col famoso conestabile connétable: Une foi, une loi; Una sola fede, una sola legge, ve ne sono altri in cui bisogna dire come Fénelon al figlio di Giacomo II: «Concedete a tutti la tolleranza civile, non approvando tutto in maniera indifferente, ma sopportando con pazienza ciò che Dio sopporta»
Dunque, lasciando da parte questo argomento irto di difficoltà, e dedicandomi alla questione propriamente  religiosa e teologica, esporrò i due principii seguenti:
1° La religione che proviene dal cielo è verità ed è intollerante verso le dottrine.
2° La religione che viene dal cielo è carità, ed è piena di tolleranza verso le persone.
Preghiamo Maria perchè ci venga in soccorso ed invochi per noi lo Spirito di verità e di carità: Spiritum veritatis et pacis. Ave Maria.

I. 

Fa parte dell'essenza di ogni verità il non tollerare il principio a sè contrario; l'affermazione di una cosa esclude la negazione di questa stessa cosa, come la luce esclude le tenebre. Laddove non v'è nulla di certo, o laddove nulla è definito, i pareri possono divergere e le opinioni possono essere varie; questo lo comprendo e domando la libertà in tutte le questioni dubbie: In dubiis libertas. Ma dal momento in cui la verità si presenta con le caratteristiche che la contraddistinguono con certezza, per il fatto stesso che si tratta di una verità, essa è positiva, necessaria, e di conseguenza è unica ed intollerante: In necessariis unitas; condannare la verità alla tolleranza significa forzarla al suicidio. L'affermazione che dubita di se stessa si suicida, ed essa dubita di se stessa quando lascia con indifferenza che la propria negazione le si ponga a lato. L'intolleranza è per la verità l'istinto di conservazione, l'esercizio legittimo del diritto di proprietà; quando si possiede qualcosa, bisogna difendere questo qualcosa, pena l'esserne interamente privato.


Così, Fratelli miei, per la necessità stessa delle cose, l'intolleranza è ovunque, perchè ovunque vi è bene e male, vero e falso, ordine e disordine; ovunque il vero non sopporta il falso, il bene esclude il male, l'ordine combatte il disordine. Che cosa vi è di più intollerante, ad esempio, della seguente proposizione: 2 + 2 = 4? Se mi venite a dire che due più due fanno tre o che due più due fanno cinque vi rispondo che due più due fanno quattro, e se mi dite che non contestate il mio modo di contare, ma che mantenete il vostro e che mi pregate di essere tanto indulgente verso di voi quanto voi lo siete verso di me io, fermamente convinto che ho ragione e che voi avete torto, potrei forse tacere perchè dopo tutto m'importa assai poco che vi sia sulla terra un uomo per il quale due più due fanno tre o cinque.
Per quel che riguarda un certo numero di questioni, in cui la verità fosse meno assoluta, in cui le conseguenze fossero meno gravi, potrei, almeno fino ad un certo punto, venire a patti con voi: sarei conciliante se mi parlaste di letteratura, di politica, d'arte, di scienze amene, perchè in tutte queste cose non vi è un tipo unico e determinato, il bello ed il vero sono più o meno delle convenzioni ed al massimo l'eresia in questo campo incorre solamente nell'anatema del senso comune e del buon gusto. Ma se si tratta della verità religiosa, insegnata ovvero rivelata da Dio stesso, se è questione del vostro futuro eterno e della salvezza della mia anima, allora nessuna transazione è più possibile; mi troverete irremovibile, e debbo esserlo. L'essere intollerante è attributo comune a ogni verità: ma la verità religiosa, poichè è la più assoluta e la più importante di tutte le verità, è di conseguenza la più intollerante ed esclusiva.Così, Fratelli miei, per la necessità stessa delle cose, l'intolleranza è ovunque, perchè ovunque vi è bene e male, vero e falso, ordine e disordine; ovunque il vero non sopporta il falso, il bene esclude il male, l'ordine combatte il disordine. Che cosa vi è di più intollerante, ad esempio, della seguente proposizione: 2 + 2 = 4? Se mi venite a dire che due più due fanno tre o che due più due fanno cinque vi rispondo che due più due fanno quattro, e se mi dite che non contestate il mio modo di contare, ma che mantenete il vostro e che mi pregate di essere tanto indulgente verso di voi quanto voi lo siete verso di me io, fermamente convinto che ho ragione e che voi avete torto, potrei forse tacere perchè dopo tutto m'importa assai poco che vi sia sulla terra un uomo per il quale due più due fanno tre o cinque.
Fratelli miei, nulla è esclusivo quanto l'unità: udite l'espressione di san Paolo:Unus Dominus, una fides, unum baptisma. Nel cielo vi è un solo Signore: Unus Dominus. Dio, che ha l'unità come attributo fondamentale, ha dato alla terra un solo simbolo, una sola dottrina, una sola fede: Una fides; e questa fede, questo simbolo, li ha confidati ad una sola società visibile, ad una sola Chiesa i cui figli sono tutti segnati con lo stesso sigillo e rigenerati dalla stessa grazia: Unum Baptisma. Così l'unità divina, che risiede da tutta l'eternità nello splendore della gloria, s'è prodotta sulla terra con l'unità del dogma evangelico, il cui deposito è stato dato in custodia da Gesù Cristo all'unità gerarchica del sacerdozio: Un solo Dio, una sola fede, una sola Chiesa: Unus Dominus, una fides, unum baptisma.
Un pastore inglese ha avuto il coraggio di scrivere un libro sulla tolleranza di Gesù Cristo, ed il filosofo ginevrino [Rousseau. N.d.T.] ha detto, parlando del Salvatore degli uomini: «Non penso che il mio divin Maestro abbia sottilizzato sul dogma». Nulla di più vero, Fratelli miei: Gesù Cristo non ha sottilizzato sul dogma, ma ha portato agli uomini la verità ed ha affermato: Se qualcuno non è battezzato nell'acqua e nello Spirito Santo; se qualcuno rifiuta di mangiare la mia carne e bere il mio sangue, non avrà parte nel mio regno. Lo confesso, non vi è in ciò sottigliezza alcuna, ma intolleranza, la più positiva, la più franca delle esclusioni. Ed ancora Gesù Cristo ha inviato i suoi Apostoli a predicare a tutte le nazioni, cioè a travolgere tutte le religioni esistenti per stabilire l'unica religione cristiana su tutta la terra, e a sostituire a tutte le credenze dei diversi popoli l'unità del dogma cattolico. E prevedendo i sommovimenti e le divisioni che questa dottrina avrebbe provocato sulla terra, non si è fermato lì, ma ha dichiarato di esser venuto a portare non la pace ma la spada, ad accendere la guerra non solo tra i popoli, ma anche all'interno della stessa famiglia, separando, almeno quanto alle convinzioni, la sposa credente dallo sposo incredulo, il genero cristiano dal suocero idolatra: Gesù Cristo non ha sottilizzato sul dogma.
Lo stesso sofista dice altrove al suo Emilio: «Io faccio come san Paolo, metto la carità al di sopra della fede. Penso che l'essenziale della religione consista  in pratica nel fatto che non solo occorre essere uomini di bene, umani e caritatevoli, ma anche che chiunque sia veramente tale creda abbastanza per essere salvato, poco importa quale religione professi». Certo, Fratelli miei, proprio un bel commento a san Paolo, il quale per esempio ha affermato che senza la fede è impossibile piacere a Dio; il quale ha dichiarato che Gesù Cristo non è diviso, che in Lui non vi è il sì ed il no, ma solamente il sì; che ha affermato che, se per assurdo venisse un angelo ad annunziare una dottrina diversa da quella apostolica, lo si dovrebbe anatematizzare. San Paolo sarebbe un apostolo della tolleranza! Proprio san Paolo, che marcia abbattendo ogni scienza orgogliosa che si eleva contro Gesù Cristo, portando tutti gli intelletti a servire Gesù Cristo.
Si è parlato della tolleranza dei primi secoli, di quella degli Apostoli; Fratelli miei, non vi si pensa mai, ma lo stabilire la religione cristiana è stato al contrario opera di intolleranza religiosa per eccellenza. Al tempo della predicazione degli Apostoli quasi l'intero universo possedeva questa tanto vantata tolleranza dogmatica; poichè tutte le religioni erano allo stesso modo false e irragionevoli, non erano in guerra fra loro, tutti gli dei si equivalevano, ed erano tutti demoni, non erano esclusivisti, si tolleravano: Satana non è diviso contro se stesso. Roma, moltiplicando le proprie conquiste, moltiplicava anche le proprie divinità, e lo studio della sua mitologia si complicava in proporzione a quello della sua geografia. Il trionfatore che saliva al Campidoglio si faceva precedere dagli dèi conquistati con orgoglio anche maggiore di quanto non trascinasse dietro di sè i re vinti. Nella maggior parte dei casi, in virtù di un senatoconsulto, gli idoli dei Barbari andavano a confluire ormai nelle proprietà della patria, e l'Olimpo nazionale s'ingrandiva quanto l'impero.
Quando apparve il cristianesimo (notate, Fratelli miei, che questi sono squarci storici aventi qualche valore in relazione alla presente questione), il cristianesimo, nel momento della sua prima apparizione,  non fu rifiutato in un colpo solo; il paganismo si chiese se, invece di combattere questa nuova religione, non dovesse accoglierla nel proprio seno. La Giudea era divenuta una provincia romana, e Roma, che era solita ricevere e conciliare tutte le religioni, accolse inizialmente senza alcun sgomento il culto proveniente dalla Giudea. Un imperatore pose Gesù Cristo come anche Abramo tra le divinità del proprio oratorio, come pure si vide un altro Cesare proporre di rendergli omaggi solenni. Ma la parola del profeta non tardò a verificarsi: le moltitudini di idoli, che di solito consideravano senza invidia che degli dèi nuovi venissero a mettersi al loro fianco, all'arrivo del Dio dei cristiani emisero all'improvviso un grido di spavento e, scuotendosi di dosso la loro tranquilla polvere, si agitarono sui loro altari minacciati: Ecce Dominus ascendit, et commovebuntur simulacra a facie ejus. A questa vista Roma si fece attenta e presto, quando ci si accorse che questo Dio nuovo era nemico irreconciliabile degli altri dèi, quando si vide che i cristiani, il culto dei quali era stato ammesso, non volevano ammettere il culto della nazione; in breve, quando si fu constatato lo spirito intollerante della fede cristiana, fu allora che cominciò la persecuzione.
Ascoltate come gli storici del tempo giustificavano le torture inflitte ai cristiani: non parlavano male della loro religione, del loro Dio, del loro Cristo, delle loro pratiche, le calunnie furono inventate solo più tardi; rimproverano loro solamente di non poter sopportare alcun'altra religione se non la propria. «Non dubitavo, dice Plinio il Giovane, qualunque fosse il loro dogma, che fosse necessario punire la loro testardaggine e la loro inflessibile ostinazione:Pervicaciam et inflexibilem obstinationem. Non sono criminali, dice Tacito, ma sono degli intolleranti, dei misantropi, dei nemici del genere umano. Presso di loro vi è una fede ostinata nei loro principii, ed una fede esclusiva che condanna le credenze di tutti gli altri popoli: Apud ipsos fides obstinata, sed adversus omnes alios hostile odium.» Generalmente i pagani dicevano dei cristiani ciò che Celso diceva dei Giudei, i quali per lungo tempo furono confusi con loro perchè la dottrina cristiana era nata in Giudea: «Io non biasimo il fatto che costoro siano inviolabilmente fedeli alle loro leggi; biasimo solo coloro che abbandonano la religione dei loro padri per abbracciarne una differente! Ma se i Giudei o i cristiani vogliono vantarsi di una saggezza più sublime di quella del resto del mondo, dirò che non si deve credere che essi siano più graditi a Dio degli altri.»
Così, Fratelli miei, il principale motivo di risentimento contro i cristiani era la rigidità eccessivamente assoluta del loro simbolo e, come si diceva, l'umore insocievole della loro teologia; se fosse stato solo questione di un ennesimo Dio, non vi sarebbero state lamentele, ma si trattava di un Dio incompatibile, che scacciava tutti gli altri: ecco il motivo della persecuzione. Così lo stabilirsi della Chiesa fu opera di intolleranza dogmatica; tutta la storia della Chiesa non è altro che la storia di questa intolleranza. Chi sono i Martiri? degli intolleranti in materia di fede che preferivano il supplizio al professare l'errore. Che cosa sono i simboli? Formule d'intolleranza che regolano ciò che è necessario credere e che impongono alla ragione dei misteri necessari. Cos'è il Papato? Un'istituzione d'intolleranza dottrinale che, tramite l'unità gerarchica, mantiene l'unità della fede. Perchè i Concili? Per arrestare le deviazioni del pensiero, condannare le false interpretazioni del dogma, anatematizzare le proposizioni contrarie alla fede.
Noi siamo dunque intolleranti ed esclusivi in campo dottrinale, e ne siamo fieri; se non lo fossimo, non avremmo la verità, poichè la verità è una sola e di conseguenza intollerante. La religione cristiana, figlia del cielo, discendendo sulla terra ha mostrato i titoli della propria origine, ha offerto all'esame della ragione fatti incontestabili e che provano irrefragabilmente la sua divinità: ma se essa viene da Dio, se Gesù Cristo, suo autore, ha potuto affermare: Io sono la verità: Ego sum veritas, è ben necessario, in quanto inevitabile conseguenza, che la Chiesa cristiana conservi incorruttibilmente questa verità quale l'ha ricevuta dal cielo stesso; è ben necessario che essa respinga ed escluda tutto ciò che fosse contrario a questa verità e tutto ciò che la distruggesse. Rimproverare alla Chiesa cattolica la sua intolleranza dogmatica, le sue affermazioni assolute in materia di dottrina, è come farle un rimprovero che è in realtà un sommo onore: è come rimproverare alla sentinella di essere troppo fedele e vigilante, è come rimproverare alla sposa di essere troppo delicata e troppo esclusiva.
Noi vi tolleriamo, dicono talora le sette alla Chiesa, perchè dunque voi non ci tollerate? Fratelli miei, è come se le schiave dicessero alla sposa legittima: Noi vi sopportiamo, e perchè voi siete più esclusiva di noi? Le estranee che sopportano la sposa, davvero un grande favore! E davvero irragionevole la sposa la quale pretende in esclusiva dei diritti e a dei privilegi che pure in parte le si vogliono concedere, almeno finchè non si riesca a scacciarla definitivamente!
Vedete l'intolleranza dei cattolici! Si dice spesso intorno a noi: costoro non possono sopportare alcun'altra Chiesa al di fuori della loro; i protestanti pure lo sopportano! Fratelli miei, se voi siete nel tranquillo possesso della vostra casa e della vostra proprietà, e uomini armati vi si precipitano, s'impadroniscono del vostro giaciglio, della vostra tavola, del vostro denaro, in breve si stabiliscono presso di voi, ma non vi scacciano, spingendo la condiscendenza fino a lasciarvi la vostra parte: che avete da lamentarvi? Siete ben esigenti a non contentarvi di un diritto comune!
I protestanti pure affermano che ci si può salvare nella vostra Chiesa: e perchè mai pretendete che non ci si possa salvare nella loro? Fratelli miei, spostiamoci su una piazza di questa città. Un viandante mi domanda la strada che porta alla capitale, ed io glie la mostro; allora si avvicina uno dei miei concittadini e mi dice: Ammetto che questa strada conduce a Parigi, ve lo concedo, ma voi mi dovete una reciproca cortesia, e non mi contesterete che quest'altra via, la via di Bordeaux ad esempio, porta egualmente a Parigi.
Invero questa strada per Parigi sarebbe assai intollerante e ben esclusiva per non volere che una strada ad essa direttamente opposta conduca alla stessa meta: essa non ha uno spirito conciliante, e fino a che punto può introdursi l'invasamento ed il fanatismo? Fratelli miei, potrei anche cedere, perchè le strade più opposte finirebbero pur sempre per rincontrarsi forse, dopo aver fatto il giro del globo, mentre al contrario il cammino dell'errore si potrebbe seguire eternamente senza mai giungere in cielo. Non chiedeteci più dunque il perchè, quando i protestanti ammettono che ci si possa salvare nella nostra religione, noi ci rifiutiamo a riconoscere che, parlando in linea generale e al di là del caso in cui vi sia buona fede ed ignoranza invincibile, ci si possa salvare nella loro. I rovi possono ammettere che la vigna produca dell'uva, senza che la vigna sia obbligata a riconoscere ai rovi la medesima proprietà.
Fratelli miei, spesso siamo confusi da ciò che sentiamo dire a proposito di tutte queste questioni da persone per altri versi sensate: mancano interamente di logica quando si tratta di religione. È forse la passione, è il pregiudizio che li acceca? L'uno e l'altro. In fondo le passioni sanno bene ciò che vogliono quando cercano di scuotere la fede dalle fondamenta ed a porre la religione tra le cose inconsistenti; esse non ignorano che, demolendo il dogma, si preparano una morale facile. Lo si è detto con estrema giustezza: gli increduli li fa più il decalogo che il simbolo. Se tutte le religioni possono essere messe sullo stesso piano, è perchè si equivalgono tutte; se tutte sono vere, è perchè sono tutte false; se tutti gli dèi sono tollerati, è perchè non c'è Dio. E quando si arriva a questo punto, non resta più nessuna morale che possa mettere in imbarazzo. Quante coscienze si tranquillizzerebbero se la Chiesa cattolica desse il bacio fraterno a tutte le sette sue rivali!
L'indifferenza delle religioni è dunque un sistema che affonda le sue radici nelle passioni del cuore umano; ma bisogna anche dire che, per molte persone del nostro secolo, questo sistema si basa su pregiudizi formatisi con l'educazione. In effetti, o si tratta di quelle persone già di età avanzata e che hanno succhiato il latte della generazione precedente, oppure si tratta di coloro che appartengono alla nuova generazione; i primi hanno cercato lo spirito filosofico e religioso nell'Emilio di Jean-Jacques [Rousseau, N.d.T.]; gli altri nella scuola eclettica o progressiva di quei semi-protestanti e semi-razionalisti che al giorno d'oggi possiedono lo scettro dell'insegnamento.
Jean-Jacques è stato da noi l'apologeta ed il propagatore di questo sistema di tolleranza religiosa; l'invenzione non gli appartiene, sebbene abbia audacemente sorpassato il paganesimo, che non aveva mai spinto tanto oltre l'indifferenza. Ecco, con un breve commento, i punti principali del catechismo ginevrino, divenuto disgraziatamente popolare: Tutte le religioni sono buone, cioè in francese: tutte le religioni sono cattive. Bisogna praticare la religione del proprio paese, cioè la verità in campo religioso dipende dal grado di longitudine e latitudine: verità al di qua dei monti, menzogna al di là. Di conseguenza, cosa ancora più grave, bisogna o non avere alcuna religione sincera e fare ovunque l'ipocrita, oppure, se si ha una religione nel fondo del cuore, bisogna farsi apostati e rinnegati quando le circostanze lo esigono. La donna deve professare la stessa religione del marito, ed i figli la stessa religione del padre, cioè ciò che era falso e cattivo prima del matrimonio deve essere vero e buono dopo, e come sarebbe un male per i figli degli antropofagi allontanarsi dalle stimabili pratiche dei loro genitori! 
Ma vi sento dire che il secolo dell'Enciclopedia è passato, che una più lunga refutazione sarebbe un anacronismo. Alla buon'ora: chiudiamo il libro dell'Educazione ed apriamo invece i sapienti Saggi che sono come la fonte comune dalla quale la filosofia del XIX secolo si spande attraverso una miriade di fedeli canali su tutta la superficie del nostro paese; questa filosofia si chiama eclettica, sincretica e, con una piccola modifica, si chiama anche progressiva. Questo bel sistema consiste nell'affermare che non vi è nulla che sia falso, che tutte le opinioni e tutte le religioni possono essere conciliate, che l'errore non è possibile all'uomo, a meno che egli si privi dell'umanità, che tutto l'errore degli uomini consiste nel credere di possedere esclusivamente tutta la verità, mentre ciascuno di essi ne possiede solo un anello, e che dalla riunione di tutti questi anelli si formerà la catena intera della verità. Così, secondo questa incredibile teoria, non esistono religioni false, ma le religioni sono tutte incomplete l'una senza l'altra; la vera religione sarebbe la religione dell'eclettismo sincretico  e progressivo, la quale metterebbe insieme tutte le altre, passate, presenti e future: tutte le altre, vale a dire la religione naturale che ammette l'esistenza di un Dio, l'ateismo che non la ammette, il panteismo che la riconosce in tutto e ovunque, lo spiritualismo che crede che vi sia l'anima, ed il materialismo che crede solo alla carne, al sangue ed agli umori; le società evangeliche che ammettono una rivelazione, ed il deismo razionalista che la rifiuta; il cristianesimo che crede che il Messia sia venuto, ed il giudaismo che ancora l'attende; il cattolicesimo che obbedisce al Papa, ed il protestantesimo che ritiene che il Papa sia l'anticristo. Tutto ciò è conciliabile, sono differenti aspetti della verità; dall'insieme di questi culti risulterà un culto più ampio, più vasto, il grande culto veramente cattolico, cioè universale, poichè racchiuderà tutti gli altri nel proprio seno.
Fratelli miei, questa dottrina, che tutti avete qualificato come assurda, non l'ho creata io; essa riempie migliaia di recenti volumi e pubblicazioni, e senza che il suo fondo varii, essa assume ogni giorno nuove forme negli scritti e nei discorsi di quegli uomini nelle cui mani stanno i destini della Francia. –– A qual punto di follia siamo giunti? –– Siamo giunti là, Fratelli miei, dove logicamente deve arrivare chiunque non ammetta quel principio incontestabile che abbiamo posto, cioè: che la verità è una, e di conseguenza intollerante, esclusiva di ogni dottrina che non sia la propria. E, per riunire in poche parole tutta la sostanza di questa prima parte del mio discorso, vi dirò: Cercate la verità sulla terra, cercate la Chiesa intollerante; tutti gli errori possono farsi mutue concessioni: sono parenti prossimi, poichè hanno un padre comune: Vos ex patre diabolo estis. La verità, figlia del cielo, è la sola a non capitolare.
O voi che volete giudicare in questa grande causa, acquistate la saggezza di Salomone; tra queste società differenti per le quali la verità è oggetto di litigio, come lo era quel bambino per le due madri, sappiate scegliere a chi affidarlo. Dite che vi si porti una spada, fingete di tagliarlo in due, ed esaminate l'espressione del volto delle contendenti; ve ne saranno molte che si accontenteranno della parte che sta per essere loro consegnata; dite immediatamente: costoro non sono le madri. Ve ne sarà una al contrario che rifiuterà ogni accordo e dirà: la verità mi appartiene e devo conservarla tutta intera, non potrei sopportare che sia diminuita, spezzettata. Dite allora: ecco la vera madre.
Sì, santa Chiesa cattolica, voi avete la verità perchè avete l'unità, e non tollerate che questa unità si decomponga. Ecco il nostro principio cardine, Fratelli miei: La religione che discende dal cielo è verità, e di conseguenza è intollerante quanto alle dottrine. Mi resta da aggiungere: La religione che discende dal cielo è carità, e di conseguenza è piena di tolleranza quanto alle persone. Anche questa volta non faccio altro che enunciare senza sviluppare l'argomento. Prendiamo un attimo di repiro.

II.

Il proprio della Chiesa cattolica è di essere ferma ed irremovibile sui principii e di mostrarsi dolce ed indulgente nella loro applicazione. Perchè stupirsene? Non è ella forse la sposa di Gesù Cristo e, come lui, non possiede nello stesso tempo il coraggio intrepido del leone e la pacifica mansuetudine dell'agnello? E non rappresenta sulla terra la suprema Saggezza che tende con forza al proprio fine e che tutto dispone soavemente? Ah! è anche da questo segno, è soprattutto da questo segno che la religione discesa dal cielo si fa riconoscere, dall'accondiscendenza frutto della sua carità e dall'ispirazione del suo amore. Considerate dunque, Fratelli miei, la Chiesa di Gesù Cristo, e notate con quali infinite cure, con quali rispettosi riguardi ella procede con i suoi figli, sia per il modo con cui presenta i propri insegnamenti al loro intelletto, sia per l'applicazione che ne fa alla loro condotta ed alle loro azioni, e presto dovrete riconoscere che la Chiesa è una madre che insegna invariabilmente la verità e la virtù, che non può mai acconsentire all'errore nè al male, che si industria a rendere amabile il proprio insegnamento e che tratta con indulgenza gli sviamenti dovuti all'umana fragilità .
Permettete che vi comunichi un'impressione, Fratelli miei, che certamente non è mia particolare e personale e che come me avranno provato tutti quelli tra i miei fratelli che si sono dedicati con agio e riflessione all'incomparabile studio della scienza sacra. A partire dai primi passi che mi è stato dato di fare nel campo della sacra teologia, ciò che ha provocato in me più ammirazione, ciò che ha parlato in modo più eloquente all'animo mio, ciò che mi avrebbe ispirato la fede se non avessi già avuto la fortuna di possederla è da una parte la tranquilla maestà con la quale la Chiesa cattolica afferma ciò che è certo, e dall'altra la moderazione e la riserva con la quale ella abbandona alle libere opinioni tutto quello che non è definito; no, non è certo così che gli uomini insegnano le dottrine che loro stessi hanno inventato, non è così che essi esprimono i pensieri che sono il frutto del loro genio.
Quando un uomo ha creato un sistema, lo sostiene con assoluta tenacia, non cede nè su un punto nè sull'altro; quando si è appassionato ad una dottrina frutto del proprio cervello cerca di farla prevalere con autorità; non contestategli una sola delle sue idee: quella che vi permettete di mettere in discussione sarà proprio la più sicura e la più necessaria. Quasi tutti i libri scritti da mano d'uomo sono impregnati di quest'esagerazione e di questa tirannia. Si tratta di letteratura, di storia, di filosofia, di scienza? Ciascuno s'erige ad oracolo, non vuol essere contraddetto in nulla; è una perpetua affermazione; è una critica ristretta, meschina, altezzosa, assoluta. La scienza sacra al contrario, la santa teologia cattolica, ha un carattere del tutto differente. Poichè la Chiesa non ha inventato la verità, ma ne è solo la depositaria, non vi è passione nè eccesso nel suo insegnamento. È piaciuto al Figlio di Dio disceso sulla terra, in cui risiede la pienezza della verità, gli è piaciuto svelare chiaramente certe sfaccettature, certi aspetti della verità e di lasciarne solo intravedere gli altri. La Chiesa non spinge più lontano il proprio ministero e, contentandosi d'aver insegnato, mantenuto, rivendicato i principii certi e necessari, lascia che i suoi figli discutano, congetturino, ragionino liberamente riguardo alle questioni dubbie.
L'insegnamento cattolico è stato talmente calunniato, Fratelli miei, le persone sono talmente abituate a giudicarlo con le loro prevenzioni, che forse ciò che sto per dire sarà difficile a credersi: non vi è al mondo una sola scienza che sia meno dispotica della scienza sacra. Il deposito dell'insegnamento è stato confidato alla Chiesa, ma sapete che cosa la Chiesa insegna? Un simbolo di dodici articoli che non totalizzano dodici righe, simbolo composto dagli Apostoli e che i due primi concilii generali hanno spiegato e sviluppato aggiungendo qualche parola divenuta necessaria.
Noi proclamiamo, noi cattolici, che l'interpretazione autentica delle Sacre Scritture appartiene alla Chiesa; ma sapete, Fratelli miei, in relazione a quanti versetti della Bibbia la Chiesa ha fatto uso di questo diritto supremo? La Bibbia comprende circa trentamila versetti, e la Chiesa non ha definito il senso di forse nemmeno ottanta di questi versetti; il resto è lasciato ai commentatori e, posso dire, al libero esame del lettore cristiano, di modo che, secondo il detto di san Gerolamo, le Scritture sono un vasto campo nel quale l'intelligenza può divertirsi e dilettarsi e nel quale troverà solo qualche barriera, qua e là qualche precipizio d'intorno, ed anche qualche luogo fortificato dove potrà trincerarsi e trovare un soccorso assicurato.
I concilii sono l'organo principale di insegnamento cristiano: ed il concilio di Trento, volendo racchiudere in una sola e medesima dichiarazione tutta la dottrina obbligatoria, non ha avuto bisogno che di due pagine per contenere la professione di fede più completa. E se si studia la storia di questo concilio si deve riconoscere con ammirazione che esso era desideroso sia di mantenere i dogmi che di rispettare le opinioni; e l'assemblea dei Padri, dopo aver rigettato una tal parola perchè il suo significato grammaticale sembrava sorpassare la misura della verità certa e sottrarre qualcosa alle libere controversie dei dottori, non si dava pace finchè non l'avesse sostituita con un'altra.
Infine, quando l'incomparabile Bossuet oppose alle calunnie dei protestanti la sua celebre Esposizione della fede cattolica, si scoprì che proprio la Chiesa, che era accusata di tirannizzare gli intelletti, avrebbe potuto ridurre le proprie verità definite e necessarie in un corpus dottrinale assai meno voluminoso di quanto non lo fossero le confessioni, i sinodi e le dichiarazioni delle sètte che avevano rigettato il principio di autorità e che professavano il libero esame.
Ma ripeto, Fratelli miei, questo fenomeno notevole che si trova solamente nella Chiesa cattolica, questa pacifica maestà nell'affermare, questa moderazione e riserva in tutte le questioni non definite: ecco, secondo me, il segno adorabile di fronte al quale devo riconoscere la verità venuta dal cielo; quando contemplo sulla fronte della Chiesa questa serena convinzione e questa benigna indulgenza, mi metto tra le sue braccia e dico: Voi siete mia madre. È così che una madre insegna: senza passione, senza esagerazione, con calma autorità e saggia misura.
E questa caratteristica dell'insegnamento della Chiesa voi la ritroverete nei suoi dottori più eminenti, in coloro i cui scritti ella adotta ed autorizza quasi senza restrizioni. Sant'Agostino intraprese la sua opera immortale della Città di Dioche sarà, fino alla fine dei tempi, uno dei più ricchi monumenti della Chiesa; egli rivendicava, contro le calunnie del paganesimo morente, le sante verità della fede cristiana, e sentiva ribollire dentro di sè gli ardori dello zelo; ma, se pure aveva letto nelle Scritture che Dio è verità, aveva anche letto che Dio è carità: Deus charitas est; egli, comprendendo che l'eccesso di verità può farsi mancanza di carità, si mise in ginocchio ed inviò al cielo questa ammirabile preghiera:Mitte, Domine, mitigationes in cor meum, ut charitate veritatis non amittam veritatem charitatis: Inviate, Signore, inviate nel mio cuore la dolcezza, la temperie del vostro Spirito, affinchè io, trasportato dall'amore della verità, io non perda la verità dell'amore: Mitte, Domine, mitigationes in cor meum, ut charitate veritatis non amittam veritatem charitatis. E, all'altra estremità della catena dei santi dottori, ascoltate queste belle parole del beato vescovo di Ginevra: La verità che non è caritatevole cessa di essere la verità; perchè in Dio, che è la fonte suprema del vero, la carità è inseparabile dalla verità. Così, Fratelli miei, leggete sant'Agostino, leggete san Francesco di Sales: troverete nei loro scritti la verità in tutta la sua purezza e, proprio a causa di ciò, l'impronta della carità e dell'amore.
O prete di Cartagine, illustre apologista dei primi secoli, ammiro il nerbo del vostro linguaggio energico, la potenza irresistibile del vostro sarcasmo; ma, sotto la scorza dei vostri scritti più ortodossi, dirò che cerco l'unzione della carità; le vostre sillabe incisive non hanno l'accento umile e dolce dell'amore. Temo che voi difendiate la verità come si difende un sistema a sè, e che un giorno il vostro orgoglio ferito abbandoni la causa che il vostro zelo amaro aveva sostenuto. Ah, Fratelli miei, perchè Tertulliano, prima di dedicare il suo immenso talento al servizio del vangelo, non ha pregato il Signore, come sant'Agostino, d'inviare nel suo cuore le dolcezze, la temperie del suo Spirito? L'amore l'avrebbe mantenuto nella dottrina. Ma, poichè non era nella carità, ha perduto la verità.
E voi, o celebre apologista odierno, voi i cui primi scritti furono salutati con applauso unanime da tutti i cristiani, ve lo voglio dire, o grande scrittore, quella logica apparente nella cui ristrettezza volete soffocare il vostro avversario, quei ragionamenti pressanti, molteplici, trionfanti con cui lo sopraffate, tutto ciò mi lascia a desiderare qualcosa; il vostro zelo somiglia all'odio, voi trattate il vostro avversario da nemico, il vostro parlare impetuoso non possiede l'unzione della carità nè l'accento dell'amore. O nostro sfortunato fratello nel sacerdozio, perchè voi, prima di dedicare il vostro bel talento alla difesa della religione, non avete fatto ai piedi del vostro crocifisso la preghiera di Agostino? Mitte, Domine, mitigationes in cor meum, ut charitate veritatis non amittam veritatem charitatis. Più amore nel vostro cuore, e la vostra intelligenza non avrebbe commesso una così deplorevole defezione; la carità vi avrebbe mantenuto nella verità.
E se la Chiesa cattolica, Fratelli miei, ci presenta l'insegnamento della verità con tanti riguardi e tanta dolcezza, ah! ella applica i suoi principii, con condiscendenza e bontà ancor maggiori, alla nostra condotta ed alle nostre azioni. La Chiesa, sempre incapace di sopportare le dottrine cattive, è smisurabilmente tollerante nei confronti delle persone; mai ella confonde l'errore con colui che lo insegna, nè il peccato con colui che lo commette. L'errore ella lo condanna, ma l'uomo continua ad amarlo; il peccato lo bolla, ma il peccatore lo segue con tenerezza, tenta di renderlo migliore, di riconciliarlo con Dio, di far rientrare nel suo cuore la pace e la virtù.
La Chiesa non fa preferenza di persone: per lei non vi è nè giudeo, nè greco, nè barbaro; ella non si occupa delle vostre opinioni, non vi domanda se vivete in una monarchia o in una repubblica: voi avete un'anima da salvare, ecco tutto ciò che le occorre. Chiamatela, è vicino a voi, arriva con le mani piene di grazia e di perdono. Avete commesso più peccati di quanti capelli avete sul capo? Questo non la spaventa, ella cancella tutto nel sangue di Gesù Cristo. Qualcuna delle sue leggi sono per voi troppo onerose? Ella consente ad accomodarle alla vostra fragilità; il loro rigore cede di fronte alla vostra infermità, e l'oracolo della teologia, san Tommaso, pone il principio che, anche se nulla può dispensare dalla legge divina, al contrario la condiscendenza non debba essere troppo difficile nelle leggi della Chiesa, a causa della soavità che costituisce il fondamento del proprio governo: Propter suave regimen Ecclesiae. Così, Fratelli miei, se la legge civile è rigida ed inflessibile, la legge della Chiesa è altrettanto elastica e flessibile. Quale altra autorità sulla terra governa ed amministra come la Chiesa? Suave regimen Ecclesiae.
Ah, che il mondo, che ci predica la tolleranza, sia dunque altrettanto tollerante quanto noi! Noi rigettiamo solamente i principii, mentre il mondo rigetta le persone. Quante volte noi assolviamo, ed il mondo continua a condannare! Quante volte, in nome di Dio, abbiamo tratto il velo dell'oblio sul passato, ed il mondo si ricorda sempre! E che dico? Le stesse bocche che ci rimproverano l'intolleranza ci biasimano per la nostra bontà troppo credula e troppo facile; e la nostra inestinguibile pazienza verso le persone è combattuta quasi come la nostra inflessibilità contro le dottrine.
Fratelli miei, non ci chiedete più la tolleranza riguardo alla dottrina; incoraggiate al contrario la nostra sollecitudine nel mantenere l'unità del dogma, che è l'unico legame della pace sulla terra. L'oratore romano ha detto: l'unione degli spiriti è la prima condizione dell'unione dei cuori; e questo grand'uomo fa rientrare nella definizione stessa dell'amicizia l'unanimità di pensiero in relazione alle cose divine ed umane: Eadem de rebus divinis et humanis cum summa charitate juncta concordia.
La nostra società, Fratelli miei, è in preda ad una miriade di divisioni; ce ne lamentiamo ogni giorno; da dove proviene questa fragilità degli affetti, questo raffreddarsi dei cuori? Ah, Fratelli miei, come potrebbero essere vicini i cuori se gli spiriti sono così lontani? Poichè ciascuno di noi si isola nel proprio pensiero, ciascuno di noi si racchiude anche nell'amore di sè. Vogliamo porre fine a questi dissidi senza numero, che minacciano di distruggere presto e del tutto lo spirito familiare, quello cittadino e quello patrio? Vogliamo cessare di essere degli estranei, degli avversari e quasi dei nemici gli uni per gli altri? Torniamo ad un unico simbolo, e presto ritroveremo la concordia e l'amore.
Ogni simbolo che riguarda le cose di quaggiù e ben lungi da noi; mille opinioni ci dividono e non vi è più dogma umano da lungo tempo, e non so se se ne ricostituirà uno fra noi. Fortunatamente il simbolo religioso, il dogma divino, si è sempre mantenuto nella sua purezza tra le mani della Chiesa, e con ciò ci si è conservato un seme prezioso di salvezza. Il giorno in cui tutti i Francesi diranno: «Credo a Dio, a Gesù Cristo ed alla Chiesa» tutti i cuori non tarderanno a ravvicinarsi, e ritroveremo la sola pace veramente solida e duratura, quella che l'Apostolo chiama la pace nella verità. Così sia. [1]
[Tratto da: Œuvres sacerdotales du Cardinal Pie, Tomo I, sermone XXIII, pag. 356-377, traduzione C.S.A.B.]
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[1] Cfr. Appendice I. A, 29; p. 25, n. 34; p. 31, n° 5°. 

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